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Ciao gente! Qui è Ivan con il terzo articolo del Kit di Sopravvivenza: la raccolta di consigli, procedure e trucchi destinati ai giocatori, complementare alle Idee Salvachiappe per Master. Due mesi fa, ho parlato di come essere propositivi nella fase di preparazione; oggi tratterò della partecipazione alla partita vera e propria, e di come conciliare rollplay e roleplay.

Partecipazione in tanti modi diversi

Per prima cosa, ribadisco un assioma che, purtroppo, a volte è ignorato: ogni gioco di ruolo è diverso dagli altri e si gioca in modo diverso. Un pallavolista stagionato non è automaticamente un bravo calciatore, e ugualmente una giocatrice veterana di Advanced Dungeons&Dragons 1 potrebbe avere difficoltà con Microscope. La prima regola per giocare bene a qualcosa, quindi, è capire il gioco: dobbiamo aver pazienza e fare pratica, finché non ne assimiliamo le particolarità.
Ora che ho ribadito l'ovvio, passiamo al succo dell'articolo: un po' di pratiche concrete per padroneggiare i giochi con calma e serenità, da bravi Nomadi dell'Aria della serie animata Avatar.

La Stormwind Fallacy...

Nella mia esperienza, molti giocatori pensano che non si può ottimizzare le regole del gioco e contemporaneamente sviluppare una trama. È possibile fare o l'uno o l'altro in "blocchi" separati di partita (il classico dualismo combattimento vs dialoghi), ma mai assieme, ed eccedere in uno dei due ti rende un powerplayer o una drama queen. Questa tesi si chiama Stormwind Fallacy, e presuppone (di fatto) che tutti i GDR abbiano la particolare struttura di D&D, e che quindi tutti i gruppi di giocatori debbano arrangiarsi con quella e trovare un punto medio ideale fra gioco da tavolo (o rollplay) e recitazione improvvisata (o roleplay). Ne consegue che chi vorrebbe giocare in modo più "estremo" finisce per remare contro gli altri: se cerca la build perfetta crea una fiction brutta (tipo il Nano multiclasse Rodomonte/Alchimista/Druido), se bada troppo a tradurre in regole un background drammatico crea una build rotta (tipo l'Umano Bardo con solo magie da prestigiatore e nessuna capacità bellica, perché è pacifista).
Secondo me è complicato giocare tenendo a mentre questa logica: si cammina sempre sul filo del rasoio, temendo di eccedere da una parte o dall'altra.

...e come superarla

Ma ho una buona notizia: la Stormwind Fallacy è stata abbondantemente confutata, tanto che i manuali di design non la menzionano nemmeno. Per smentirla, basta tenere a mente questi due punti:

Se assumiamo quest'ottica, la partecipazione alle partite diventa molto più semplice: ottimizzazione e trama non sono più in antitesi, ma l'una è in funzione dell'altra, e se ci impegniamo nella prima avremo automaticamente buoni risultati nella seconda. In più, se la partita va male, non sarà perché abbiamo mancato il punto medio chimerico, bensì per motivi verificabili oggettivamente: o noi abbiamo applicato male le regole (che è il contrario di ottimizzarle), o i designer ci hanno venduto un gioco sbilanciato (e disonore su di loro!).

Consigli di partecipazione...

Posto che rollplay e roleplay vanno a braccetto, ecco i miei di partecipazione a ciascuno dei due ambiti: nella mia esperienza, giocare in questi modi rende le partite molto più piacevoli.

