Se parlate di GDR sui social network, prima o poi avrete certamente letto degli annunci di master a pagamento; una pratica diffusa a macchia d'olio ma non molto popolare... almeno qui in Italia. Di recente, infatti, la testa finanziaria Bloomberg ha pubblicato The Rise of the Professional Dungeon Master, un articolo che fotografa la diffusione del fenomeno negli USA; a quanto pare il grande successo di vendite di Dungeons&Dragons 5 ha creato un ampio mercato per i DM professionisti, con fasce di prezzo che vanno dal "fast food" alla "haute cusine". Noi di Storie di Ruolo non abbiamo (per ora) gli strumenti per condurre un'inchiesta equivalente in ambito italiano, ma abbiamo delle nostre riflessioni in merito. Questo breve editoriale è stato scritto per condividerle con voi.
Partiamo da un tabù ricorrente: che non sia etico ingaggiare qualcuno come compagno di gioco, e che quindi i master a pagamento lucrino su qualcosa di non commercializzabile. Questa posizione, secondo noi, è esagerata, visto che si fonda sull'idea che l'attività ludica sia uno spazio "sacro", un contesto che deve essere dominato dalla gratuità. Se ci pensiamo, però, questa logica non vale per gli sport: è assodato che insegnare il nuoto, il tennis, il golf o il rugby sia un mestiere legittimo e remunerato, e nessun genitore pensa che pagare gli allenatori deturpi ai ragazzi il piacere del gioco. Nel bene e nel male, quindi, esiste già un mercato delle prestazioni ludiche, un mercato che nasce per soddisfare una domanda; per gli sport questa domanda esiste da almeno un secolo, per i GDR da tavolo è nata in questo decennio.
D'altra parte, c'è di sicuro differenza fra assumere un allenatore per imparare un gioco e pagare qualcuno perché giochi con noi da pari a pari. Salta alla mente l'immagine di Richie Rich, il protagonista della commedia omonima: un ragazzino senza amici che gioca a baseball con atleti professionisti ingaggiati dai genitori. Assumere un master a pagamento, probabilmente, fa sentire molte persone dei Richie Rich in miniatura: incapaci di portare avanti un rapporto amicale fino al livello di compagni di gioco, e quindi costretti a procurarsi un surrogato.
Richie Rich è stato una parte minore di Macaulay Culkin, lo sfortunato bambino prodigio. Immagine da Wikimedia Commons.
Questa riflessione è sensata, ma non tiene in conto di un importante fattore: in molti GdR chi gioca come master deve padroneggiare tutte le regole e produrre una quantità consistente di contenuti, rendendo di fatto asimmetrici per complessità i ruoli di GM e di giocatore (tanto che certi regolamenti sostituiscono all'ormai generico "game master" dei più precisi "arbitro" o "maestro di cerimonie"). La conseguenza ovvia è che i contributi del master danno il La a quelli degli altri giocatori (non a caso Trollbabe paragona il master al bassista di un gruppo rock) e che spesso il master, volente o nolente, deve pure insegnare il regolamento ai neofiti – di fatto deve fungere da allenatore. Data questa premessa, non è così strano che un giocatore novellino decida di assumere un master a pagamento già esperto, assicurandosi un primo impatto soddisfacente con il GdR: meglio andare in piscina che tuffarsi in mare e o annegare o galleggiare!
Al di là della motivazione, però, assumere un master a pagamento ha delle implicazioni notevoli sul piano sociale. In un gruppo di amici, infatti, le asimmetrie di ruoli in gioco si inseriscono nel quadro di relazioni preesistenti: chi fa da master potrà anche fungere da insegnamente o guida del gruppo ludico, ma non per questo smette di essere un amico (quindi un parigrado) degli altri. Un master a pagamento, invece, avrà con il suo gruppo un rapporto professionista-cliente, come è giusto e con tutte le conseguenze del caso: i giocatori non potranno prendersi confidenze eccessive con il GM (come non le prendono con un allenatore), né potranno giocare in modo troppo rilassato, o rischieranno di impantanare la sessione e sprecare il pagamento. E di converso il GM vivrà il gioco come una performance, di cui dovrà garantire il livello: niente sbavature, niente tempi morti, massimo coinvolgimento. A tal proposito l'articolo di Bloomberg spiega che i master a pagamento più di successo capitalizzano su capacità rifinite in ambito recitativo-teatrale, grazie alle quali attirano l'altro grosso bacino di utenza (oltre ai neofiti): i gruppi in cui nessuno vuole fare da master, o che cercano un master estroso per giocare campagne raffinatissime. In questi casi l'enfasi è posta non sulla didattica, ma sull'alta qualità del gameplay, il che porta a un'altra conseguenza rilevante: in un gruppo di amici le partite sono frutto degli input di tutti che si intrecciano in un insieme coeso, invece un master a pagamento (giustamente) preparerà un porfolio di avventure (o materiali equivalenti) attentamente ottimizzate, frutto di continui collaudi, e le riprodurrà per i suoi clienti – di fatto trasformando l'interscambio creativo fra tutti nella fruizione di un contenuto "d'autore" già dato. Una dinamica simile impatta profondamente su pressoché tutti i giochi in commercio, anche quelli che supportano attivamente l'uso di avventure commerciali: in un gruppo di amici il materiale acquistato viene comunque tarato sui gusti di tutti, invece un master a pagamento venderà (necessariamente) tanto il suo materiale quanto l'"esecuzione" in partita: sono quindi i giocatori ad adattare il proprio gusto a quello del GM, in un rapporto unidirezionale. E in effetti non potrebbe essere il contrario... a meno che i giocatori non paghino espressamente per contenuti personalizzati, con un incremento proporzionato della spesa.
