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Oggi ci lanciamo in una mistica ricerca di approfondimento e significato su un termine diffuso nel gioco di ruolo: homebrew. Cosa significa e che differenza ha rispetto all'houseruling? Che cosa comporta? E quali sono gli step ideali per farlo in sicurezza? Iniziamo!

Homebrew o homebrewing: una difficile definizione

Il termine inglese homebrew significa letteralmente "fermentato in casa". Si utilizza nei videogame per indicare modifiche o creazioni generate da giocatori sfruttando prodotti commerciali, resi in parte o totalmente accessibili nei loro sistemi dalle case produttrici (1, 2).

Il significato del termine si espande però nell'ambito del gioco di ruolo e diventa qui difficile risalire al primo momento di utilizzo. In generale, il termine è accettato e usato tra i giocatori specialmente stranieri e americani per indicare una modifica o una implementazione ad un gioco di ruolo ben più esteso di un houseruling – e su questo termine abbiamo più materiale.

Una house rule è una "regola della casa", quelle modifiche alle regole scritte nei regolamenti dei giochi da tavolo tipiche in MonopoliUno (che vengono giocati alla lettera solo quando le viverne volano durante un'eclisse). Con la prima edizione di Dungeons & Dragons era abbastanza diffusa la pratica dell'houseruling per coprire le mancanze regolistiche: il gioco suggeriva di sfruttare altri manuali (ChainmailOutdoor Survival) per gestire l'intero sistema di gioco, ma spesso la loro mancanza obbligava a metterci una pezza.

A questo possiamo sommare anche la difficoltà di costruire un bilanciamento delle edizioni di Dungeons & Dragons successive alla prima e non nell'alveo dell'OSR. Probabilmente con D&D3.0 e 3.5 si è diffusa la pratica dell'houseruling, così come quella dell'homebrewing, portando sempre di più a contenuti "dal basso" e spesso usati solo all'interno del proprio gruppo di gioco, raramente portati all'esterno.

Giochi di Ruolo Homebrew Storie di Ruolo The Alexandrian Edizioni Dungeons & Dragons

Dungeons & Dragons dall'origine fino alla 3.0, dal blog "The Alexandrian" — clicca sull'immagine per accedere ai loro contenuti homebrew.

Il Principio Apocrifo dell'Homebrew

Prima di tutto, facendo una rapida scorsa sul web, l'insieme delle poche e scarne definizioni di homebrewing (2) mi ha portato a sommare e cristallizzare quanto letto in un principio apocrifo, una sorta di "definizione eretica" che propongo senza l'obiettivo di farla diventare una incisione sulla pietra.

L'homebrewing è la creazione, la modifica e/o l'implementazione estesa e non ufficiale di un sistema e/o ambientazione, realizzata dai giocatori stessi per una campagna di gioco.

Dunque, fare una homebrew contempla sia la creazione di nuovi contenuti di gioco (come classi, talenti, incantesimi, eccetera), sia regole o parti di ambientazioni nuove (ad esempio, creare una zona aggiuntiva alla mappa storica di Forgotten Realms). Rispetto all'houseruling contempla un maggiore impegno, sia di tempo che di studio, così come un più esteso intervento.

Notate come non abbia inserito nel principio il fatto che, spesso, una homebrew nasce dalla voglia di "aggiustare" le regole di un gioco. Non importa, a mio parere, il motivo per cui fate homebrew: alla base credo ci sia sempre una genuina creatività e passione per il gioco da modificarsi, anche quando l'homebrew è parecchio intensa. Altrimenti non ci stareste perdendo così tanto tempo!

Non ho altresì toccato il tema della vendita o commercializzazione successiva di una hombrewEssenzialmente, tutto ciò che nasce per essere giocato in casa è per me homebrew anche se dopo viene distribuito e diffuso tramite itch.io, patreon, D&D Beyond, eccetera. Rientrano nelle homebrew anche giochi di ruolo non commercializzabili perché sfruttano una proprietà intellettuale di cui l'autore è fan, con lo scopo di giocare in quell'ambientazione (ad esempio, giocare Assassin's Creed con una versione modificata di 7th Sea).

Digressione: una "hack" è una Homebrew?

Questo dubbio amletico lo lascio ai lettori da definire. Io credo che una hack possa essere anche una homebrew laddove l'intento non è commerciale e venga generata per essere fruita "in casa". Non contemplo homebrew quelle hack nate appositamente per essere commercializzate o diffuse, ma è una mia personale opinione che lascio fuori dal principio apocrifo.

Come fermentare un GDR in casa

Creare contenuti homebrew non ha regole specifiche, anche perché coinvolge la pura creatività di un gruppo e i loro obiettivi. Non tutti, ad esempio, possono essere interessati al bilanciamento regolistico oppure alla coerenza narrativa dei loro contenuti originali. Tuttavia, ho deciso anche in questo caso di mettere insieme una serie di consigli e suggerimenti, con principale ispirazione questo video di Matt Mercer sull'argomento:

Approfondite le regole del sistema e il setting

Prima di modificare o implementare qualsiasi gioco, che sia Dungeons & Dragons 5E oppure il nuovo "[N] World" Powered by the Apocalypse, approfonditelo. Direi anche giocatelo, almeno un paio di volte, ma parto dal presupposto che questo sia già stato fatto.

Approfondire significa anche farsi qualche ricerca online, leggere interviste a game designer o giocatori che parlano di come il gioco sia fatto, chiedersi come mai certe regole siano scritte in questo o quell'altro modo. Non lo state facendo, solo, per rispetto del gioco, ma anche per voi: sarà più semplice infatti capire fin da subito se un contenuto homebrew s'incastra bene con le componenti che non cambierete e se raggiunge il vostro scopo.

Create l'homebrew tutti insieme

Per essere certi di non sprecare tempo e di incontrare il gusto di tutti, scrivete l'homebrew tutti insieme — che il gioco abbia o meno un master. Questo vi permetterà di avere notevoli idee aggiuntive e anche di avere tutti sulla stessa lunghezza d'onda, evitando così che altri giocatori non siano d'accordo con quanto creato. E renerà meno noioso il lavoro di scrittura.

Concentratevi soprattutto sul motivo per cui volete fare l'homebrew: magari vi garba l'idea di una classe arcana per una Famiglia Nanica che non venga malvista dagli altri nani, oppure una Mossa per il vostro Arsenale che si concentri su quanto sia gnocco e fico mentre consuma salve di proiettili, attirando gli sguardi interessati dei nemici e così distranedoli.

Focalizzatevi sul vostro obiettivo

I primi tentativi di homebrew avranno due difetti, perlopiù: saranno spesso troppo complessi da giocare e "sbrodolati", nel senso che per introdurre un nuovo contenuto e una nuova regola vi verrà voglia di stravolgere tutto. Non disperatevi e non buttate via tutto il lavoro fatto, anzi! Tenete una copia della prima bozza e lavorate, poi, in due direzioni:

La mia primissima campagna a D&D3.0 prevedeva un setting homebrew da me creato su istinto e pura creatività, ma a ripensarci aveva una ragione d'essere: avendo personaggi giocanti molto potenti, seppur di primo livello, era necessario trovare un senso a nemici ancora più potenti, così come fornire scenari sempre originali e particolari.

Inoltre, sfruttava al 100% il sistema con pochissime aggiunte regolistiche ed era perlopiù un setting homebrew. Vi consiglio inizialmente questa strada, perché potrete così inserire regole in homebrew strada facendo.

Giochi di Ruolo Homebrew Storie di Ruolo OSR D&D BX Dadi Mappa

Try & Check

Di solito le guide online parlano di "bilanciamento" dell'homebrew, ma volendo costruire un articolo generico che contenesse sia giochi moderni che OSR, io parlerei perlopiù di try & check: provate l'homebrew e controllate che sia in linea con il vostro intento. Se siete in campo OSR, l'obiettivo potrebbe essere fornire nuovi spunti ai giocatori per ingegnarsi di fronte alle sfide. Se usiamo un gioco di ruolo masterfull o moderno, l'obiettivo potrebbe essere colmare una parte della fiction mancante per una campagna specifica.