... al rollplay

  1. Impara il gioco. Se puoi leggi il manuale, se no fatti spiegare dagli amici e scriviti dei prontuari, ma vedi di memorizzare le regole. Non puoi giocare come si deve se ogni volta devi chiedere agli altri di tradurre in meccaniche ciò che vuoi fare.
  2. Dichiara tu stesso/a, nella stessa frase, ciò che vuoi fare in fiction e che regole attivi per farlo, poi tira i dadi (o pesca le carte, o altro). Fallo senza soluzione di continuità, e ci si guadagna in tempo e ritmo.
  3. Se individui situazioni strane nelle meccaniche, chiedi una pausa e discutetene tutti assieme. E no, niente lamentele del tipo "Sei un azzeccagarbugli del cavolo!" o "Ma siamo qui per giocare o per fare i compiti?!"; meglio 15 minuti per risolvere il problema ora, che 5 di discussione ogni volta che si riproporrà.
  4. Quando devi scegliere fra più opzioni, scegli quella interessante per te, non quella "oggettivamente potente": se il gioco è ben progettato, sono tutte ugualmente potenti a livello drammatico.
  5. Ti capiteranno situazioni in cui il tuo personaggio è statisticamente svantaggiato; se sono vicoli ciechi frustranti (il manuale non chiariva che una statistica è fondamentale, e tu l'hai tenuta bassa), è un segno che il gioco è difettoso; se sono bilanciati da meccanismi non aleatori (tipo gettoni per ritirare i dadi), segui il tuo cuore - decidi se al personaggio importa davvero di cavarsela, e agisci di conseguenza.
  6. Se ne hai la voglia e le capacità, buttati a calcolare probabilità e a cercare interazioni non evidenti fra le regole; questo tipo di esperimenti ti porterà a padroneggiare il gioco e a divertirti di più.

...e al roleplay (col Play Unsafe)

  1. Creati un personaggio con cui empatizzi. Se la partita è molto drammatica, dà al personaggio dei tratti caratteriali o biografici in cui ti rispecchi, così da identificarti; se è più rilassata, limitati a tratti che ti piace vedere in un personaggio comico, tragico, antieroico o altro.
  2. Se ti senti a tuo agio, recita il tuo personaggio nel vero senso della parola: modula il tono di voce e usa il linguaggio del corpo, addirittura mima i suoi gesti. Certo, non sei un attore o un'attrice professionista, ma chi se ne frega; migliora di molto l'esperienza!
  3. Potrebbe succederti di provare le emozioni che prova il tuo personaggio, per un fenomeno di empatizzazione; se ti senti a disagio per questo, dillo e chiedi una pausa; se invece ti ci trovi bene, cavalca l'onda e porta in gioco quei sentimenti. Chiama tiri di dado che potresti perdere ma di cui ti importa davvero, arrenditi anche se potresti vincere ma non te ne importa più, dialoga a cuore aperto con gli altri personaggi.
  4. Può succedere che qualcuno porti in gioco situazioni che ti creano disagio per un qualunque motivo (ad esempio, se si parla di mobbing e tu ne hai subìto): non ingoiarle senza dire nulla, ma solleva il problema e concorda un modo per gestirlo. A seconda del caso, si potrà rimuovere e censurare l'elemento disturbante, mantenerlo in una forma edulcorata, concordare che la situazione negativa introdotta dovrà risolversi in modo catartico, o altro ancora; i metodi non mancano di certo!
  5. È inutile progettare una complessa biografia del personaggio, se poi lo tratti come una sagoma di cartone: la sua identità deve essere portata in gioco attraverso i modi di fare, le relazioni e gli scopi del protagonista. Per citare il vecchi adagio, "Show, don't tell".
  6. Compra e leggi Play Unsafe, del designer britannico Graham Walmsley; è un'eccellente prontuario di tecniche di improvvisazione teatrale e scrittura narrativa, applicate al GDR. Si spazia dalla pratica del "Sì e..." (cioè "Accetta la proposta altrui e aggiungici del tuo") all'uso del linguaggio del corpo per comunicare le gerarchie sociali, fino alle strutture tipizzate che rendono coerente una storia. Fosse per me, lo metterei in allegato a tutti i manuali di GDR.