Riassumendo, l'asimmetria sociale (non più solo di ruolo ludico) insita nel mastering al pagamento si propaga necessariamente sull'esperienza ludica, sostituendo l'interscambio con la performance e la fruizione della performance – un cambio di dinamica che condiziona il feeling di qualunque gioco.
Dal nostro punto di vista, non c'è nulla di "non etico" nel mastering a pagamento: si tratta di una vendita di servizi per rispondere a una domanda legittima. Di sicuro, però, pensiamo che la professionalizzazione dei master renda diverso il feeling delle partite: non per forza migliore né peggiore, ma sicuramente diverso. Chi decide di imbarcarsi in questa carriera, così come chi assume un GM, deve tenerne conto: la sua esperienza di gioco non sarà più quella cui era abituato.
Ci risentiamo con un nuovo editoriale per il prossimo tema caldo!
Ivan
Ciao a tutti e bentornati su Storie di Ruolo! Oggi vi scrivo sia come blogger che come autore de Le Notti di Nibiru, primo gioco di ruolo basato sul sistema di Luca De Marini, Destino Oscuro 2! L'occasione è presto detta: è recentissima la fine del Kickstarter di Augusta Universalis, un gioco ambientato in una Roma futuristica e spaziale basato appunto su Destino Oscuro 2, che ha spaccato i cu fatto sfaville! Più di 9000€ raccolti, molti obiettivi sbloccati, tra cui nuove avventure. Ma per festeggiare tale occasione non volevo fare la classica recensione o anteprima, perché io ADORO questo sistema e sarei stato di parte.
Così ho pensato di restituire qualcosa di quanto ho imparato con il mio gioco e questo sistema, qualcosa che potesse aiutare anche chi si avvicina ora a Le Notti di Nibiru e Augusta Universalis. Riflettendo bene, l'elemento che ho apprezzato di più del sistema di Destino Oscuro 2 è stato proprio l'avermi spinto a riflettere su come costruire one-shot e archi narrativi, qualcosa che spesso mi chiedono i giocatori e master che incontro.
Dunque, ecco qualche pensiero sul tema!
Per Le Notti di Nibiru abbiamo prodotto quattro avventure: una è inclusa nella Guida Rapida, due nel Tomo Segreto (esclusiva per chi ha fatto il Gamebooster) e un'ultima per il Free RPG Day di quest'anno. Dalla prima avventura che ho scritto all'ultima, il mio approccio al gioco di ruolo è cambiato molto, anche perché DO2 si propone di fare qualcosa al tavolo che è molto vicino a come masteravo o narravo io le avventure:
In questo senso, è stato un piacere scrivere il Capitolo del Narratore per il regolamento, perché ho potuto fornire ai Narratori una serie di strumenti che credo siano concretamente utili per narrare, più una plancia chiamata Sincrogramma dove gestire tutti gli spunti di gioco e le storyline che nascono dalle partite.
Per questo motivo, dopo aver preso spunto dalle ottime avventure di un manuale di Destino Oscuro 1, Esper Force 5012, ho deciso di virare la mia creazione di avventure in generale verso il concetto di Scenario.
Qualche avvertenza ai naviganti. I contenuti da me presentati in questo post rappresentano mie personali idee su come si crea uno Scenario, o meglio su come giocare a Destino Oscuro 2 mi abbia portato a ripensare questo atto. I termini che utilizzo sono stati scelti da me prendendo spunto da ambiti che conosco bene: lo storytelling, il game design, la narrativa in generale. Tuttavia, non è detto che in futuro questi termini appariranno in scenari di Le Notti di Nibiru o Destino Oscuro 2, ma sono da intendere come parole per addetti ai lavori. Insomma, sono un modo per capirci tra di noi: una volta che chi scrive l'avventura ha usato questi termini, essi scompaiono dall'avventura stessa. Non serve che il narratore li impari, anzi, sarebbero un sovrasistema probabilmente troppo pesante.
Il titolo di questo paragrafo è per dirvi che uno Scenario è un po' la scoperta dell'acqua calda, ma è comunque un concetto di design che sto esplorando da molto tempo e che credo funzioni. Anziché preparare l'avventura per percorsi obbligatori e facoltativi, o come ambiente in cui fare esplorazione sandbox, il mio concetto di Scenario è una cassetta per gli attrezzi pronta per imbastire da semplici one-shot fino a brevi campagne (Archi Narrativi in Nibiru). Consiste infatti in una serie di dati certi, prefissati, ma non nel loro utilizzo, quanto nel loro contenuto: il Narratore dispone di tot informazioni, ma li assemblerà a discrezione!
Certamente, questo approccio può essere difficile: in che modo il Narratore dovrà usare gli strumenti? Come potrà innestare lo Scenario nelle sue sessioni? A questo servono gli Spunti di Narrazione, idee che vengono proposte affinché un Narratore possa innestare lo Scenario in campagne già avviate o presentare il tutto come una one shot.
Così, per mantenere uno Scenario il più possibile semplice e gestibile, ho creato un sistema a quattro elementi:
Una forza è un elemento che può essere sia un preambolo (spinta) che un richiamo all'azione (strappo). Un'idea per un'avventura di Augusta Universalis che ho nel cassetto parla ad esempio di alcuni scontri a fuoco avvenuti attorno a un piccolo e dimenticato avamposto spaziale vicino a Europa, la luna di Giove; alcuni Pretoriani arrivati a controllare sono stati costretti a fuggire perché chiunque li abbia attaccati aveva dell'artiglieria esotica, armi mai viste prima.