Una cosa sicuramente utile è controllare le sinergie e dissonanze tra regole non modificate e nuovi contenuti. Questo potrebbe aiutarvi a evitare grossolani squilibri di potere o divergenze dagli obiettivi del vostro gioco.

Un'altro consiglio fondamentale è quello di cercare homebrew simili o casi in cui un gruppo di gioco ha dovuto operare con il vostro stesso obiettivo su un sistema. Cercate sui forum e sui gruppo Facebook, provando anche a confrontarvi con gruppi di gioco locali di altri amici. Fatelo anche per risparmiarvi lavoro: non sia mai che ciò che cercate sia già pronto, con giusto qualche modifica, su una wiki o un sito. E come dice Mercer egregiamente, citate le fonti.

L'Homebrew non contempla protagonismo

A mio parere, fare homebrew significa lavorare per un gruppo. Si costruisce qualcosa per avere una qualità migliore del tempo trascorso in campagna, più vicina alle nostre aspirazioni. Pertanto, non offendetevi di fronte a critiche e consigli, né da parte del vostro gruppo, né eventualmente se postate l'homebrew online.

Qualche homebrew di riferimento

Concludiamo questo articolo di consigli con alcune homebrew di esempio che ho trovato online e che trovo molto accattivanti. Non sono affatto le migliori, non c'è giudizio; sono quelle che mi sono passate fra le mani. Se ne avete altre, postatele nei commenti!

Prossimo step: creiamo una homebrew!

Uno dei progetti che voglio tirare fuori dal cilindro è un'idea da implementare in Dungeons & Dragons 5E per una campagna che ho in mente. Proverò a stendere un breve post per spiegare come la costruirò e come verrà sfruttata!

Per oggi è tutto, round fugit!
Spirito Giovane


(1) Preso da un confronto tra le pagine Wikipedia su Homebrew italiana e inglese.

(2) Ecco alcuni siti da cui ho preso le definizioni e fatto un sunto.

 

Se parlate di GDR sui social network, prima o poi avrete certamente letto degli annunci di master a pagamento; una pratica diffusa a macchia d'olio ma non molto popolare... almeno qui in Italia. Di recente, infatti, la testa finanziaria Bloomberg ha pubblicato The Rise of the Professional Dungeon Master, un articolo che fotografa la diffusione del fenomeno negli USA; a quanto pare il grande successo di vendite di Dungeons&Dragons 5 ha creato un ampio mercato per i DM professionisti, con fasce di prezzo che vanno dal "fast food" alla "haute cusine". Noi di Storie di Ruolo non abbiamo (per ora) gli strumenti per condurre un'inchiesta equivalente in ambito italiano, ma abbiamo delle nostre riflessioni in merito. Questo breve editoriale è stato scritto per condividerle con voi.

Master a pagamento? E perché no?

Partiamo da un tabù ricorrente: che non sia etico ingaggiare qualcuno come compagno di gioco, e che quindi i master a pagamento lucrino su qualcosa di non commercializzabile. Questa posizione, secondo noi, è esagerata, visto che si fonda sull'idea che l'attività ludica sia uno spazio "sacro", un contesto che deve essere dominato dalla gratuità. Se ci pensiamo, però, questa logica non vale per gli sport: è assodato che insegnare il nuoto, il tennis, il golf o il rugby sia un mestiere legittimo e remunerato, e nessun genitore pensa che pagare gli allenatori deturpi ai ragazzi il piacere del gioco. Nel bene e nel male, quindi, esiste già un mercato delle prestazioni ludiche, un mercato che nasce per soddisfare una domanda; per gli sport questa domanda esiste da almeno un secolo, per i GDR da tavolo è nata in questo decennio.
D'altra parte, c'è di sicuro differenza fra assumere un allenatore per imparare un gioco e pagare qualcuno perché giochi con noi da pari a pari. Salta alla mente l'immagine di Richie Rich, il protagonista della commedia omonima: un ragazzino senza amici che gioca a baseball con atleti professionisti ingaggiati dai genitori. Assumere un master a pagamento, probabilmente, fa sentire molte persone dei Richie Rich in miniatura: incapaci di portare avanti un rapporto amicale fino al livello di compagni di gioco, e quindi costretti a procurarsi un surrogato.

Un caso umano rilevante

Richie Rich è stato una parte minore di Macaulay Culkin, lo sfortunato bambino prodigio. Immagine da Wikimedia Commons.

Questa riflessione è sensata, ma non tiene in conto di un importante fattore: in molti GdR chi gioca come master deve padroneggiare tutte le regole e produrre una quantità consistente di contenuti, rendendo di fatto asimmetrici per complessità i ruoli di GM e di giocatore (tanto che certi regolamenti sostituiscono all'ormai generico "game master" dei più precisi "arbitro" o "maestro di cerimonie"). La conseguenza ovvia è che i contributi del master danno il La a quelli degli altri giocatori (non a caso Trollbabe paragona il master al bassista di un gruppo rock) e che spesso il master, volente o nolente, deve pure insegnare il regolamento ai neofiti – di fatto deve fungere da allenatore. Data questa premessa, non è così strano che un giocatore novellino decida di assumere un master a pagamento già esperto, assicurandosi un primo impatto soddisfacente con il GdR: meglio andare in piscina che tuffarsi in mare e o annegare o galleggiare!

Un cambio di paradigma

Al di là della motivazione, però, assumere un master a pagamento ha delle implicazioni notevoli sul piano sociale. In un gruppo di amici, infatti, le asimmetrie di ruoli in gioco si inseriscono nel quadro di relazioni preesistenti: chi fa da master potrà anche fungere da insegnamente o guida del gruppo ludico, ma non per questo smette di essere un amico (quindi un parigrado) degli altri. Un master a pagamento, invece, avrà con il suo gruppo un rapporto professionista-cliente, come è giusto e con tutte le conseguenze del caso: i giocatori non potranno prendersi confidenze eccessive con il GM (come non le prendono con un allenatore), né potranno giocare in modo troppo rilassato, o rischieranno di impantanare la sessione e sprecare il pagamento. E di converso il GM vivrà il gioco come una performance, di cui dovrà garantire il livello: niente sbavature, niente tempi morti, massimo coinvolgimento. A tal proposito l'articolo di Bloomberg spiega che i master a pagamento più di successo capitalizzano su capacità rifinite in ambito recitativo-teatrale, grazie alle quali attirano l'altro grosso bacino di utenza (oltre ai neofiti): i gruppi in cui nessuno vuole fare da master, o che cercano un master estroso per giocare campagne raffinatissime. In questi casi l'enfasi è posta non sulla didattica, ma sull'alta qualità del gameplay, il che porta a un'altra conseguenza rilevante: in un gruppo di amici le partite sono frutto degli input di tutti che si intrecciano in un insieme coeso, invece un master a pagamento (giustamente) preparerà un porfolio di avventure (o materiali equivalenti) attentamente ottimizzate, frutto di continui collaudi, e le riprodurrà per i suoi clienti – di fatto trasformando l'interscambio creativo fra tutti nella fruizione di un contenuto "d'autore" già dato. Una dinamica simile impatta profondamente su pressoché tutti i giochi in commercio, anche quelli che supportano attivamente l'uso di avventure commerciali: in un gruppo di amici il materiale acquistato viene comunque tarato sui gusti di tutti, invece un master a pagamento venderà (necessariamente) tanto il suo materiale quanto l'"esecuzione" in partita: sono quindi i giocatori ad adattare il proprio gusto a quello del GM, in un rapporto unidirezionale. E in effetti non potrebbe essere il contrario... a meno che i giocatori non paghino espressamente per contenuti personalizzati, con un incremento proporzionato della spesa.
Riassumendo, l'asimmetria sociale (non più solo di ruolo ludico) insita nel mastering al pagamento si propaga necessariamente sull'esperienza ludica, sostituendo l'interscambio con la performance e la fruizione della performance – un cambio di dinamica che condiziona il feeling di qualunque gioco.

