Come siamo arrivati a parlare di Icarus? Una mattina sono incappato nella campagna Kickstarter del gioco mentre ero sulla metropolitana e vi ho aderito praticamente di getto: era proprio quello che volevo. Poco dopo, quella mattina, su Reddit – nello specifico, su /r/RpgDesign – ho visto un post dell’autore, Spenser Starke, che condivideva il suo entusiasmo per la sua prima pubblicazione: volevo saperne di più e l’ho contattato per un’intervista in Hangout di “mezz’oretta”. Spoiler Alert: è durata un’ora e mezza e soltanto perché io dovevo andare a mangiare. Di seguito trovate una parafrasi di tutta la conversazione in qualcosa che spero possa rendere giustizia all’impegno che Spenser ha messo all’interno del suo gioco. Cominciamo!
Disclaimer: l’intervista originale è in inglese e la trovate in coda a questa italiana, che è una libera traduzione. Non posso che consigliarvi la lettura dell’originale, se ve lo sentite.
Edoardo Cremaschi: “Ciao Spenser, e benvenuto su Storie di Ruolo! La mia prima domanda è semplice: Chi è Spenser Starke?”
Spenser Starke: “Ok, la mia occupazione principale (come sappiamo tutti i game designer hanno un “primo lavoro”) è come produttore per Group Nine, una compagnia che produce contenuti digitali. Lavoro nella sezione dedicata agli studios e produco cose come la versione ditigale della Shark Week, oppure di Battle Bots. Faccio programmi di intrattenimento e mi porto dietro quella mentalità quando lavoro ad altre cose, come i giochi. Ho giocato ad un sacco di giochi durante la mia infanzia ed adolescenza e durante la mia carriera ho avuto l’occasione di realizzare quanto amo i media interattivi: l’intrattenimento in TV è una gran cosa, ma io voglio che le persone abbiano l’opportunità di controllare quell’esperienza. Cose come Bandersnatch sono molto simili a certi giochi di ruolo indie: non hai caratteristiche o dadi, ma le tue scelte instradano la narrazione. Creare giochi è una estensione di ciò che faccio nella vita.”
Edoardo: “Quindi Icarus è nato dopo che la tua azienda ha rifiutato l’idea di fare una versione Scegli la tua Avventura di Shark Week?”
Spenser: “{ride} E’ nato molto prima di tutto ciò. Ero in attesa all’aeroporto di Indianapolis, di ritorno dalla GenCon, e sono finito seduto affianco a Ivan, uno dei partner di Hunter Games (l’editore di Icarus), ed abbiamo iniziato di parlare di quei giochi indie in grado di ricreare una sensazione viscerale durante la partita. Abbiamo parlato nello specifico di Dread e di come replicare la sensazione che ti trasmette la Torre Jenga. Mi sono trovato a realizzare che, a quel tempo, nessuna delle mie idee di gioco poteva fare una cosa simile. Ma sul volo di ritorno per Los Angeles ho cominciato a impilare dadi uno sull’altro sul tavolino dell’aereoplano finché una turbolenza ha fatto collassare l’intera torre: da lì ho cominciato a pensare come mettere la sensazione appena sperimentata dentro un gioco. Gran parte di Icarus viene da quel singolo momento ed è molto strano perché solitamente quando progetto un gioco parto dalle tematiche e poi scelgo le meccaniche di conseguenza.”
Edoardo: “Come hai scelto il tema del collasso di una civiltà? Il gioco si è sempre chiamato Icarus?”
Spenser: “Quando ho iniziato a sviluppare il gioco avevo due tematiche in mente. La prima riguardava le popolazioni animali e la loro estinzione. Una popolazione di conigli, ad esempio, può letteralmente esplodere in numero nelle giuste condizioni. Le civiltà però non sono differenti: trovano qualcosa che le fa prosperare, finchè non raggiungono una vetta, e poi cominciano a collassare. Partendo da questo concetto mi sono messo a cercare nella mitologia per trovare qualcosa che potesse rappresentare tale schema. Ho scelto il mito di Icaro perché è la perfetta metafora per il gioco. Non è qualcosa di reale come un evento storico e pertanto non richiama una precisa civiltà, ma ti lascia esplorare un gran numero di situazioni. Icarus non è sempre stato il nome del gioco: all’inizio si chiamava As We Fall ed Icarus era il nome della città-stato del gioco. Ma i playtester hanno cominciato a chiamarlo il gioco di Icarus ed il nome è finito per diventare quello.”