Una delle Forze dell'avventura è il Pontifex Gregorius Dominat, studioso di armi antiche che ha fatto una valutazione dell'artiglieria dell'avamposto pretoriano e l'ha categorizzata come X+, cioè "di estremo valore". In sé questa Forza è solo un dato statico, non attivo nella partita giocata, ma il Narratore può farne un Preambolo o un Richiamo.
In altri termini, un preambolo è qualcosa o qualcuno che non partecipa in prima linea allo scontro, ma ci manda i PG; un richiamo, viceversa, è direttamente coinvolto e attira i PG a sé. Una forza usata come preambolo spinge i personaggi verso il conflitto, mentre una forza usata come richiamo è già parte di esso e li attira. La possibilità di combinare preamboli e richiami permette di creare facilmente la situazione iniziale di un'avventura – basta metterne un giusto numero, né troppi né pochi.
La materia dello Scenario riunisce in sé tutto ciò che è "carne sul fuoco": luoghi, eventi passati, personaggi, oggetti – insomma, tutto ciò che un Narratore dovrebbe poter utilizzare quando ha impostato lo scenario! Rispetto allo Scenario per il Free RPG Day, L'Inganno di Elide, questa parte del mio metodo è cambiata notevolmente: per evitare l'effetto "sandbox" per cui si deve per forza costringere i PG in un luogo ristretto, ho provato a generalizzare la Materia come "ciò che la Storia toccherà necessariamente all'interno del setting". In questo senso, la discriminante per capire quali luoghi ed elementi descrivere cambia: vengono riuniti nella materia tutti quei luoghi che sarebbe interessante andare a visitare, così come tutti quei PNG, oggetti ed eventi di cui sentiremo parlare. Tuttavia, nella descrizione degli stessi non andremo mai a tessere dei legami preventivi, ma ci limiteremo a descriverli così come esistono, nell'hic et nunc.
Nell'esempio di prima, non è necessario limitarsi come location al solo Avamposto di Europa, e neanche è necessario descriverlo tutto. Ciò che ci serve è avere sottomano quei luoghi che ci risultano interessanti: l'ufficio di Dominat sulla Terra, ad esempio, o l'astronave che porterà i PG verso l'Avamposto. Di quest'ultimo, andremo a dettagliare solo alcune parti: la zona d'attracco delle astronavi, l'Armeria, la zona "sicura" dove Dominat potrebbe essersi rifugiato (o potrebbe rifugiarsi in seguito) e la Plancia di comando. A guidarmi è la sete di scene, l'idea che se si va verso quel luogo è possibile che ne nasca qualcosa di interessante per me e per i giocatori, qualcosa che voglio vedere giocare.
Il focus rappresenta l'elemento centrale dello Scenario: il segreto da scoprire, il mistero da svelare, l'oggetto da recuperare. Come Narratori dobbiamo però ricordarci che il focus può anche essere una tematica o un vero e proprio tema, come la vendetta, l'amore o l'onore - o anche qualcosa di più specifico, ad esempio cosa saresti disposto a sacrificare per raggiungere la tua vendetta. È possibile avere anche più focus, vuoi perché lo Scenario sottende ad una lunga avventura oppure perché non vogliamo pre-determinarne la fine e il nucleo centrale: è sempre divertente vedere i giocatori scegliere in modo emergente su cosa focalizzarsi!
Costruire uno Scenario attorno ad un focus concreto è semplice: basterà far sì che qualcosa di tangibile sia il fulcro attorno a cui ruota l'azione. Nell'esempio dell'Avamposto di Europa, il fulcro è rappresentato da due elementi: chi occupa la stazione e chi ha fatto strage di Pretoriani. Potrebbero essere la stessa persona, ma per ora non lo decreto; saranno i giocatori a valutare se è più interessante l'Avamposto come terreno d'esplorazione (magari procedendo verso atmosfere più alla Doom), oppure l'artiglieria e chi la usa.
Voler inserire dei focus tematici, in realtà, non è così difficile: l'avventura che vi sto proponendo come esempio è nata proprio da una soluzione di quel tipo. Non voglio svelarvi nulla, quindi leggete lo spoiler a vostro rischio e pericolo.
[spoiler title='Spoiler' style='default' collapse_link='true']L'Avamposto dimenticato è nella mia idea abitato da un vecchio Pretoriano che non ha saputo della fine della Guerra dei Mondi e ha continuato a fingere che la stazione fosse stata distrutta - in effetti non è in buono stato. Il focus è quindi l'onore che perdura verso la propria nazione fino alla morte, dubitando anche di tutte le notizie contrarie a quanto si pensa. Questo potrebbe fungere da leva per quei Personaggi con un background che sviluppa atteggiamenti di ribellione con la gerarchia.