Tirando le somme...

Dal nostro punto di vista, non c'è nulla di "non etico" nel mastering a pagamento: si tratta di una vendita di servizi per rispondere a una domanda legittima. Di sicuro, però, pensiamo che la professionalizzazione dei master renda diverso il feeling delle partite: non per forza migliore né peggiore, ma sicuramente diverso. Chi decide di imbarcarsi in questa carriera, così come chi assume un GM, deve tenerne conto: la sua esperienza di gioco non sarà più quella cui era abituato.

Ci risentiamo con un nuovo editoriale per il prossimo tema caldo!
Ivan

Bentornati su Storie di Ruolo! Eccoci come l'anno scorso al post che preferisco, lo State of Roleplay. Un post in cui vi parlerò sia del 2019 di Storie di Ruolo, sia sull'ambiente dei GDR in generale. In questo post cercherò, come in quello dello scorso anno, di individuare alcuni argomenti connessi al gioco di ruolo che prevedo saranno discussi durante i prossimi mesi oppure che tenteremo di portare alla luce. Sono riflessioni personali e soggettive, ma basate anche sulle mie esperienze e sui consigli e pareri degli altri redattori di Storie di Ruolo, in primis Edoardo che è artefice di alcuni dei punti del post. Ringrazio anche Ivan, Luca e Vanessa per i loro insight e spero prossimamente di poter ringraziare un nuovo redattore — suspance!

Things from the Flood Storie di Ruolo Gioco di Ruolo

GDR 2018: un settore in crescita

Il 2018 è stato per Storie di Ruolo un anno di enorme crescita. Siamo maturati molto nei contenuti e nella nostra presenza sui social, ma anche alle fiere o Convention. Abbiamo anche costruito una buona varietà di post, dalla tipologia differente, per un pubblico eterogeneo e siamo rimasti saldi sui 3-4 post mensili. Rimpiango ancora il sistema delle Stagioni che avevo usato tra 2015 e 2016 sul blog, come dicevo lo scorso anno poter scrivere a blocchi trimestrali ti permetteva di esplorare e scoprire nuovi giochi, saggi e post meglio, con più profondità. Invece, la scrittura su deadline, che noi comunque prendiamo seriamente ma senza severità, impone di stare sul pezzo e non nascondo che molti post che ho imbastito sono finiti nel cestino perché "non era più il tempo per quei contenuti". La dura legge della SEO, che spesso ci porta a dimenticarci di mode passeggere — non che sia un difetto.

Certamente parte della crescita di Storie di Ruolo è dovuto anche a due fattori esterni ai contenuti. In primis, il GDR al Buio che ha raggiunto quota 17 rassegne nazionali a dicembre 2018 e siamo già aumentati: gennaio ha visto l'ingresso del GDR al Buio Roma e del GDR al Buio Macerata, esattamente a Montecosaro, di cui siamo molto orgogliosi perché è il primo ad avere l'appoggio di una amministrazione pubblica! L'entusiasmo dei facilitatori e degli organizzatori del Buio è stato importantissimo, ma anche i numerosissimi giocatori che hanno partecipato alle varie date in tutta Italia. I numeri parlano da soli: abbiamo fatto giocare più di 600 giocatori unici tra settembre e dicembre 2018. Pochi neh!? xD

Secondariamente, bisogna comunque sottolineare come tutto il mercato del gioco da tavolo sia in crescita, quanto meno in Italia. Non ho dati sicuri alla mano: avevo visto dei grafici tra le foto del primo Convegno degli Autori di GDR Italiani, ma gruppo facebook Osservatorio sul Gioco di Ruolo Italiano non sono riuscito a ritrovarle (come forse molti di voi sanno, non sono riuscito a partecipare a Lucca Comics & Games 2019 per motivi di salute, ma mi sono tenuto aggiornato tramite il web e i social). Ricordo solo che i grafici erano impressionati: negli ultimi dieci anni il numero di GDR pubblicati è sempre maggiore — benché ad esso possa purtroppo non corrispondere un miglioramento della qualità. Ma di fatto l'offerta c'è.

La nascita di una rivista di settore, IoGioco, ha contribuito sicuramente alla diffusione del nostro hobby ed è un ottimo segnale, benché si occupi principalmente di gioco da tavolo. Contemporaneamente è nato anche GDR Time, magazine digitale e print-on-demand tutto dedicato al GDR e costruito dalla community di Io Gioco di Ruolo, ed è giunto proprio a gennaio il centesimo numero di Anonima GDR, un traguardo sicuramente da festeggiare.

Grande ritorno anche per i Libro-Game, che hanno avuto largo spazio nei nostri post in tutto il 2018, credo sia connesso alla volontà delle persone di tornare a giocare, anche per coloro che pensavano di non poterlo più fare — e qui voglio segnalare la nascita di Famiglia Ludica, che è in breve tempo diventato un polo per i giocatori con famiglia.

Dal canto nostro abbiamo contribuito all'allargamento del numero di giochi di ruolo traducendo qualche piccola chicca che i grossi editori non avrebbero avuto interessa a localizzare, come Shipwreckers e l'ormai famosissimo Big Gay Orcs.

Nuovi Ritorni Giochi di Ruolo Storie di Ruolo Lex Arcana Vampire The Masquerade

Nuovi orizzonti: tra giochi sostenibili e continui, grandi ritorni

In quest'ottica non stupisce che i giochi che più ci hanno colpito nel 2018 sono giochi One-Page o che stanno in poche pagine. Storie di Ruolo come detto si è prodigato per far conoscere questi prodotti tramite traduzioni mirate (che continueranno per tutto il 2019) e grazie al GDR al Buio. I giochi minimalisti convincono anche perché facili da impostare, spesso adatti a one shot o brevissime campagne e per la loro praticità.

Credo che il 2019 continuerà in questa direzione, permettendo ai giocatori di concentrarsi su prodotti che forniscono un gioco sostenibile, un facile e perfetto compromesso tra profondità, preparazione quasi immediata e agilità del prodotto.Gioco sostenibile però non significa solo "di poche pagine", ma capace di fornire strumenti per un rapido utilizzo — anche con nuovi supporti digitali e integrazioni con app. Quanto ai GDR più "grandi", anch'essi hanno costruito dei prodotti sostenibili tramite Starter SetQuickstarter che permettono di andare subito al tavolo e comprovare le regole.

Acconto a giochi minimalisti sicuramente non mancheranno grossi nomi e riscoperte. Una previsione dello scorso anno, che sembra essere confermata per ora, era quella del ritorno di GDR famosi. Ed infatti nel 2018 abbiamo salutato la nuova edizione di Lex Arcana e di Vampiri: The Masquerade, mentre quest'anno dovrebbe essere Pathfinder ad avere finalmente una seconda edizione vera e propria - a fronte del manuale di betatesting lanciato come vero e proprio prodotto nel 2018. Anche Dune vedrà la luce sottoforma di RPG nel 2019 e forse una ripubblicazione page-to-page di Cyberpunk 2.0.2.0.? Staremo a vedere...

Il 2019 di Storie di Ruolo: togliere ostacoli al gioco

Nell'ottica di un gioco sostenibile, credo che il 2019 di Storie di Ruolo si concentrerà su qualcosa che abbiamo esplorato con il GDR al Buio e che è stato Edoardo a concretizzare in parola: togliere ostacoli al gioco. I prossimi interventi che faremo, recuperando anche rubriche come Kit di SopravvivenzaIdee Salvachiappe, forniranno sicuramente consigli su come togliere i bastoni tra le ruote di una serata che potrebbe andare male. Ci concentreremo sulla giocabilità dei prodotti e delle situazioni e su come aumentarla.