Edoardo: “Secondo la campagna Kickstarter Icarus è il tuo primo gioco. Lo è davvero?”
Spenser: “La campagna Kickstarter intende che Icarus è il mio primo gioco a venire pubblicato. Ma come qualunque altro game designer ho idee per nuovi giochi praticamente sempre. Ho passato due anni sviluppando e cercando di proporre un gioco di carte chiamato Planetborne. Ho finito per autoprodurlo e vendere un centinaio di copie online, ma l’esperienza è stata illuminante: un Kickstarter è qualcosa che mi spaventa profondamente dal momento che segna il limite tra quando smetti di essere un designer e provi a diventare un editore. In ogni caso non ho smesso di avere idee per giochi ed ero a GenCon per proporre Planetborne ad un editore quando ho conosciuto Ivan e… beh, è arrivato Icarus.”
Edoardo: “Che tipo di giochi hanno ispirato Icarus e a che tipo di giochi avete giocato durante lo sviluppo?”
Spenser: “L’idea di base viene da giochi come Dread o Star Crossed per l’utilizzo della torre Jenga. Anche The Quiet Year gioca un ruolo fondamentale come ispirazione. Ma volevo che Icarus fosse un mix tra giochi di ruolo e giochi da tavolo. Si tratta, naturalmente, di un gioco di ruolo indie, ma progettato in modo che i giocatori da tavolo possano relazionarsi e giocare più facilmente: si usano i dadi, le carte e c’è una componente di dexterity. Quindi dovrebbe apparire più simile ad un gioco da tavolo rispetto a The Quiet Year. Durante lo sviluppo, ho giocato una campagna molto lunga a Masks, un gioco di PbtA sui supereroi. Ma il gioco che ho scoperto e che ha avuto il maggiore impatto è Dialect. Ha un mazzo di carte storia e degli scenari (backdrop), due elementi che ha anche Icarus. Gli scenari di Icarus sono un po’ diversi e si concentrano sul dare ai giocatori ganci narrativi per costruire scene durante il gioco, ma il concetto è molto simile nella sua essenza.”
Edoardo: “Dove hai raccolto i feedback più utili per lo sviluppo del gioco?”
Spenser: “Hunter Games mi ha aiutato a gestire diverse sessioni di blind test attraverso i suoi canali. I blind test sono la cosa più utile che si può avere, specialmente quando il feedback che si riceve è spontaneo. Devo dare credito ai miei tester su un sacco di cose. Per esempio, giocare con persone che non sono abituate agli Storygames ha portato alla necessità di avere una lista di nomi in ogni scenario. Un’altra cosa che è venuta fuori è che le persone tendono a parlare troppo tra loro prima di iniziare il gioco vero e proprio, ed abbiamo avuto occasione di affrontare la problematica. Ho anche avuto una sessione con un gruppo di roleplayer tradizionali, molto hardcore, che non è andata proprio granché, ma è stata estremamente utile per capire i confini del gioco e quale è il suo giocatore ideale. In ogni caso non si dovrebbe mai prendere in considerazione il feedback di un giocatore così com’è, dato che la maggior parte delle volte si tratta di un’osservazione sul gioco che non ha il quadro più ampio che un designer dovrebbe avere. Ogni feedback deve essere elaborato e processato prima che diventi utile.”
Edoardo: “C’è qualcos’altro sulla tua metodologia di sviluppo che vorresti condividere? Forse qualche consiglio per i lettori?”
Spenser: “Oltre a giocare, ho letto un sacco di libri sulle società e su come collassano. Ho letto libri sulla fine dell’Impero Romano e dell’Impero Maya, e hanno molto in comune. Questo perché ciò che ha veramente fatto crollare quelle società non sono le invasioni barbariche: quella era solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, solo un sintomo. Icarus cerca di riflettere ciò in ogni partita: il gioco finisce quando la torre cade con un evento specifico, ma i giocatori possono sentire durante tutto il gioco che la civiltà sta per cadere. Il mio consiglio è di capire che creare giochi è difficile e un’idea richiede anni di sviluppo per diventare un gioco vero e proprio. Ecco perché è importante che il tuo gioco finisca su un tavolo il più presto possibile. La maggior parte dei giochi muoiono durante i primi playtest, e non si dovrebbe sprecare tempo cercando di svilupparli senza alcun feedback.”
Edoardo: “C’è un modo per poter giocare a un gioco come Icarus, che coinvolge componenti fisiche molto centrali, su Hangout?”