Un altro focus astratto è anche la percezione della realtà: nella mia idea il Pretoriano e l'intero Avamposto sono di un'altra dimensione! Un mondo parallelo in cui la Guerra dei Mondi ha visto la vittoria delle Colonie Spaziali contro l'Impero; una distorsione spazio-temporale ha traslato nella dimensione di Augusta Universalis l'Avamposto, del tutto simile ad una vecchia stazione che sorgeva proprio in quel luogo. La stazione potrebbe così avere al proprio interno portali spazio-temporali o distorsioni che permetterebbero di creare scene di flashback dei Personaggi, racconti di confusi elementi del passato e notevoli spunti per futuri Archi Narrativi.[/spoiler]
Concludono lo scenario le parabole, che sono storyline ipotetiche da intendere anche come andamento del pathos della narrazione. Con pathos intendiamo qui il rapporto tra il giocatore e il suo personaggio, che verrà messo in pericolo dallo Scenario concentrandosi sulla tensione oppure sulla ineluttabilità del rischio. Con il termine parabola, infatti, voglio identificare proprio un disegno a parabola. Immaginate una corda che viene fatta ruotare da due bambini: la Parabola è quella, il ritmo e l'atmosfera dello Scenario, che sale o scende a seconda degli eventi. Io identifico il punto massimo e minimo della "corda" con qualcosa di preciso, tra l'altro.
Se una parabola è scritta per "salire" sempre di più e poi diminuire, ciò che aumenta è il conflitto, il livello di pericolo (action/sublime) percepito perché è palpabile; quando la parabola scende, significa che inizia il confronto a viso aperto con il nemico. Se invece la parabola scende, aumenta invece la tensione, il livello di "conseguenze nefaste" che non si riescono a prevedere a cui si potrebbe andare incontro (introspettivo/infimo): la consapevolezza dei PG diventa sempre meno, fino a scivolare allo zero, per poi risalire quando il nemico inizia a mostrare la propria presenza.
Ciò che deve essere chiaro è che ciò che sale, poi scende: ci deve essere un momento di semina e uno di raccolto, uno in cui avviene qualcosa di un certo tipo e subito dopo ti presenta il conto.
Le forze hanno già di per sé una naturale tendenza a costruire una o più parabole. Riprendiamo le forze illustrate nel post:
Come vedete, usare le parabole permette anche di giocare con gli stili, di ipotizzare avventure più action laddove è il conflitto (l'attrito tra storie e personaggi) a salire, mentre altre più meravigliose o introspettive quando è la tensione a portare i personaggi dall'assenza alla presenza di consapevolezza. I focus tematici possono aiutare su quali siano le linee più interessanti da seguire, poiché non essendo legati ad un elemento concreto tendono ad aiutare la scelta di parabole: se mi focalizzo sull'onore, probabilmente avrebbe senso creare una storia di conflitto; invece, una tematica come la vendetta si presta bene anche a storie di tensione.
Un'ultima raccomandanzione che faccio è un consiglio che funziona anche per aspiranti creatori di mondi per giochi di ruolo, anche all'interno del mio attuale progetto di consulenza (incentrato sia sul worldbuilding che sul game design). Si cerca spesso di creare ambientazioni fatte in casa, setting homemade che possano incontrare il palato dei propri giocatori; uno Scenario di fatto altro non è che una micro-ambientazione entro cui far scorrazzare i personggi e i giocatori al fine di far emergere qualcosa (o esplorare l'ignoto).
Quando scrivo uno Scenario o una parte di un manuale devo sempre però ricordarmi che non sto raccontando qualcosa: non posso infatti permettermi di mettere le parole in bocca o le idee in testa al Master, Narratore, Giocatore di turno. Anzi, l'approccio deve essere una scrittura che permette di dare spunti affinché poi siano loro autonomamente a creare qualcosa. Si parla quindi di una scrittura che fornisca ispirazione, non che dia tutte le risposte del caso: i giocatori devono poter costruire sopra alla mia ambientazione qualcosa che sia loro, altrimenti non staranno giocando di ruolo, ma solo vivendo un romanzo a puntate che ho scritto - nulla di male se accade, ma spesso ambientazioni così chiuse non affascinano molto i giocatori.
Per questo motivo, il mio consiglio è quello di sospendere le trame. Non cercate cioè di rispondere ad ogni domanda che lo Scenario pone: rispondete solo a quelle interessanti e lasciatevi sempre aperte delle trame, delle porte nella storia, affinché sia chiaro che non stiamo fruendo un romanzo sottoforma di gioco. Fatevi sorprendere dalla stessa trama che avete imbastito, creando così possibilità per molteplici finali.
Parleremo magari più in dettaglio di questo argomento in un post dedicato, perché il tema è grande e solo tangenziale a quello di questo post.
Il futuro per Destino Oscuro 2 mi sembra più che mai roseo. Quest'anno sarò presente a Lucca Comics & Games con la seconda espansione de Le Notti di Nibiru, ma ci saranno anche Marzio e Luca con Augusta Universalis. Gira anche voce della possibilità di vedere, un giorno, un manuale di Destino Oscuro 2 come ambientazione light per permettere a tutti di usare il sistema e creare i propri mondi: personalmente, lo ritengo una prospettiva utile per esplorare nuovi mondi, nuovi strumenti del Narratore e nuovi Scenari. Non vedo l'ora!
Daniele Fusetto
Idee salvachiappe è una rubrica di contenuto esteso dedicata ai master. In questi episodi cerco di esporre alcune mie idee sull’arte del mastering, senza troppe pretese: ho pubblicato un resoconto dei primi episodi e del futuro della rubrica a metà maggio, vi consiglio di recuperarlo. Questo quinto appuntamento riguarda una delle tecniche più difficili che mia siano capitate tra le mani, da un lato perché è difficile da presentare; dall'altro perché è difficile da gestire. Ecco i link agli episodi precedenti:
Bando alle ciance, iniziamo!
Sono un aspirante game designer e c'è una cosa che ho imparato subito e sto cercando di applicare il più possibile: dai l'esempio, non la regola. Non è semplicemente fornire esempi di meccaniche perché spiegano più di mille parole: ho amici che sanno eseguire wording così chiari e precisi da essere più utili di mille esempi e li invidio molto.