Anche lato creazione e design, personalmente sarà un anno alla volta della semplificazione. Spero entro l'anno di lanciare e consolidare l'attività di consulenze che ho iniziato a marzo 2018 e che sta dando molti frutti, così come le prime soddisfazioni: a Modena 2019 spero di potervi dare dati più certi! Sicuramente l'attività si concentrerà anche sulla scrittura di giochi di ruolo e su come facilitarne la comprensione a partire dal testo...

Children of a Lesser Table Storie di Ruolo Giochi di Ruolo Giochi da Tavolo

Previsione: l'anno di neofiti & meraviglie

...anche nell'ottica di aprire il mercato a nuovi giocatori! Il 2019 sarà, io spero, l'anno dei neofiti. Alessandro Piroddi nel suo intervento del 2018 Children of a Lesser Table introduceva l'argomento molto meglio di me: serve una maggiore ibridazione con i giochi da tavolo e servono prodotti ponte che possano portare sempre più persone a scoprire il gioco di ruolo. Come l'amico Luca De Marini mi insegna, in tutti i settori c'è un ciclo tra domanda e offerta che ritorna: siamo attualmente in un periodo in cui l'offerta del GDR è tanta e ci aspettiamo tutti che anche la domanda sia di pari quantità — ma potrebbe non esserlo, quindi è buona cosa, io credo, lavorare sull'ampliamento del pubblico a cui possiamo riferirci come autori.

Nuovi giocatori significa però anche nuovi punti di vista e idee, così come maggiori occasioni di socializzazione e, perché no, di creazione di community. Ho la sensazione che nel 2018, specie verso la fine dell'anno, sia un po' tornato il tormentone che vuole i ruolatori divisi in tifoserie opposte e questo permette solo di innalzare muri e smettere di dialogare — cosa che non possiamo permetterci. Quindi, ben vengano nuovi giocatori avulsi da contesti ormai vetusti e da pregiudizi che dovrebbero essere ormai sepolti nel tempo.

Quanto ai tipi di prodotti, come suggerisce Alessandro mi aspetto qualcosa di innovativo, di sconvolgente. Vorrei vedere molti più titoli stravaganti, ambientazioni che sfidano i giocatori, prodotti che propongono nuove vie di design. Luca Maiorani, nel suo post di inizio anno, ne ha scritto un poco, e condivido gran parte delle sue parole.

Conclusione: come sarà secondo voi il 2019 del GDR?

Ovviamente, questo post è frutto della mia immaginazione ed è volutamente opinionistico. Sono aperto a critiche e obiezioni e non ho risposte certe per voi sulle questioni in sospeso, solo ipotesi e scommesse che potrei perdere. D'altronde con le promesse sono un disastro, quindi preferisco mettere in calce un sacrosanto: secondo voi come sarà il 2019 del gdr? Fatecelo sapere nei commenti qui sul blog e su Facebook. Chissà che le vostre previsioni, insieme alle mie, non possano fornire maggiori certezze!

Buon anno ruolistico da tutto il team di Storie di Ruolo!
Round Fugit!

Ciao a tutti! Ancora una volta vi parlo dal mio antro italico di un argomento a me molto caro: il design dei giochi e, in particolare, il momento del playtest. Tutti sappiamo quanto sia delicato questo processo quindi, in occasione della PlaytestCon 2018 che è attualmente in corso (termina il 30 Settembre), ho pensato di mettere nero su bianco qualche consiglio visto che sono un usufruitore di playtest di livello hardcore. L'articolo è stato ideato per essere letto da creatori di giochi, ma dopo averlo scritto credo che sia utilissimo anche per i playtester - benché sia forse più utile in questo senso l'articolo dell'amico Francesco Zani.

Cos'è un playtest?

Partiamo dalle basi! Un playtest è una sessione organizzata di un gioco non ancora pubblicato che viene usata per ottenere feedback da giocatori al fine di comprendere meglio la qualità del nostro lavoro - ovvero trovare ciò che funziona e ciò che non funziona. Avete infatti bisogno che qualcuno di esterno al vostro lavoro lo valuti, perché il vostro punto di vista potrebbe essere troppo morbido o severe circa le meccaniche e i contenuti in generale del gioco.

Un Playtest è anche un ottimo modo per valutare il proprio modo di spiegare il gioco. Il mondo dei GDR è molto legato al testo nel senso di «oggetto concreto di una comunicazione» (Ugo Volli, Manuale di Semiotica, p. 60)quindi anche il discorso che prepariamo è fondamentale perché sarà anche il modo con cui altri giocatori spiegheranno il vostro gioco. A volte una critica dura portata dai giocatori non viene considerata perché c'è stato un errore di comunicazione nella presentazione del gioco: una regola spiegata male o in modo incompleto può generare così un feedback fallace.

1) Il playtest richiede proattività

L'atteggiamento ideale per il playtest si riassume in soldoni con due accorgimenti che riassumerei con essere proattivi, ovvero (a mio parere) l'insieme di tre atteggiamenti:

Playtest Proattivo Storie di Ruolo

Prima e durante il playtest

2) Quando si è pronti per un playtest?

Mai.

O meglio, per voi sarà così. Avrete voglia di portare il vostro "bimbo" tra le fauci dei playtester solo quando tutte le regole sono a posto, ogni valore è bilanciato, i documenti sono impaginati bene... ci sarà sempre qualcosa che per voi è così fuori posto da impedirvi di testare il gioco! Combattete questa sensazione, non è mai troppo presto per playtestare! 😀

D'altro canto, è essenziale arrivare al playtest con un programma e un certo livello di giocabilità, il quale è difficile da definire in maniera generica. Ogni gioco, ogni designer, ha esigenze e metodologie diverse, ma in generale indicherei almeno quattro elementi necessari per un playtest, ispirati dai sistemi presentati da SocratesRPG:

Cercate, se possibile, di arrivare con tutto il materiale pronto. Se il vostro gioco ha dei personaggi da creare al momento, siete avvantaggiati; altrimenti, se il gioco prevede personaggi pregenerati, dovrete crearli stando attenti a coprire tutti i ruoli principali che il gioco permette di ricoprire - quindi, se avete tempo, preparate personaggi in numero maggiore rispetto ai giocatori, così che essi possano capire il ventaglio di opzioni che più o meno avete in mente.

3) Evita la Crisi delle Basi

Prima di giocare, ripassate le regole da testare e ricordatevi le modalità con cui le avete fatte funzionare. Utilizzate lo stesso metodo per presentare il gioco e siate sicuri delle procedure, perché spesso capita alla prima giocata di attraversare quella che chiamo la Crisi delle Basi.

Questa sensazione può presentarsi in realtà tutte le volte che definite in modo irrevocabile qualcosa del vostro gioco: la nostra mente può portarci a dubitare che quanto scritto sia effettivamente giocabile. Iniziamo ad avere dubbi sulla originalità del nostro prodotto, sulle funzionalità delle meccaniche, sull'apprezzabilità dell'atmosfera... insomma, su tutto ciò che è base del nostro prodotto.

Abbiamo dubbi perché teniamo davvero all'impressione che il gioco darà di noi. Come se il gioco fossimo... noi.

Spesso la Crisi delle Basi è generata da una istantanea risposta dei giocatori ad una meccanica del gioco: questo può creare una situazione di panico immotivato semplicemente perché non ci aspettavamo tale reazione. Per questo motivo, chiedete di rimandare ogni osservazione sul gioco alla fine. Fornite ai vostri playtester un foglietto su cui appuntarsi osservazioni e critiche per dopo e, mentre sondate il tipo di divertimento provato al tavolo (vedi i prossimi consigli), i giocatori potranno rivelarvi meglio cosa ne pensano senza ostacolarvi e costruendo magari un discorso più coerente e di maggiore utilità. Rimandare le osservazioni serve anche per visionare bene il flusso di gioco: se ogni scena vi fermate a criticare, infatti, diventerà difficile comprendere se l'incastro tra le varie meccaniche e il ritmo di gioco è quello che volevate.