Il roleplay applicato alle scene

Chiudo l'articolo con una riflessione a cavallo fra rollplay e roleplay. In parecchi giochi che conosco, il flusso della partita è scandito in scene affini a quelle di romanzi e film: unità di storia in cui i personaggi portano avanti una medesima azione in un medesimo spazio-tempo. Parecchi di questi giochi, inoltre, prevedono che sia il GM a inquadrare le scene (cioè, a dichiarare chi c'è, dove e quando, e che situazione c'è nell'aria), con la possibilità per i giocatori di avanzare proposte. Nella mia esperienza, inquadrare bene le scene fa la differenza fra partite memorabili e disastrose, ma secondo me Play Unsafe è un po' carente in merito, perciò vi lascio con qualche consiglio mio su come inquadrare bene da giocatori :

Ged e Tenar, i protagonisti dei romanzi di Terramare di Ursula Le Guin; di scene dialogiche intense, loro la sanno lunga!

Bene gente, i miei consigli sono finiti; spero che funzionino anche con voi e vi facciano godere di più il vostro roleplay. A risentirci al prossimo Kit!

Artwork di Background da "The Oregon Trail"

Ciao gente! Qui è Ivan con il secondo articolo del Kit di Sopravvivenza: la raccolta di consigli, procedure e trucchi destinati ai giocatori, complementare alle Idee Salvachiappe per Master. Oggi abbiamo un tema meno pratico e più "filosofico": parleremo della motivazione che ci spinge a giocare, di come riconoscerla e di come assecondarla.

Motivazione estrinseca e intrinseca

Per iniziare, un po' di scienza. Tempo fa, un mio amico che studia psicologia (con specializzazione in neuroscienze) mi ha segnalato questo articolo del blog Cronache del Gatto sul Fuoco: il testo riflette su come alcuni GDR incentivano la buona interpretazione con punti esperienza extra, e cioè con quella che, in psicologia, si chiama motivazione estrinseca: spingere qualcuno a svolgere un compito (nel nostro caso, "interpretare bene") promettendogli un premio in qualche modo slegato dal compito stesso.

L'articolo critica questo approccio, alla luce di un fenomeno di cui il mio amico psicologo conferma l'esistenza: se perseguiamo ricompense estrinseche, noi esseri umani percepiamo la nostra attività come un ostacolo fra noi e il premio, e quindi siamo più propensi a lavorare male - cercheremo di fare il minimo sindacale per portare a casa la "paga". Perché ciò non accada, bisogna puntare alla motivazione intrinseca: svolgere un'attività perché eseguirla ci piace.

Meccaniche intrinsecamente belle

Per approfondire l'argomento ho guardato questo video del canale YouTube Extra Credits, che avanza questa tesi: nel videogioco perfetto ogni meccanica è intrinsecamente appagante. In particolare, mi ha colpito un esempio in negativo proposto nel video: i combattimenti di Final Fantasy VII, momenti ripetitivi che semplicemente separano i passaggi focali della trama. Appena l'ho sentito, ho notato che la medesima dicotomia, combattimento vs trama, sta dietro la grande bipartizione ideologica fra giocatori di ruolo:

E da lì mi si è accesa la lampadina: può essere che anche nei GDR le meccaniche ci forniscano una motivazione intrinseca? E che il piacere intrinseco alle meccaniche sia un metro di valutazione?
Secondo me sì, e ora vi spiego come!

Il salto di Mario è intrinsecamente divertente: sia le sue conseguenze concrete (la mobilità) sia la sua resa audio-video ci fanno sentire gratificati, capaci di muovere Mario in lungo e in largo.

Riconoscere la nostra motivazione intrinseca

A tutti noi è successo di divertirci molto con il gioco di ruolo X e di annoiarci a morte con quello Y, nonostante li abbiamo giocati entrambi con le stesse persone. Probabilmente, sul momento, avremo dato la colpa a cose come "La matematica è tutta sbilanciata!" o "Non mi piace fare personaggi del sesso opposto!" o "Se non c'è il GM mi sembra tutto confuso!" - motivazioni molto terra terra e molto di pancia, dettate dal momento.