Dare l'esempio significa che voi dovete fare le stesse cose che fanno i giocatori considerandoli come se fossero tabulae rasae ad ogni campagna. Se impostate fin da subito una certa gestione del tavolo, essa il 50% delle volte verrà portata avanti - questo ho avuto modo di confermarlo grazie all'esperienza di Gdr al Buio e discutendo con altri amici ruolatori. Insomma, il metodo di gioco diventa una sorta di rituale o di abitudine tra i giocatori. Se ad esempio non si sa una regola e dite: «Gianfranco, cerca la regola e leggila ai compagni», col tempo i giocatori lo faranno senza che gli sia richiesto.
Dare l'esempio è una "tecnica" che io ritengo un'arma a doppio taglio. Per utilizzarla bisogna essere sempre reattivi sulle azioni e descrizioni dei giocatori e bisogna esercitarsi molto perché coinvolge in modo sinergico il metodo di narrazione che utilizzo: questo significa che se sbaglio (come spesso faccio) a dare l'esempio, la narrazione cade.
Dar l'esempio significa: non chiedere interpretazione, interpreta i PNG così come vorresti che i giocatori interpretassero i PG. Questa regola credo di infrangerla ogni volta e mi mordo le labbra quando lo faccio. Spesso la stanchezza mentale e la frustrazione mi portano a parlare dritto in faccia ai giocatori e a chieder loro di agire in modo diverso da quanto fanno, ma mi rendo conto che in quei momenti crolla qualcosa... crolla una sorta di "sogno", quello di aver controllo del proprio personaggio. A questo si aggiunge la difficoltà di dover interpretare ogni volta PNG differenti e variegati, cercando di comprendere cosa essi farebbero di fronte ad un dato evento. Tuttavia, quelle volte in cui mi riesce di interpretare un PNG dando esempio di cosa vorrei dai giocatori, mi rendo conto di spronarli inconsciamente a ripetere il metodo di interpretazione.
Dunque, questa tecnica non può essere un assioma e, se leggete bene, sopra ho detto che il 50% delle volte dar l'esempio funziona; il restante, invece, cade sotto il peso di abitudini precedenti. In tal caso: dite le cose come stanno. Se vi da fastidio che i giocatori aprano il manuale per leggere le regole, usate l'in game. Se vi da fastidio il metagame, dite che è metagame quell'atto e limitatelo. Essere diretti può funzionare se dar l'esempio non funziona.
Dar l'esempio è tuttavia a mio parere un potente alleato se si riesce a farlo accadere in game.
Ammettiamo che Luca, che interpreta uno Stregone Elfo, debba incontrare un PNG Mercante Nano chiamato Guldfing per trattare della merce. Il gruppo di Luca è venuto a sapere da un ex contrabbandiere di nome Lucius, altro PNG, che Guldfing tratta merce magica illegale e Luca che interpreta uno Stregone Elfo dell'Alto Concilio Caotico Buono vuole dargliele di santa ragione... ma lo stregone di Luca non era presente al dialogo con Lucius! Nonostante ciò, Luca entra con nonchalance nel negozio di Guldfing e lo accusa di trafficare merce contro i dettami dell'Alto Concilio. Ora, so come reagisce un master normalmente: "come Luca, tu non potevi saperlo, non c'eri". Risposta di Luca: "eh ma me l'hanno detto gli altri mentre facevamo riposo". Gli altri giocatori confermano (magari con un "ma sì dai") e il master decide di continuare. Io tendo ad evitare questa scappatoia ogni volta che posso, dunque introduco un esempio di errore: mentre lo stregone di Luca accusa il mercante, la guardia cittadina entra nel negozio e dichiara Guldfing prigioniero per altri crimini contro il Concilio della Magia, accuse mosse al mercante... dal personaggio di Luca! Ovviamente, indagando i personaggi verrebbero a sapere di un complotto atto a incastrare lo stregone elfo, ma si eviterebbe di costruire della storia sulla base di un errore di metagaming, bypassando il problema, ma facendolo notare: com'è possibile che il Concilio sappi che lo stregone elfo voleva accusare il mercante di quello stesso crimine? Il master fa metagaming, i giocatori non saranno contenti, ma il complotto creerà una storia quantomeno affascinante e la forzatura del master sarà vista come uno dei tanti ostacoli sulla strada di un eroe. Tale opzione permette di usare il dare esempio direttamente in gioco, ma potrebbe risultare ostico comprendere dove stia l'uso della tecnica.
Dunque, questo secondo esempio può essere di maggiore chiarezza: ammettiamo che i giocatori fanno fatica a digerire una regola, nel senso che non riescono a ricordarsela e si trascinano in discussioni circa il toglierla oppure il modificarla. Di solito da master eliminerei l'oggetto e non lo utilizzerei più, oppure asseconderei i giocatori nel cambiare la regola; ma c'è una terza via.
Se noi master abbiamo ben compreso la regola, possiamo costruire dei PNG che la abusano fino alla nausea, costringendo noi master a trattare con la regola e a spiegarla più volte nel corso di una sessione. Inoltre, se la uso io master, nonostante l'eventuale complessità, sto a tutti gli effetti dando un esempio di gioco: non ignorare una regola solamente perché non è così semplice come le altre, ma approfondisci un attimo la sua comprensione fin dove ti è possibile.
