Ciao gente! Qui è Ivan con il quarto articolo del Kit di Sopravvivenza. Oggi vi propongo una chicca d’oltreoceano: vi ho tradotto Get that game going, un opuscolo scritto nel 2001 dal game designer americano Ron Edwards e pubblicato in appendice al suo gioco Sorcerer & Sword (mai arrivato in Italia). Tempo fa ho sfogliato una copia di Sorcerer & Sword, ho letto l’opuscolo, e ho pensato “Porco Giuda, è vecchio di 16 anni ma dice un sacco di cose sensatissime!”; molte mail dopo, ho ottenuto da Edwards il permesso di tradurlo e pubblicarlo, e ora ve lo presento arricchito dalle mie note personali (in spoiler, così non disturbano la lettura). Allacciate le cinture, che si parte!
Metti in moto quel gioco
(di Ron Edwards; tradotto da Ivan Lanìa; revisione di Edoardo Cremaschi e Alex Grisafi)
Parliamo di una lamentela perenne del giocatore di ruolo medio: “a quanto pare non riesco a trovare un buon gruppo”. Dal mio punto di vista, i buoni gruppi di gioco di ruolo non si trovano, si creano. Il gioco di ruolo è un hobby fantastico e per praticarlo con successo, in termini di divertimento, bisogna crearsi un contesto sociale adatto, mettendoci impegno e cura. Non puoi “metterti a giocare e basta”, proprio come non puoi mettere assieme in due secondi una squadra di calcio, una band, o un gruppo di attivisti politici.
[spoiler title=” style=’default’ collapse_link=’true’]Questo è autoevidente: giocare di ruolo è un’attività sociale, e le attività sociali vanno bene se c’è sintonia fra i partecipanti. Non per forza bisogna essere amici da una vita, ma c’è bisogno almeno di serietà e rispetto reciproco.[/spoiler]
Come molti cambiamenti costruttivi del proprio modo di fare, imparare a creare un buon gruppo richiede che si abbandonino certi preconcetti. Nel nostro caso, si tratta dei seguenti:
- Più giocatori siamo, meglio è.
- Più a lungo dura il gioco e meno si indirizza verso una conclusione, meglio è.
- Il GM deve stabilire il gioco da usare, e non lo cambieremo mai.
Se abbandoni questi preconcetti, le cose miglioreranno. Se non stai cercando una folla immane di persone, e non pretendi di avere per le mani il Gioco Definitivo Perfetto, da giocare fino alla fine dei tempi, avrai impostato la creazione del tuo gruppo entro termini realistici.
[spoiler title=” style=’default’ collapse_link=’true’]Lo so, molti di voi obietteranno di aver giocato per 10 anni una campagna di AD&D in 5 PG +DM. Non lo metto in dubbio, ma vi assicuro per esperienza che, per ogni campagna pluriannuale che va bene, mille altre naufragano per traslochi, assunzioni, figli e divorzi… e intanto ogni partecipante si è fatto una pila di GDR mai aperti. Perché fissarsi su un modello che, nella pratica, non funziona quasi mai? È molto più produttivo giocare spesso a partite brevi, provare tanti giochi e cambiare gruppo se necessario.[/spoiler]
Qui ci sono altri punti da tenere in conto:
- Incontratevi prima della sessione di gioco. Ciò vuol dire iniziare non con un “Venite e iniziamo a giocare”, bensì con un “Venite, pranziamo assieme e chiacchieriamo.” Incontratevi, rilassatevi e interagite in quanto persone. Chiedi agli altri cos’è, secondo loro, lo scopo del gioco di ruolo (al di là dell’ovvio “divertirsi”), fa’ esempi concreti di cosa ti piace e non ti piace nei GdR, e ascolta le loro opinioni. Parlate dei libri o film che vi piacciono, e di come i loro elementi possano essere riprodotti in stili e metodi di gioco di ruolo.