Dopo il playtest

In generale, consiglio a tutti di fornire appena finito il playtest un documento di feedback. Noi di Storie di Ruolo ne abbiamo creato uno per le fiere, se volete potete usarlo e vi forniremo i dati ottimizzati per un futuro utilizzo.

4) Interpreta al meglio i feedback

Leggere i feedback può generare non solo una Crisi delle Basi, ma anche un vero e proprio rifiuto per il gioco. Spesso, critiche severe portano una persona ad abbandonare un progetto - e spesso è l'autore del gioco a definire in modo soggettivo se una critica è per lui severa o meno.

Quando arrivi al tavolo dei feedback, ricordati dunque di non perderti d'animo e di non buttare via tutto il lavoro che hai fatto. Le critiche servono per crescere e anche se una sessione di playtest è andata male, è comunque un passo in più verso l'obiettivo di un gioco funzionale. In altre parole, quello che (soggettivamente o oggettivamente) è visto come un passo falso, è in realtà una normale fase del processo di creazione.

L'importante è che tu riesca a interpretare i feedback in modo neutro (a questo serve un singolo documento di feedback da sottoporre alla fine) e con una certa arguzia. Considera ogni aspetto del feedback: l'ordine con cui si presentano le informazioni, quante parole vengono usate, su cosa si focalizzano maggiormente, eccetera. Cerca di tradurre anche eventuali soluzioni proposte in coordinate per individuare cosa non funziona: infatti, sei tu che devi decidere come risolvere, non loro.

5) Abbraccia il fallimento

Considera che puoi fallire. Il tuo playtest può risultare in un totale Fiasco fallimento, ma anche questa... è una vittoria! È difficile considerare una sessione in cui ogni meccanica non si è incastrata a dovere come un passo verso il successo, ma è così: fa parte del processo intuire cosa non funziona nel gioco e risolvere il problema. E se il problema è il 60%+ del gioco, poco male! Avrai sicuramente più chiare le idee su come approcciare i problemi dopo il playtest rispetto a prima.

Però, attenzione: abbraccia il fallimento che esiste, non quello che credi che esista. Soppesa bene le critiche al tuo gioco, specialmente ripensando a cosa è successo durante la sessione. Potresti scoprire che una certa regola ha "fallito" solo perché spiegata male o non supportata dalle altre, quindi quella regola non è da togliere. Al contempo, ci sono meccaniche a cui sarai affezionato che dovrai, purtroppo, accettare di rimuovere dal gioco...

6) Non essere troppo protettivo

...e per questo non devi essere troppo protettivo. In particolare, evita di mostrarti come una muraglia inespugnabile - al di là del fatto che tu sia incline ad accettare o meno una critica. Infatti, quando reagiamo in modo un po' stizzito e protettivo nei confronti del nostro gioco, i playtester potrebbero interpretare la reazione in modo risentito e questo porterebbe a due gravi inconvenienti.

Un playtester che vi vede iper-protettivi smetterà di fornirvi feedback. Noi vogliamo che loro ci parlino, ma quando le loro obiezioni vengono puntualmente rimandate al mittente senza alcuna spiegazione o ragionamento, la buona volontà dei giocatori si perde. Piuttosto cercate modi morbidi per chiudere la faccenda, basta un "ok, me lo sono segnato, vedremo come risolverlo".

In secondo luogo, è possibile che reagire in maniera dura ad una critica generi pregiudizi. Questo perché il playtester non sa se noi andremo davvero a modificare il gioco o meno su una data regola che non gli garba, andando così a generare un ciclo di supposizioni tale per cui il vostro gioco verrà visto in modo negativo per la presenza di quella regola. Non importa se poi, giorni dopo, l'abbiamo sistemata sulla scorta di un ripensamento dei feedback: fare muro trasmette l'idea che quell'elemento non verrà modificato e, quindi, che il gioco sarà disfunzionale proprio a causa di questo.

7) Specifica il divertimento

Questo punto è fondamentale. Le persone che si siedono a giocare ad un playtest non vogliono spesso qualcosa di diverso rispetto ad una sessione standard: vogliono divertirsi. Il problema, come ho segnalato in altri post, è che questa parola per noi designer è totalmente inutile. Uno giocatore può essersi divertito per le battute di un compagno, perché le meccaniche hanno girato bene, perché il PG era fico, perché i dadi hanno creato scene comiche... e noi potremmo non sapere mai tale motivazione.

Non fate l'errore di accontentarvi di questo generico "divertimento" e a fine sessione chiedete specifiche direttamente. Non aspettate il modulo feedback, perché quello tende a fornirvi dati freddi e giustamente atti a fare dei calcoli statistici. Io vi consiglio di usare la teoria dei Piaceri (o dei Type of Fun, a seconda del testo che usate) di Marc LeBlanc e di chiedere ai giocatori di specificare sempre cosa intendono con "divertimento".

Piaceri Tipi di Divertimento Marc LeBlanc Game Design Storie di Ruolo

Fonte: slide di Game Design di Marco Faella, Università di Napoli. Clicca per accedervi.

Questo ci permetterà di inserire il gioco in uno degli otto tipi di LeBlanc, fornendoci così molti più dati utili: sapere che un giocatore si è divertito perché ha apprezzato le sfide e il sistema della difficoltà del gioco è ovviamente oro colato per noi che dobbiamo playtestare!

8) Non puoi accontentare tutti

A volte, i giocatori ti forniranno critiche di questo tipo: "ah, senza questa meccanica il gioco non funzionerà mai" "se non metti questa regola qui il gioco è rotto". In questi casi, valuta sempre se la critica in questione non nasconde il desiderio di un fan di un altro gioco perché può essere che egli stia proiettando sul tuo progetto quello che gli piace di più di un altro prodotto. E tu non puoi accontentare i fan di altri prodotti.

Diffida anche dalla tendenza di incorporare in maniera istintiva non solo nuove meccaniche proposte dai giocatori che riscontrano il tuo piacere, ma anche regole adattate da altri giochi. A volte, il playtest si trasforma in una gara volta a soddisfare il palato di tutti... ma questo è impossibile! Nessun gioco può accontentare tutti i tipi di giocatori e tutti i fan di ogni gioco. Anzi, questa direzione è quella perfetta per la distruzione del tuo progetto.

Devi valutare quindi i feedback che ti propongono aggiunte o rimozioni sulla base della loro funzionalità rispetto al gioco che hai proposto - e solo rispetto a questo. Se dovessimo implementare ogni idea interessante o meccanica geniale che vediamo nel nostro prossimo gioco, non concluderemo mai nulla. La tendenza sarebbe quella di inglobare costantemente senza però terminare i contenuti reali del gioco.

9) Tu hai l'ultima parola sul gioco

Infine, l'ultimo consiglio spassionato. Qualsiasi siano le critiche e i feedback che ti forniscono, tu sei il lead designer del tuo gioco. Con tutti i diritti di modifica e le responsabilità che incombono insieme a questo ruolo, ovviamente. Sei tu che devi avere l'ultima parola sul gioco, il che non significa che tu debba avere l'ultima parola del dialogo dopo il playtest. Significa che valutare i feedback e decidere come agire sta a te (o a voi, se siete più autori), nella tua stanzetta delle meraviglie, nel tuo studio, nel tuo ufficio.