Come con le altre Idee Salvachiappe, anche Dare l'esempio comporta alcuni limiti e difetti. Prima di tutto non sempre è possibile dare l'esempio per svariate ragioni. Da un lato i giocatori potrebbero essere restii a recepire questa metodologia, ma ancora di più è possibile che il master non riesca a trovare occasioni adatte per applicare la tecnica. Ciò che frega spesso noi master su questo punto è la frustrazione di non riuscire a veicolare correttamente ciò che vorremmo dai giocatori per una data campagna, e questo mi porta ad un secondo punto: il master non dovrebbe mai controllare il gruppo di gioco; piuttosto dovrebbe ondeggiare con i giocatori, lasciarsi sospingere da loro su cosa vogliono esplorare e dove vogliono andare i loro personaggi, nel limite della giocabilità - ovvero fintanto che i giocatori non rompono il legame al tavolo per esempio isolandosi con il cellulare oppure insultando altri giocatori. Io a volte riesco a dare esempio anche in questi casi estremi, ma si cade nel personale ed è pericoloso quando il master tenta di controllarti anche fuori dal tavolo di gioco, benché giustificato dagli eventi.
Certo, dar l'esempio permette anche di comprendere e anticipare alcuni comportamenti dei giocatori, perché così come avvicina costoro al master, tale tecnica avvicina anche il master ai giocatori: obbliga a porsi nelle vesti delle altre persone al tavolo che non si ricordano la regola o la storia, che fanno metagame, che agiscono più per guadagno del giocatore che del personaggio e ti permettono di capire come mai i giocatori agiscono in quel modo.
Nel mio piccolo, credo che l'ultimo punto sia una sorta di regola zero non scritta dei giochi di ruolo. Io adoro questi prodotti perché ti permettono di vivere vite alternative e capire "come si sta" nei panni degli altri; allargano il tuo punto di vista, anzi, lo rompono per permetterti di comprendere meglio le posizioni altrui. La narrazione nei giochi di ruolo è ovviamente importante per assicurare che tale immedesimazione si compi, ma a mio parere l'immedesimazione viene un secondo prima della storia.
Idee salvachiappe è una rubrica di contenuto esteso dedicata ai master. In questi episodi cerco di esporre alcune mie idee sull'arte del mastering, senza troppe pretese. Questo terzo appuntamento riguarda le Lacune e scopriremo insieme cosa intendo con questo nome e come usarle in una sessione di gioco.
Se vi siete dimenticati di scrivere qualcosa, siete a cavallo. Non sto scherzando: molte delle idee più strane ed efficaci per la storia mi sono venute per delle lacune che avevo nel ricordare la struttura che avevo abbozzato. Per tale motivo da tempo ho sempre l'abitudine di lasciare lacune nelle mie avventure, zone d'ombra in cui poter inserire quello che voglio al momento. Insomma, le lacune sono parti di storia delle quali anche noi master siamo all'oscuro e rappresentano la base per generare le cosiddette pinze narrative.
Una pinza è un evento della storia che in futuro si svilupperà in qualcosa di più grosso; io lo chiamo anche foreshadowing, anche se le due cose non sono esattamente sinonimi. In pratica, si può sfruttare una lacuna in gioco come se fosse una domanda senza risposta: non si sa mai che quel PNG o quell'oggetto "senza risposta" torni utile!
Il destino dei tuoi "elementi" narrativi deve rimanere nascosto anche a te, come ho detto; altrimenti un master/narratore non riuscirà mai a scoprire qualcosa in più della sua stessa storia – e il rischio che i giocatori la demoliscano prima del tempo aumenta. In questo modo, una campagna diventa storia e i giocatori percepiscono il senso che c'è nell'agire tramite i loro personaggi, perché sfruttando i loro Backgrounds e rispondendo (a gioco avanzato) alle lacune lasciate indietro si avrà la sensazione di vivere in un mondo... beh, vivo!
Ciò non basta, ovviamente: è necessario anche impostare bene il canovaccio, sfruttando i giocatori per interpretare i personaggi e i personaggi per comprendere i giocatori. Elia Kazan, se non erro, sosteneva che la critica cinematografica era capace di fornire interpretazioni che neanche il regista aveva pensato per un suo film: i giocatori sono i tuoi critici, dunque. Pensano per te, ti forniscono gli strumenti per andare avanti, ti spronano a correre ai ripari. Tuttavia, se non ti lasci un margine per lavorare sugli input che ti forniscono, sarà difficilissimo poi masterare!
Le lacune, infine, sono anche gli errori che fate. Nessuno è perfetto, ma il vero tesoro sta nell'usare gli errori compiuti – previo accorgimento, sia chiaro. Non correggetevi se avevate stabilito che il party doveva essere alla Taverna del Nano Macho alla nona ora, ma invece arriva alla settima. Molti master direbbero semplicemente: «scusate, quando vi avevo detto l'ora in cui siete partiti intendevo la terza e non la quinta», ma ciò non aggiusta le cose, svela semplicemente il vostro copione e ammazza l'atmosfera! Piuttosto chiedetevi: «ehi, ma il fatto che il party sia arrivato due ore dopo cosa mi permette di fare?». Un PNG può non essere in casa o un mostro può aver già ucciso la sua preda. Un errore dà origine a scoperte anche per i master e fornisce quell'atmosfera di sorpresa e meraviglia che tutti si aspettano. E se pensate che sia difficile improvvisare sui vostri errori, ricordatevi che un errore non significa che dovete inventarvi tutto di sana pianta: semplicemente, modificate qualche elemento del vostro canovaccio. Ogni mio errore è stato origine di grande divertimento!