[spoiler title=” style=’default’ collapse_link=’true’]Questo è il punto di partenza per costruire un gruppo sano: non è obbligatorio essere così intimi da considerarsi amici, ma per essere compagni di gioco assidui bisogna essere più che completi estranei: servono un certo grado di simpatia e intesa intellettuale.[/spoiler] - Non sparare lessico tecnico a tutto spiano. Buona parte delle persone con cui ho parlato io riesce a seguire bene un uso moderato della Teoria GNS, ma sconsiglio l’uso del lessico tecnico vero e proprio – per spiegarti, ricorri a esempi concreti.
[spoiler title=” style=’default’ collapse_link=’true’]La Teoria GNS (Gamismo-Narrativismo-Simulazionismo) è un modello descrittivo di come funzionano i GdR, inventato da Edwards e poi raffinato nel Big Model. Per parte mia, i modelli descrittivi andrebbero usati così: studiali in privato, parlane espressamente con gli altri interessati, con tutti gli altri usa esempi concreti.[/spoiler] - Non fissatevi subito su un certo gioco: concordate una rosa di tre o quattro titoli e sceglietene uno. Porta con te un po’ di manuali e falli sfogliare agli altri. Anche se stai parlando con fan sfegatati di Un Qualche Gioco, instaura una certa libertà di discussione. Magari giocate per qualche sessione a Un Qualche Gioco, e poi provate qualcos’altro per un po’. Chiedi agli altri quali giochi tengono da anni sullo scaffale, in attesa di poterli provare.
[spoiler title=” style=’default’ collapse_link=’true’]Questo passaggio è fondamentale. Giocare per tutta la vita a un unico GdR è come giocare tutta la vita a un solo videogioco o riguardare all’infinito un unico film: ci si nega il piacere che può venire dagli altri innumerevoli film, videogiochi e GdR in circolazione.[/spoiler] - In linea con il #3, pianifica (e descrivi) scenari corti e compatti che si possano completare con soddisfazione in 3-5 sessioni di gioco. Certo, forse sono 15 anni che stai rifinendo quelle 480 pagine di ambientazione originale, ma trattieniti. Giocate in un piccolo angolo dell’ambientazione e vedi un po’ se fra il gioco e le persone ci si diverte. Spiega anche agli altri che non ti aspetti un’eccitante serata di gioco ogni settimana da qui all’eternità, ma, esattamente allo stesso modo, spiega che non stai nemmeno pianificando una semplice partita auto-conclusiva.
[spoiler title=” style=’default’ collapse_link=’true’]Qui si sente che Edwards scrive nel 2001, quando il massimo di sperimentazione erano i GdR da campagne lunghe un mese: oggi il mercato strabocca di GdR monosessione, e ce ne sono in giro di bellissimi. Per parte mia, formare un gruppo fisso e provare ogni settimana un monosessione diverso può essere molto bello.[/spoiler]
- Di’ di no quando necessario. Sii soggettivo e selettivo quanto vuoi nello scegliere i tuoi compagni di gioco. Da sola, la voglia di giocare non è un buon motivo per includere qualcuno – pensa a una band, in cui il musicista meno capace o più irresponsabile, ma anche quello talentuoso che non sa lavorare in squadra, è una spina nel fianco per tutti. Di’ di no, in modo esplicito se è il tuo stile, o anche con finezza – basta non farti più sentire. Un paio d’anni fa credevo di essermi sistemato in un bel gruppo, poi ho realizzato che erano persone tremendamente disfunzionali: ho semplicemente annullato tutto e ricominciato a cercare.
[spoiler title=” style=’default’ collapse_link=’true’]Questa, secondo me, è la regola d’oro. Ho provato sulla mia pelle cosa succede se si ammettono al tavolo da gioco persone ignoranti, maleducate o altezzose: si spazia dai bisticci al puro mobbing. È già brutto dover sopportare persone così sul lavoro o nella vita pubblica, a maggior ragione è fondamentale creare degli spazi ricreativi sicuri.[/spoiler]
- I cosiddetti “giocatori esperti” potrebbero essere giocatori disfunzionali. Cerca invece i giocatori “secondari”, quelli che sanno di apprezzare a pelle quest’attività, ma sinora non sono mai stati davvero soddisfatti. In altri contesti sociali sii sincero sui tuoi hobby, non mostrare imbarazzo e non metterti sulla difensiva, e poi cerca i “giocatori nell’armadio”: persone che davanti ai loro amici ridono del gioco di ruolo, ma poi vengono da te di nascosto e ammettono che 10 anni fa gli piaceva un sacco.