Cerca di separare la fase della risoluzione dei feedback da quella della raccolta, perché spesso tendiamo a cercare di giustificarci coi playtester e inconsciamente stiamo già sistemando il gioco. Sarebbe anche cosa buona e giusta lasciar decantare un po' le informazioni ottenute: una bella dormita o un breve periodo di distanza dal mondo del game design (30-60m) aiuta molto a districarsi tra tutti i feedback. E nel farlo, lì di fronte a loro, tendiamo a sembrare chi ha l'ultima parola. Cosa veritiera - ma loro non lo devono sapere.

Buon playtest a tutti!

Daniele

Ciao a tutti e bentornati su Storie di Ruolo! Oggi vi scrivo sia come blogger che come autore de Le Notti di Nibiru, primo gioco di ruolo basato sul sistema di Luca De MariniDestino Oscuro 2! L'occasione è presto detta: è recentissima la fine del Kickstarter di Augusta Universalis, un gioco ambientato in una Roma futuristica e spaziale basato appunto su Destino Oscuro 2, che ha spaccato i cu fatto sfaville! Più di 9000€ raccolti, molti obiettivi sbloccati, tra cui nuove avventure. Ma per festeggiare tale occasione non volevo fare la classica recensione o anteprima, perché io ADORO questo sistema e sarei stato di parte.

Così ho pensato di restituire qualcosa di quanto ho imparato con il mio gioco e questo sistema, qualcosa che potesse aiutare anche chi si avvicina ora a Le Notti di NibiruAugusta Universalis. Riflettendo bene, l'elemento che ho apprezzato di più del sistema di Destino Oscuro 2 è stato proprio l'avermi spinto a riflettere su come costruire one-shot e archi narrativi, qualcosa che spesso mi chiedono i giocatori e master che incontro.

Dunque, ecco qualche pensiero sul tema!

Le avventure in Destino Oscuro 2

Per Le Notti di Nibiru abbiamo prodotto quattro avventure: una è inclusa nella Guida Rapida, due nel Tomo Segreto (esclusiva per chi ha fatto il Gamebooster) e un'ultima per il Free RPG Day di quest'anno. Dalla prima avventura che ho scritto all'ultima, il mio approccio al gioco di ruolo è cambiato molto, anche perché DO2 si propone di fare qualcosa al tavolo che è molto vicino a come masteravo o narravo io le avventure:

In questo senso, è stato un piacere scrivere il Capitolo del Narratore per il regolamento, perché ho potuto fornire ai Narratori una serie di strumenti che credo siano concretamente utili per narrare, più una plancia chiamata Sincrogramma dove gestire tutti gli spunti di gioco e le storyline che nascono dalle partite.

Per questo motivo, dopo aver preso spunto dalle ottime avventure di un manuale di Destino Oscuro 1, Esper Force 5012, ho deciso di virare la mia creazione di avventure in generale verso il concetto di Scenario.

Uno scenario è uno scenario che è un'avventura

Qualche avvertenza ai naviganti. I contenuti da me presentati in questo post rappresentano mie personali idee su come si crea uno Scenario, o meglio su come giocare a Destino Oscuro 2 mi abbia portato a ripensare questo atto. I termini che utilizzo sono stati scelti da me prendendo spunto da ambiti che conosco bene: lo storytelling, il game design, la narrativa in generale. Tuttavia, non è detto che in futuro questi termini appariranno in scenari di Le Notti di NibiruDestino Oscuro 2, ma sono da intendere come parole per addetti ai lavori. Insomma, sono un modo per capirci tra di noi: una volta che chi scrive l'avventura ha usato questi termini, essi scompaiono dall'avventura stessa. Non serve che il narratore li impari, anzi, sarebbero un sovrasistema probabilmente troppo pesante.

Il titolo di questo paragrafo è per dirvi che uno Scenario è un po' la scoperta dell'acqua calda, ma è comunque un concetto di design che sto esplorando da molto tempo e che credo funzioni. Anziché preparare l'avventura per percorsi obbligatori e facoltativi, o come ambiente in cui fare esplorazione sandbox, il mio concetto di Scenario è una cassetta per gli attrezzi pronta per imbastire da semplici one-shot fino a brevi campagne (Archi Narrativi in Nibiru). Consiste infatti in una serie di dati certi, prefissati, ma non nel loro utilizzo, quanto nel loro contenuto: il Narratore dispone di tot informazioni, ma li assemblerà a discrezione!

Certamente, questo approccio può essere difficile: in che modo il Narratore dovrà usare gli strumenti? Come potrà innestare lo Scenario nelle sue sessioni? A questo servono gli Spunti di Narrazione, idee che vengono proposte affinché un Narratore possa innestare lo Scenario in campagne già avviate o presentare il tutto come una one shot.

Così, per mantenere uno Scenario il più possibile semplice e gestibile, ho creato un sistema a quattro elementi:

Forze dell'Avventura

Una forza è un elemento che può essere sia un preambolo (spinta) che un richiamo all'azione (strappo). Un'idea per un'avventura di Augusta Universalis che ho nel cassetto parla ad esempio di alcuni scontri a fuoco avvenuti attorno a un piccolo e dimenticato avamposto spaziale vicino a Europa, la luna di Giove; alcuni Pretoriani arrivati a controllare sono stati costretti a fuggire perché chiunque li abbia attaccati aveva dell'artiglieria esotica, armi mai viste prima.

Una delle Forze dell'avventura è il Pontifex Gregorius Dominat, studioso di armi antiche che ha fatto una valutazione dell'artiglieria dell'avamposto pretoriano e l'ha categorizzata come X+, cioè "di estremo valore". In sé questa Forza è solo un dato statico, non attivo nella partita giocata, ma il Narratore può farne un Preambolo o un Richiamo.

In altri termini, un preambolo è qualcosa o qualcuno che non partecipa in prima linea allo scontro, ma ci manda i PG; un richiamo, viceversa, è direttamente coinvolto e attira i PG a sé. Una forza usata come preambolo spinge i personaggi verso il conflitto, mentre una forza usata come richiamo è già parte di esso e li attira. La possibilità di combinare preamboli e richiami permette di creare facilmente la situazione iniziale di un'avventura – basta metterne un giusto numero, né troppi né pochi.

Augusta Universalis Le Notti di Nibiru Forze Scenario Destino Oscuro 2 Storie di Ruolo

 

Materia dell'Avventura

La materia dello Scenario riunisce in sé tutto ciò che è "carne sul fuoco": luoghi, eventi passati, personaggi, oggetti – insomma, tutto ciò che un Narratore dovrebbe poter utilizzare quando ha impostato lo scenario! Rispetto allo Scenario per il Free RPG Day, L'Inganno di Elide, questa parte del mio metodo è cambiata notevolmente: per evitare l'effetto "sandbox" per cui si deve per forza costringere i PG in un luogo ristretto, ho provato a generalizzare la Materia come "ciò che la Storia toccherà necessariamente all'interno del setting". In questo senso, la discriminante per capire quali luoghi ed elementi descrivere cambia: vengono riuniti nella materia tutti quei luoghi che sarebbe interessante andare a visitare, così come tutti quei PNG, oggetti ed eventi di cui sentiremo parlare. Tuttavia, nella descrizione degli stessi non andremo mai a tessere dei legami preventivi, ma ci limiteremo a descriverli così come esistono, nell'hic et nunc.

Nell'esempio di prima, non è necessario limitarsi come location al solo Avamposto di Europa, e neanche è necessario descriverlo tutto. Ciò che ci serve è avere sottomano quei luoghi che ci risultano interessanti: l'ufficio di Dominat sulla Terra, ad esempio, o l'astronave che porterà i PG verso l'Avamposto. Di quest'ultimo, andremo a dettagliare solo alcune parti: la zona d'attracco delle astronavi, l'Armeria, la zona "sicura" dove Dominat potrebbe essersi rifugiato (o potrebbe rifugiarsi in seguito) e la Plancia di comando. A guidarmi è la sete di scene, l'idea che se si va verso quel luogo è possibile che ne nasca qualcosa di interessante per me e per i giocatori, qualcosa che voglio vedere giocare.