Se ci fermiamo un attimo, però, riusciremo a esprimere motivazioni articolate e argomentate, che tengano in conto sia la situazione sociale al tavolo, sia lo svolgimento della specifica partita, sia il funzionamento specifico del gioco: "Non mi piace fare personaggi del sesso opposto se il mio ragazzo gioca con me! Mi sento a disagio!", "I miei tiri di dado sono stati tutti sbilanciati rispetto alla media! È stato snervante!", "Non mi piace fare il GM, per cui mi trovo male nei giochi in cui lo si è a rotazione". Ecco, quando commentiamo il funzionamento di un gioco, dovremmo chiederci se è intrinsecamente divertente. Così facendo prenderemo coscienza di ciò che ci piace e saremo giocatori più maturi.

Un esempio di analisi post-partita

Torniamo alla questione combattimenti vs trama: supponiamo che Barbara abbia fatto una partita a Pathfinder e ne sia uscita annoiata. Si ferma un attimo a ragionarci su e identifica tutte le attività che hanno composto la sessione:

  1. creazione dei personaggi;
  2. una scena introduttiva di dialoghi liberi: ogni personaggio ha avuto un motivo personale per andare all'avventura.
  3. una scena di preparazione: noi giocatori abbiamo usato dei tiri di abilità per far ottenere ai personaggi le attrezzature e informazioni necessarie.
  4. un combattimento: i personaggi si scontrano con il primo nemico previsto dall'avventura.

Fatto ciò, si accorge che le prime tre attività, per la loro stessa natura, le hanno lasciato addosso sensazioni positive:

  1. la sfida intellettuale di tradurre il concetto di personaggio in regole del gioco;
  2. la meraviglia di dare vita al personaggio;
  3. la soddisfazione di far ottenere risultati al proprio personaggio, grazie alle capacità dategli nella fase 1.

La quarta fase, invece, le ha lasciato una sensazione negativa: è durata lo stesso tempo delle fasi 2 e 3 messe assieme, ma non ha fatto avanzare la trama in modo altrettanto significativo. Al contrario, ha prodotto poca fiction parcellizzata su numerosi tiri di dado e statistiche matematiche. In sostanza, Barbara l'ha vissuta come un allungare il brodo.

A ognuno la sua motivazione

Tuttavia, Anna potrebbe giocare una partita pressoché identica a Mostro della Settimana e avere le stesse sensazioni di Barbara... tranne che sul combattimento. Per Anna, le scene d'azione di Mostro sono tremendamente scarne e sbrigative: condensano tutto in due o tre tiri di dado su statistiche fissate, senza che manovre tattiche, aggressioni verbali o simili influenzino la matematica.
Ragionando così, Barbara e Anna hanno preso coscienza delle proprie motivazioni intrinseche: produrre tanta fiction per l'una, armeggiare con il crunch per l'altra. La prossima volta, ognuna si sceglierà un gioco adatto alla propria esigenza.

A quanto so, Anima Prime della Berengad Games è molto adatto ad Anna.

Conclusione

Lo studio scientifico della motivazione è vastissimo (vi segnalo giusto questa conferenza) e io non oso approfondirlo qui: non è il mio campo. Spero che quel poco che ho saputo spiegarvi vi sia di stimolo: capire cosa ci piace e perché ci piace è conoscere meglio noi stessi, e avere dei gusti definiti ci rende dei giocatori migliori. La prossima volta che provate un titolo nuovo, analizzatelo come nell'esempio e valutate se vi è piaciuto per una motivazione intrinseca: se sì, compratelo a mano basse! E poi fateci sapere, così ci diamo un occhio anche noi!
A presto con il prossimo Kit di Sopravvivenza!