Le lacune mi hanno fornito con gli anni una pletora di benefici enormi, le cui ricadute sono così tante che mi riservo la possibilità di aggiungere qualche punto in futuro.
Voglio ben delineare le controindicazioni di oggi, perché sono tante e gravi.
Avvertenza: il contenuto di questo post è stato confezionato pensando a narratori/master in campagna estese, di largo respiro, che fanno fatica a gestire i gruppi di giocatori e non sono assolutamente da prendere come un assioma – anche se, personalmente, bisognerebbe riflettere sulla causa della fatica (cosa che si farà). Logicamente ci sarà, in futuro, una rubrica dedicata a differenti necessità di narrazione: questa si occupa di salvarci le chiappe, non scordatelo!
Lascia libertà ai tuoi giocatori, la cui unica limitazione saranno le regole. Vogliono una essere gli unici aasimar nel circondario? Permettilo. Vogliono una venerare Cthulhu quando ancora non sanno nulla dei suoi Miti? Ok! Vogliono una mossa personalizzata che gli dia modo di usare l'intimidazione come attacco? Va benissimo.
L'unico limite sono le regole del manuale, non quelle del setting. Ma anche nel caso le regole siano un limite, se i giocatori non sono disposti a giocare senza quella personalizzazione lì in particolare, è meglio fornirgliela. Ad esempio, un guerriero al primo livello in un classico D&D non potrà mai avere una spada vorpal +5, però potrebbe inventarsi di averla ereditata dal padre o dal nonno. Forse vorpal +5 è troppo, ma potete accordarvi molto tranquillamente per una spada +3 con proprietà misteriose che sembrano emulare il vorpal. Oppure dagli ciò che vogliono con uno svantaggio: «Sì, hai uno stocco laser; l'hai trovato su una astronave aliena, dove ti sei fatto anche quella cicatrice che ti fornisce un malus al carisma». Puoi anche nascondere lo svantaggio con quanto diremo tra poco. L'importante è che limiti... le limitazioni!
Se ci pensate, è proprio quello che vogliono i giocatori che spulciano i manuali alla ricerca di combinazioni strane di poteri o stravaganti capacità: "farvela" oppure "farla" agli altri giocatori – o quanto meno tirare acqua al loro mulino di... giocatori. L'unico modo che ho trovato per azzerare tutto questo bisticcio è dargli la possibilità di usare tutto ciò che sta nel manuale/nei manuali che avete deciso saranno parte della campagna... e da qui si costruire tutte le sottotrame!
Passo importante dopo aver lasciato le libertà ai giocatori è infatti costruire sul loro background, che comprende anche le libertà che si sono presi. Libertà sulle regole e background sono in questo caso la stessa cosa, perché il secondo giustifica il primo! Io faccio schede insieme ai giocatori solo in due casi: sono neofiti; è la prima volta che si gioca quel gdr in particolare. Altrimenti, ognuno per sé e poi leggo tutto. Quante informazioni utili per costruire conflitti e storie si trovano nel background di un personaggio! A volte, un canovaccio che ho costruito si riempie di dettagli proprio leggendo i backgrounds...
Solitamente cosa accade?
Grazie ai commenti al post ho potuto strutturare un esempio esteso di questa idea dei Background che, pur essendo basata e creata sulla base della creazione del personaggio (libertà in fase di creazione), non vieta di essere applicata anche durante il gioco.
Un personaggio, Luke, ha visto il padre morire e vuole vendetta, anche a costo di non seguire il gruppo di gioco alla ricerca della gemma di Khal per riportarla al loro villaggio di Sokkenal prima che questo scompaia negli abissi a causa di una maledizione. Luke, e il suo giocatore, non vogliono sentirne della missione: vogliono vendetta.
Se però faccio dire ad un PNG, anche già presente nell'avventura senza doverlo inventare, che «recuperare la gemma di Khal salverebbe la vita di molti padri di famiglia», un personaggio come Luke non direbbe mai di no. E io da master/narratore sto già giocando con il Background di Luke.
Se Luke direbbe «no, non voglio comunque», o il giocatore me lo giustifica bene (ci sono vari gradi di lutto), oppure egli non sta ruolando – e a questo punto salta fuori il problema di non ruolare. Se questo giocatore alla fine vuole comunque ignorare la storia, lo faccia: a suo rischio e pericolo. Non è un errore del master se i giocatori decidono di portare il proprio personaggi altrove nonostante si sia fatto di tutto per coinvolgerli, è un problema fisico dei giocatori che vedranno il loro personaggio fuoriuscire dagli schemi.
Ad esempio, se il giocatore di Luke decide di inseguire comunque la vendetta verso il padre, è libero di farlo – e se proprio voglio dargli ulteriori motivazioni, presto detto: l’assassino del padre è colui che ha rubato la gemma di Khal e l'ho riportato in missione senza problemi (se proprio voglio fare il bastardo, cosa che sconsiglio, alla fine non era quel ladro l'assassino del padre... ma potrebbe sapere qualcosa a riguardo!).
Se invece non ho necessità di riportare Luke e il suo controllore in gioco, gli lascio fare ciò che vogliono e si auto-isoleranno dal gruppo. Se il gruppo ad un certo punto decide di andare ad aiutare Luke, sembra logico che la gemma non sarà recuperata e il villaggio è spacciato – fine dell’avventura.