Focus dell'Avventura

Il focus rappresenta l'elemento centrale dello Scenario: il segreto da scoprire, il mistero da svelare, l'oggetto da recuperare. Come Narratori dobbiamo però ricordarci che il focus può anche essere una tematica o un vero e proprio tema, come la vendetta, l'amore o l'onore - o anche qualcosa di più specifico, ad esempio cosa saresti disposto a sacrificare per raggiungere la tua vendetta. È possibile avere anche più focus, vuoi perché lo Scenario sottende ad una lunga avventura oppure perché non vogliamo pre-determinarne la fine e il nucleo centrale: è sempre divertente vedere i giocatori scegliere in modo emergente su cosa focalizzarsi!

Costruire uno Scenario attorno ad un focus concreto è semplice: basterà far sì che qualcosa di tangibile sia il fulcro attorno a cui ruota l'azione. Nell'esempio dell'Avamposto di Europa, il fulcro è rappresentato da due elementi: chi occupa la stazione e chi ha fatto strage di Pretoriani. Potrebbero essere la stessa persona, ma per ora non lo decreto; saranno i giocatori a valutare se è più interessante l'Avamposto come terreno d'esplorazione (magari procedendo verso atmosfere più alla Doom), oppure l'artiglieria e chi la usa.

Voler inserire dei focus tematici, in realtà, non è così difficile: l'avventura che vi sto proponendo come esempio è nata proprio da una soluzione di quel tipo. Non voglio svelarvi nulla, quindi leggete lo spoiler a vostro rischio e pericolo.

[spoiler title='Spoiler' style='default' collapse_link='true']L'Avamposto dimenticato è nella mia idea abitato da un vecchio Pretoriano che non ha saputo della fine della Guerra dei Mondi e ha continuato a fingere che la stazione fosse stata distrutta - in effetti non è in buono stato. Il focus è quindi l'onore che perdura verso la propria nazione fino alla morte, dubitando anche di tutte le notizie contrarie a quanto si pensa. Questo potrebbe fungere da leva per quei Personaggi con un background che sviluppa atteggiamenti di ribellione con la gerarchia.
Un altro focus astratto è anche la percezione della realtà: nella mia idea il Pretoriano e l'intero Avamposto sono di un'altra dimensione! Un mondo parallelo in cui la Guerra dei Mondi ha visto la vittoria delle Colonie Spaziali contro l'Impero; una distorsione spazio-temporale ha traslato nella dimensione di Augusta Universalis l'Avamposto, del tutto simile ad una vecchia stazione che sorgeva proprio in quel luogo. La stazione potrebbe così avere al proprio interno portali spazio-temporali o distorsioni che permetterebbero di creare scene di flashback dei Personaggi, racconti di confusi elementi del passato e notevoli spunti per futuri Archi Narrativi.[/spoiler]

Augusta Universalis RPG Intervista Storie di Ruolo Tre Pretoriani

Parabole dell'Avventura

Concludono lo scenario le parabole, che sono storyline ipotetiche da intendere anche come andamento del pathos della narrazione. Con pathos intendiamo qui il rapporto tra il giocatore e il suo personaggio, che verrà messo in pericolo dallo Scenario concentrandosi sulla tensione oppure sulla ineluttabilità del rischio. Con il termine parabola, infatti, voglio identificare proprio un disegno a parabola. Immaginate una corda che viene fatta ruotare da due bambini: la Parabola è quella, il ritmo e l'atmosfera dello Scenario, che sale o scende a seconda degli eventi. Io identifico il punto massimo e minimo della "corda" con qualcosa di preciso, tra l'altro.

Se una parabola è scritta per "salire" sempre di più e poi diminuire, ciò che aumenta è il conflitto, il livello di pericolo (action/sublime) percepito perché è palpabile; quando la parabola scende, significa che inizia il confronto a viso aperto con il nemico. Se invece la parabola scende, aumenta invece la tensione, il livello di "conseguenze nefaste" che non si riescono a prevedere a cui si potrebbe andare incontro (introspettivo/infimo): la consapevolezza dei PG diventa sempre meno, fino a scivolare allo zero, per poi risalire quando il nemico inizia a mostrare la propria presenza.

Ciò che deve essere chiaro è che ciò che sale, poi scende: ci deve essere un momento di semina e uno di raccolto, uno in cui avviene qualcosa di un certo tipo e subito dopo ti presenta il conto.

Le forze hanno già di per sé una naturale tendenza a costruire una o più parabole. Riprendiamo le forze illustrate nel post:

Come vedete, usare le parabole permette anche di giocare con gli stili, di ipotizzare avventure più action laddove è il conflitto (l'attrito tra storie e personaggi) a salire, mentre altre più meravigliose introspettive quando è la tensione a portare i personaggi dall'assenza alla presenza di consapevolezza. I focus tematici possono aiutare su quali siano le linee più interessanti da seguire, poiché non essendo legati ad un elemento concreto tendono ad aiutare la scelta di parabole: se mi focalizzo sull'onore, probabilmente avrebbe senso creare una storia di conflitto; invece, una tematica come la vendetta si presta bene anche a storie di tensione.

Scrivere per raccontare vs. Scrivere per ispirare

Un'ultima raccomandanzione che faccio è un consiglio che funziona anche per aspiranti creatori di mondi per giochi di ruolo, anche all'interno del mio attuale progetto di consulenza (incentrato sia sul worldbuilding che sul game design). Si cerca spesso di creare ambientazioni fatte in casa, setting homemade che possano incontrare il palato dei propri giocatori; uno Scenario di fatto altro non è che una micro-ambientazione entro cui far scorrazzare i personggi e i giocatori al fine di far emergere qualcosa (o esplorare l'ignoto).

Quando scrivo uno Scenario o una parte di un manuale devo sempre però ricordarmi che non sto raccontando qualcosa: non posso infatti permettermi di mettere le parole in bocca o le idee in testa al Master, Narratore, Giocatore di turno. Anzi, l'approccio deve essere una scrittura che permette di dare spunti affinché poi siano loro autonomamente a creare qualcosa. Si parla quindi di una scrittura che fornisca ispirazione, non che dia tutte le risposte del caso: i giocatori devono poter costruire sopra alla mia ambientazione qualcosa che sia loro, altrimenti non staranno giocando di ruolo, ma solo vivendo un romanzo a puntate che ho scritto - nulla di male se accade, ma spesso ambientazioni così chiuse non affascinano molto i giocatori.

Per questo motivo, il mio consiglio è quello di sospendere le trame. Non cercate cioè di rispondere ad ogni domanda che lo Scenario pone: rispondete solo a quelle interessanti e lasciatevi sempre aperte delle trame, delle porte nella storia, affinché sia chiaro che non stiamo fruendo un romanzo sottoforma di gioco. Fatevi sorprendere dalla stessa trama che avete imbastito, creando così possibilità per molteplici finali.

Parleremo magari più in dettaglio di questo argomento in un post dedicato, perché il tema è grande e solo tangenziale a quello di questo post.

Le Notti di Nibiru Edsi Aldebaran Gioco di Ruolo Acchiappasogni Destino Oscuro 2

Futuri Scenari per Destino Oscuro 2

Il futuro per Destino Oscuro 2 mi sembra più che mai roseo. Quest'anno sarò presente a Lucca Comics & Games con la seconda espansione de Le Notti di Nibiru, ma ci saranno anche Marzio e Luca con Augusta Universalis. Gira anche voce della possibilità di vedere, un giorno, un manuale di Destino Oscuro 2 come ambientazione light per permettere a tutti di usare il sistema e creare i propri mondi: personalmente, lo ritengo una prospettiva utile per esplorare nuovi mondi, nuovi strumenti del Narratore e nuovi Scenari. Non vedo l'ora!