[spoiler title=” style=’default’ collapse_link=’true’]Non so bene cosa intenda Edwards con “giocatori nell’armadio”, ma confermo ciò che dice sui giocatori esperti: per parafrasare il critico letterario Marco Carrara, puoi aver giocato per 20 anni, ma 20 anni di cattivo gioco ti rendono un cattivo giocatore.[/spoiler]
- A livello di rapporti sociali in generale, sii un essere umano civile. Se sei fissato con i modi di fare, di atteggiarti e di esprimerti diffusi fra i giocatori assidui, smettila con quei comportamenti. Ridacchiare, far roteare la testa, parlare con voce nasale per marcare che sei serio… piantala. Quando dici di giocare di ruolo e la gente reagisce male, in realtà sta reagendo all’immagine che trasmetti – spalle curve, sottomesso, servile. Guardali negli occhi e parla lentamente. Studia le arti marziali.
[spoiler title=” style=’default’ collapse_link=’true’]Nel nostro scambio di e-mail, Edwards mi ha chiarificato questo passaggio: nella sua esperienza, molti giocatori di ruolo hanno problemi di ansia e panico e, quando sono fra persone “non nerd”, esprimono questo disagio con atteggiamenti impacciati. Per sua ammissione, il testo è inutilmente aggressivo, ma il messaggio sottostante è valido: “Non cedete a questo disagio, affrontatelo e superatelo. Ne va della vostra dignità come persone.” [/spoiler]
- Questo punto è collegato al #7: potresti provare attrazione fisica per qualcun altro nel tuo gruppo di gioco. Di certo non è un crimine, ma non mettere pressione all’altra persona! Tratta tutti come persone, non come oggetti, e guardali in faccia, sai, “negli occhi”. Alle donne, in particolare, capita tuttora di ritrovarsi in gruppi pieni di comportamenti da adolescenti troppo cresciuti, ma non succede solo alle donne, quindi fa’ sempre attenzione a come ti comporti.
[spoiler title=” style=’default’ collapse_link=’true’]Nel testo originale, questo punto suonava così: “Questo punto è collegato al #7: comunica chiaramente alle donne che (a) non stai cercando di rimorchiare grazie al GdR, (b) non sei un adolescente troppo cresciuto (guardala in faccia quando le parli!), o (c) ti senti a disagio in presenza di una donna. Se una di queste tre cose è davvero un problema per te, mettiti al lavoro per correggerla. Ricorda, se convinci gli uomini a partecipare forse non riuscirai a convincere le donne, ma se convinci le donne convincerai anche gli uomini. ” Edwards ha voluto riscriverlo appositamente per questa edizione italiana: ormai è un dato di fatto che molti giocatori e giocatrici di ruolo sono persone LGBT (compreso il sottoscritto) e un consiglio come questo va formulato in termini inclusivi. Sul fatto che sia un buon consiglio, spero sia autoevidente.[/spoiler]
In conclusione, va’ là fuori e fallo. Non è più tempo di sfogliare vecchi manuali e fantasticare su quanto sarebbe bello giocare sul serio, un giorno lontano. Quest’hobby è figo – rispettalo e mettiti al lavoro per far decollare la tua immaginazione.
[spoiler title=” style=’default’ collapse_link=’true’]Quest’ultima frase la quoto! Se ti importa davvero di praticare un hobby, creati il contesto per farlo, e riuscirci è più facile di quanto sembra.[/spoiler]
2 risposte su “Kit di Sopravvivenza: Metti in moto quel gioco!”
Ho sempre considerato Ron Edwars un tipo che è riuscito ad analizzare bene i Giochi di Ruolo, arrivando spesse volte, però, a conclusioni errate. Inoltre aveva un modo di esprimersi che mi faceva venir voglia di prenderlo a schiaffoni anziché starlo a sentire. Qui ho l’impressione che ci sia un grosso lavoro di editing.