E non c'è idea salvachiappe o regola che tenga. Inoltre, piccola aggiunta, la causa del fallimento della missione del villaggio causerà non pochi problemi ai giocatori che, nell'entusiasmo magari di fare quel che vogliono loro, verranno ora inseguiti dai sopravvissuti alla caduta del villaggio, da qualche demone che, nello sprofondare del villaggio, è saltato fuori e magari si ritroveranno comunque nel rifugio del ladro della gemma perché... lui è l'assassino del padre di Luke! E via dicendo...
Un beneficio in più per usare la "libertà+background" è rappresentato dalla conseguenza narrativa: se la storia che avete costruito ha dei buchi e questi sono riempiti con dettagli presi dai background, allora nessun giocatore avrà la terribile sensazione di giocare un gioco, ma di vivere una storia! (Ne parleremo meglio nel prossimo appuntamento).
Il secondo beneficio che si ottiene con questo lavoro è che, anche se le informazioni prese dal background stanno sotto alla trama principale, il lavoro fatto per creare il background si dimostrerà così utile. Che sorpresa vedo sui volti dei miei giocatori quando un PNG si rivela legato ad un background oppure quando salta fuori che devono andare in un luogo che uno di essi conosce bene... Può sembrare strano ma, ancora oggi nel 2015, ho giocato in campagne in cui il background non serviva e il tempo speso a farlo è andato nel cesso. Non è che servisse per me giocatore e il master non lo sfruttasse: era proprio necessità del master ignorare il background che sarebbe andato invece, a suo parere, contro all'avventura giocata (dirlo prima?). Il master/narratore dava la libertà di classe, di razza, ti permetteva pure qualsiasi porcheria nel background, però poi partiva la storia sui binari, dirigendo la storia dove l'avventura prescritta porta dimenticando di dare anche solo una nota di realismo. Avete presente quando create personaggi con un lavoro (es.: chirurgo) e poi, senza motivo e per necessità, essi non lavorano mai?! Eppure anche da giocatore il background è la cosa che mi diverte più fare...
Terzo beneficio. Costruendo sui background, i conflitti utili a far proseguire la storia salteranno fuori come rane! Credo l'abbiate notato da voi che se un giocatore mi arriva con un'arma che per regolamento può avere, ma che per setting sarebbe rarissima, sicuramente ciò avrà una conseguenza spiacevole per il personaggio. Io di solito parlo di fisica della narrazione: ad ogni azione di un certo tipo corrispondono reazioni di pari o superiore tipologia. L'arma rarissima diventa oggetto d'interesse per ladri, ricettatori, collezionisti...
C'è una serie di limiti a questo discorso, ovviamente. Sappiate che dovrete instradare fin da subito i vostri giocatori e non farli sentir soli, dialogando con loro sul background durante la prima sessione e ponendo un numero molto alto di domande per capire bene cosa intendono. Non dovete lasciare nulla al caso della scheda che il giocatore ha compilato, inoltre!
E tu che ne pensi? Commenta qui sotto la tua idea in merito ai backgrounds e al loro utilizzo per "salvarsi le chiappe" di fronte ai giocatori. Cerchiamo di mantenere una discussione civile la cui finalità sia aiutare altri master/narratori. Grazie!
Questo poteva essere un post lungo...
Non sono un giocatore di gdr tipico, né atipico. Ho iniziato come master a 13 anni e ho sentito molte altre persone condividere la mia stessa esperienza. Allo stesso modo so che molti hanno iniziato come "semplici" giocatori e sono rimasti senza la voglia di masterare per anni – addirittura alcuni si rifiutano ancora oggi. Capite bene che non amo fare di tutte l'erba un fascio: c'è gente che viene dall'esperienza del master cattivo e cruento, chi ha giocato sessioni con narratori inesperti e sempre bloccati alla prima deviazione dalla trama.
Tutto sommato, chi gioca per molti anni, anche senza fare il master/narratore, sa cosa significa masterare. Lo vede all'opera ogni sessione e può assorbirne le dinamiche, può interagire con amici che hanno provato e scambiarsi consigli. Per me non fu così – eppure non ebbi problemi a gestire un gruppo di 6 amici. Ancora oggi, quella campagna powerplay mezzi-draghi mezzi-celestiali so che rimane nel cuore dei miei giocatori. Non tanto per la possibilità di far di tutto, ma (credo, non sono sicuro) per il fato che si fece di tutto. Esplorammo, visitammo, gestimmo, salutammo, alcuni addirittura diventarono padri; ci furono deserti di sale, giardini giganti, navi volanti, canyon scuri e infiniti. Ci furono sfide ardue e altre più semplici.
Oggi mi sento abbastanza sicuro di me stesso da consigliare altri master. Infatti, per quanto le sessioni di gioco e la storia furono perfette, non fu lo stesso per la mia gestione del tavolo come master. Parlo chiaro: rivisto col senno di poi l'epicità costruita nacque spesso da miei errori... o da concetti che scoprii essere poi interpretati da altri master come errori. Con gli anni ho avuto modo di sperimentare numerose gestioni del tavolo anche come giocatore e questo mi ha fatto riflettere spesso su come io agisco da master.
Ebbene, la mia base di partenza è questa.
Dedicherò una serie di post all'argomento, di cadenza bisettimanale. Inizialmente pensavo di costruire un lungo intervento ed esplorare queste cinque-sei idee che utilizzo durante le mie sessioni di gioco di ruolo. Ma non sono perfetto, sono umano: quindi ho chiesto consiglio sul contenuto di quanto scritto. Ringrazio chiunque abbia letto queste mie righe e mi abbia consigliato di suddividere tutto in vari post: forse così sarà più semplice organizzare anche i miei pensieri.