Daniele Fusetto

Premessa al lettore

Te ne accorgi, quando succede. Te ne accorgi perché ti lascia dentro Qualcosa. Qualcosa di vero, di importante, di potente. Si agita inquieto rimbalzando tra il cervello e il cuore, cercando il modo di essere detto, ma non si può dire. Non del tutto.

Con questo criptico incipit sto cercando di offrire a voi lettori uno sguardo su un momento importante di gioco e di vita che ho avuto l’occasione, l’onore e in una certa misura il dovere, in quanto essere umano, di vivere e - qui ancor più forte calco l’accento sul concetto di tentativo- di articolare la riflessione complicata e intensa che ne è conseguita. Non ho la pretesa di essere chiara a voi tutti, difficilmente questo sforzo razionale riuscirà ad essere realmente esaustivo, cionondimeno spero che le mie parole possano veicolare anche solo un po’ di ciò che mi sono portata a casa da questa mia EtrusCon estiva.

Pride March, Londra, 1974

Un Salto nel Tempo

Sabato 18 Agosto 2018 ho cenato al Royal Palace Hotel di Montecatini Terme e poi questa data così curiosamente infarcita di 8, ha smesso di esistere.

Mi sono risvegliata in Christopher Street, Greenwich Village, New York City.
Mi sono risvegliata nel tiepido Giugno 1969.
Mi sono risvegliata lesbica e quindi malata.

Dirvi che ho giocato a Stonewall 1969 - Una storia di Guerra, gioco in play test dell’ottimo Stefano Burchi è davvero troppo riduttivo, lo dirò solo perché se dovesse capitarvi di incontrarlo ad una Con, è un’esperienza che dovreste provare (e poi, se vi capita, rileggere questo articolo). Il gioco mutua e innova le meccaniche da Montsegur 1244, rpg ambientato nella persecuzione contro l’eresia catara nel quale un gruppo di personaggi legati da un forte sistema di relazioni si trovano ad affrontare l’assedio crociato e l’avvicinarsi della scelta tra l’abiura o la morte sul rogo.

Non ho mai giocato a Montsegur, ma per quanto concerne Stonewall la narrazione si divide in un prologo, cinque atti (di cui il secondo e il terzo centrali e più corposi contengono il vero cuore del narrato) e un epilogo. Nel susseguirsi della narrazione i personaggi, tra loro legati, impostano scene con un flavour preciso che ci viene suggerito dalla guida attraverso la quale si passa da un atto all’altro. Il gioco offre, inoltre, una serie di informazioni storico-social-culturali sull’America degli anni ‘60, finalizzate a sconfiggere l'iniziale “pagina bianca” che -volente o nolente- rischia di frapporsi tra noi e questa esperienza. Dico volente nolente, perché tra voi e il vostro personaggio esistono molti gradini di distanza; nel mio caso sono stati tre: epoca, identità e timore reverenziale perché si, ci sono questioni che ho molto a cuore e non voglio “sgonzare”, nemmeno per sbaglio. Ora, dopo esserci passata attraverso, ringrazio questi gradini che mi hanno aiutata, in seguito, a ritornare in me, -nel 2018 a Montecatini- e abbracciare i miei compagni di gioco come se fossi una sopravvissuta.

Dal "Know" al "Live"

Non mi soffermerò troppo a parlarvi delle meccaniche del gioco: in primo luogo perché non credo di avere la competenza per farlo, secondariamente perché non credo che siano ciò che davvero conta in questo qui ed ora ai fini della mia riflessione. Mi limiterò a dirvi che ho apprezzato in particolar modo il patto che si stringe ad inizio partita con tutti gli altri giocatori al tavolo, un "Io non ti lascerò" con cui ci si prende un impegno nei confronti degli altri che a loro volta si impegneranno con noi a portare avanti il gioco toccando corde emotive molto profonde, ma sempre con rispetto e attenzione. Anche le meccaniche di safety sono molto azzeccate, mi sono trovata a chiamarne una in corso di partita quando la botta emotiva è arrivata tutta d'un colpo, inaspettata e le lacrime sono scivolate via mentre, senza avere nemmeno il tempo di pronunciarla compiutamente, mi sono esplose dentro la pesantezza e la forza e il dolore di una promessa dall'esito incerto.

Stonewall 1969 ha questo pregio enorme: nel corso di una partita ti porta dal "To Know" iniziale, in cui ti fornisce informazioni reali, storiche, documentate e rintracciabili in video di repertorio, testi scolastici degli anni '60, memorie storiche di luoghi, locali, associazioni e corpi realmente esistiti etc etc.. al "To Live". Non è solo un "To Feel" e un "To Bleed", benché la trasformazione passi -inevitabilmente- attraverso questi step, ma è proprio un dimenticarsi di essere personaggio, dimenticarsi di quella distanza inizialmente avvertita (come detto), per il fatto stesso che i personaggi di Stonewall chiunque essi siano e ovunque essi siano o siano stati -in ultima analisi- non sono niente di diverso da noi. Ed io avrei potuto essere Theresa. Lo sono stata. Forse -un po'- lo sono ancora.

Questo passaggio avviene fluidamente nell'arco di una partita, non ve ne accorgerete nemmeno, ma infondo alla partita avrete dimenticato il dato storico iniziale: non saprete a memoria cosa è successo la notte tra il 27 e il 28 Giugno 1969, ne conserverete un ricordo come accade quando si partecipa a qualcosa. Certo, è una partecipazione protetta. Certo, nessuno di noi dovrà fare i conti con il carcere dopo aver giocato, ma avrete una consapevolezza diversa.

Lo Stonewall Inn ieri e oggi

"...E sono guarita"

l'Epilogo del gioco ci porta a capire cosa ne è stato del nostro personaggio dopo essere stato parte dei Moti di Stonewall. Si è arreso? Ha lottato? Si è accettato? E' sulla strada per farlo? La partita si apre, per ognuno, affermando di essere malati, e si chiude, tra i possibili esiti, affermando di essere guariti. Dirlo a voce alta è stato liberatorio, in una certa misura come se la catarsi dell'esperienza avesse "guarito" anche me giocatrice.

Credo fermamente che, con un uso appropriato, questo gioco potrebbe essere una spinta verso la guarigione da molte idee sbagliate che ammorbano -purtroppo tutt'oggi a distanza di quasi mezzo secolo- la nostra società. Sono convinta che possa riuscire in ciò in cui altri medium hanno fallito perché risponde ad un problema che sento particolarmente vivo al giorno d'oggi: l'incapacità di emozionarsi. Se fino a non molto tempo fa l'esposizione alla crudeltà era sufficiente a dare scandalo e colpire nel segno, oggi non ci tocca più allo stesso modo e non basta più a sollecitare un'emozione, siamo in qualche modo assuefatti, semmai diciamo "che schifo" di fronte ad un immagine che ci disturba e passiamo oltre, questa non supera la barriera dei sensi per arrivare al cervello e ad una razionale presa di coscienza: sarebbe un processo troppo lungo che richiederebbe un eccesso di sensibilità tale da non essere consentito in un ambiente non protetto.

Stonewall, invece, non ti permette di passare oltre e lo fa con grazia, si esime dalla pornografia della violenza, non ti mostra una persona a terra con il labbro spaccato e sanguinolento, ma ti inietta direttamente nel sistema nervoso il senso di impotenza e sopraffazione indotti dallo spintone e dal cazzotto sul viso. Quella persona sei tu.  Al contempo ti fornisce un ambiente protetto in cui questa epifania emotiva sia consentita, nessuno la userà mai contro di te. E questa credo sia la via. Storie di Ruolo non fa politica: si occupa di gioco, di narrazione e di storie. Infondo infondo di persone, perché sono le persone ad inventare le storie. Ci piace pensare che un giorno verrà scritto il punto del lieto fine anche di questa.

Sarebbe un ottimo arco di trasformazione del Mondo.

Buonsalve a Tutti
Nené

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