Ciò detto:
1) il problema delle campagne lunghe, brevi e one-shot. Purtroppo è vero: la campagne lunghe (ed anche quelle brevi) spesse volte naufragano. Però la one-shot non è la soluzione: è utile per vedere se il gioco ti piace o meno, ma non sul lungo periodo; alla terza volta che gioco una one-shot io mi scoccio: vorrei approfondire quei personaggi, quell’ambientazione e non buttare tutto a mare ad ogni sessione! Insomma è come se una serie tv durasse mezza puntata od un film 10 minuti! Lo senti che ci manca tutto!
I giochi per one-shot sono giochi realizzati per essere “usa e getta”.
2) usare diversi giochi: sono d’accordo ma il problema è che un gioco, per quanto semplice, deve essere conosciuto da tutti. Ed ogni gioco richiede il suo tempo per essere imparato. È una bufala quando ti dicono che un gioco lo si impara in 10 minuti mentre giochi, così come lo è quelli per cui “il bravo master” ti insegna tutto. Lo so per esperienza: ogni gioco deve essere studiato da tutti i giocatori per funzionare bene… ma nessun giocatore ha voglia e tempo di studiarsi n manuali, a meno che non sia un appassionato… ma se è un appassionato può darsi che abbia già una forma mentis (come ce l’ho io) e quindi ha già un’idea se il gioco gli possa piacere o meno.
3) Non so cosa significa LGBT.
Ciao 🙂
Io personalmente imputo a Edwards di non aver mai scritto dei saggi sistematici in cui esponesse bene le teorie del suo movimento, con il risultato che ora si deve scavare nel loro forum o accontentarsi di stesure di seconda mano; il risultato è che io non ho una panoramica decente delle sue conclusioni, ergo non le conosco abbastanza da valutarle.
Andando ai tuoi punti:
1) Non sono d’accordo sul gioco one-shot usa-e-getta: nella mia esperienza quelli fatti bene ti danno la soddisfazione di un bel film auto-conclusivo, non di un pilota abortito. Per limitarmi alle mie partite più recenti, a settembre ho giocato a Royal Blood (http://www.drivethrurpg.com/product/195672/Royal-Blood) e a Be-Movie (in sviluppo, qui la pagina FB: https://www.facebook.com/Be-Movie-1723045368004004/), ed entrambi adottano dei meccanismi di temporizzazione e scansione in atti tali per cui, in una partita di 3-4 ore, si produca una storia ben ritmata con inizio, svolgimento e fine, in cui i personaggi abbiano un arco soddisfacente. A tal proposito, notare che Royal Blood non propone un’ambientazione elaborata da esplorare, bensì ne dà una molto accennata (più suggestioni che descrizioni) che verrà definita solo per quanto serve durante la sessione: non ci sarà materiale che resta fuori e ti fa dire “vorrei tornarci su!”; Be-Movie, poi, impone di creare l’ambientazione al volo a inizio partita e di usare _tutto_ durante la sessione in corso.
2) Da giocatore anche da tavolo, mi pare assolutamente naturale la dinamica dell’appassionato che si tiene aggiornato, studia i giochi e poi li proporne agli amici: questo non preclude affatto che gli amici non “fissati” trovino loro qualcosa di interessante, di tanto in tanto. Allo stesso modo, so per esperienza diretta che certi giochi sono abbastanza semplici da essere imparabili mentre si gioca senza aver letto il manuale, ma avendo solo un facilitatore decente: io sono riuscito a insegnare al volo On Mighty Thews, Fate, Trollbabe, Mille e Una Notte e Microfiction, per dirtene qualcuno. Poi certamente, ci sono giochi voluminosi che richiedono per forza di studiarli a casa, ma guarda caso si tratta per lo più di giochi articolati da campagna: se accetti di giocarne uno ma non vuoi fare lo sforzo necessario, stai mancando di rispetto agli altri.
3) https://it.wikipedia.org/wiki/LGBT
Grazie per i commenti, averti come ospite fisso è un piacere 😀