Artwork di Background da "The Oregon Trail"

Ciao gente! Io sono Ivan, il nuovo collaboratore di Storie di Ruolo, e questo è il primo appuntamento con la rubrica Kit di Sopravvivenza. Qui troverete consigli pratici destinati ai giocatori, complementari alle Idee salvachiappe per Master curate da Daniele: procedure, modi di pensare e altri trucchi che possono migliorare di molto le vostre giocate.

Oggi parleremo di come partecipare bene alla preparazione della partita.

La preparazione della partita e la sua utilità

Che siano da monosessione o da campagna (breve, lunga o lunghissima),  che abbiano la bipartizione GM+Giocatori oppure no, un sacco di GDR prevedono una fase di preparazione della partita. A seconda del gioco si tratterà di fare la build dei personaggi, di creare una rete di relazioni fra protagonisti e comprimari, di definire da zero un'ambientazione o di altro ancora. Al di là di questo, però, la sostanza è sempre identica: il gruppo deve concordare di cosa parlerà la partita, entro i paletti del regolamento adottato. Ognuno deve dare il suo contributo, così da formare un quadro di partenza che piaccia a tutti e che tutti abbiano voglia di sviluppare giocando.

L'efficacia di questo metodo è confermabile da chiunque abbia giocato a Dungeons&Dragons: scommetto che, in tutti i gruppi di D&D, il DM prima o poi ha detto "Ho un'avventura pronta, venite con i personaggi già fatti e iniziamo!", non fosse che poi ci si è ritrovati con:

Ecco, queste cose succedono se si dà per scontato che gli altri siano sulla nostra stessa lunghezza d'onda senza confrontarsi prima - il che non succede nei rapporti di coppia, figuriamoci in un gruppo di gioco! Molto meglio spendere un po' di tempo a fare la preparazione tutti assieme, piuttosto che rischiare questi macelli.

Artwork di StrawberrySoulReaper

Partecipare male

Qual è il mio consiglio rispetto alla preparazione per chi gioca da giocatore? Beh, di essere partecipi e propositivi! Ve lo assicuro per esperienza: è dannatamente problematico che durante la preparazione uno dei giocatori vada a traino degli altri, dia per buone proposte che non gli interessano, elabori del materiale che non gli piace (il suo personaggio, la sua fazione, o equivalenti) e passi la partita a giocare svogliato o (peggio!) a remare da solo in una direzione opposta rispetto a quella degli altri.  Ad esempio, io non sopporto chi pretende di sviluppare un arco narrativo con un gioco di dungeon crawling puro, o chi bofonchia «Massì, mi va bene così» e poi passa la sessione a giocare a Candy Crush: questi atteggiamenti sono una mancanza di rispetto, sia per gli altri sia per sé stessi. Se poi si manifestano già nella preparazione, è segno che il gruppo è mal assortito e farebbe meglio a sciogliersi.

Regole di Sopravvivenza alla... preparazione!

Per arrivare alla preparazione motivati. partecipi e assertivi, io vi consiglio questa procedura:

Qualche suggerimento sui personaggi

Man mano che le vostre idee si amalgamano, passate dalla panoramica generale alla sua realizzazione attraverso le regole del gioco. In parole povere, date forma ai personaggi (o al loro equivalente, ad esempio fazioni) e alla loro opposizione:

Conclusione

Ovviamente, questo approccio funziona nei giochi che richiedono una preparazione, ma non in quelli in cui il materiale di partenza è già dato, come Lady Blackbird. In quel caso, l'atteggiamento necessario a giocare con piacere è diverso... ma direi che ne parliamo in una prossima puntata! Per il momento, provate un po' questi consigli e fatemi sapere se vi ci trovate bene!


[1] Per chi non lo sapesse, EUMATE è l'acronimo di "Entra, Uccidi il Mostro, Arraffa il Tesoro, Esci"; e sì, è diventato un termine tecnico.

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