Spenser. “Questo è un argomento molto attuale. Il pacchetto digitale di Icarus contiene una tabella che riproduce la probabilità di caduta della torre dei dadi, e può essere utilizzato sia nei giochi online che quando non è possibile realizzare una torre dei dadi. Questo è molto importante di questi tempi, soprattutto nella comunità indie, dal momento che un gran numero di partite sono giocate online. Parlando di accessibilità, il pacchetto digitale contiene anche un oracolo e permette di giocare con un mazzo standard di 54 carte francesi al posto del mazzo di storia per il gioco.”
Edoardo: “Prima di chiudere.. cosa ne pensi di Downfall?”
Spenser: “Ho scoperto Downfall pochi mesi dopo aver iniziato a sviluppare Icarus, quando ho allargato i playtest iniziando a portare il gioco alle convention. La gente si sedette al mio tavolo dicendo che gli ricordava Downfall: fortunatamente per me la loro opinione è cambiata completamente durante le partite in quanto hanno riconosciuto che la somiglianza è solo nel tema. Tuttavia, ho contattato l’autrice per parlarle del progetto, e lei è stata molto accomodante: era assolutamente favorevole allo sviluppo di Icarus. Se ci pensi, ci sono centinaia di giochi sul fantasy classico, quindi va assolutamente bene avere due giochi sulla caduta di una civiltà. A parte questo, Downfall è stato creato per fare tutto il percorso intorno all’ascesa e alla caduta della civiltà. Con Icarus volevo un’esperienza compressa sul momento del collasso giocabile in una singola sessione.”
Edoardo: “E’ il momento di far cadere la torre! E’ il tuo spazio libero: cosa fa di Icarus un gran gioco e perché bisognerebbe giocarlo?”
Spenser: “Mi fa strano, perché si tratta di un gioco veramente di nicchia. Il messaggio che vorrei dare è che Icarus parla di qualcosa che è fondamentale per noi esseri umani. Guarda alla società e alla civiltà in un modo che spero faccia pensare alla propria vita. Prendiamo decisioni nel gioco che sono dure e di impatto e ci accompagnano, e questi sono i momenti di gioco più strazianti, divertenti ed esaltanti che ho avuto. Questo è il motivo per cui ho spinto il gioco così duramente fino a quando non è stato pubblicato: perché per me ha creato un’esperienza di cui faccio tesoro e ricordo ancora oggi molte delle partite che ho giocato. Mi ha dato la possibilità di esplorare l’equivalente di un’intera campagna in due ore e mezza. C’è un arco del personaggio definito che inizia e finisce nella sessione: ti dà l’agency per afferrare la civiltà e sentirti come se fosse tua, anche dopo che è crollata. Questa è una metafora del gioco di ruolo stesso: quando giochi con i tuoi amici sei l’unico a vivere e sentire la storia così com’è – puoi registrarla, ma non è la stessa cosa. In Icarus, giochi personaggi che fanno tutto il possibile per evitare il collasso, ma inevitabilmente il collasso avviene.”
Edoardo: “Grazie Spenser, ed in bocca al lupo per Icarus e per i tuoi prossimi giochi!”
So, what’s the backstory here? I ran into the Kickstarter campaign of Icarus one morning while commuting and I immediately backed it: it was right up my alley. Shortly after that morning, I was browsing the /r/RpgDesign subreddit, and I saw a post from the Author, Spenser Starke, who was sharing his experience. It was interesting, but I wanted to know more: so I contacted him and arranged a “30-minute Hangout”. Spoiler alert: It lasted almost 90 and I regret it couldn’t last more. What you are about to read is a rework of the conversation in question that I hope will bring justice to the thoughts Spenser put into his game. Let’s begin!
Edoardo Cremaschi: “Hi Spenser, and welcome to Storie di Ruolo! My first question is, who is Spenser Starke?”
Spenser Starke: “Ok, my day job (because all game designers have a day job) is being a producer for Group Nine, a digital company that produces digital content. I work in the studio’s department, and I make things like the digital version of Shark Week, or Battle Bots and so on. I made shows, and that mindset comes into play a lot when I work on other projects like games. Of course, I played a lot of games growing up, and as my career progressed I came to realize how much I love interactive media: tv shows are great, but I want to give people the ability to control that experience. Things like Bandersnatch are very similar to certain indie roleplay games: you have no stats or dice, but your choices drive the narration. Making games is an extension of what I do for a living.”
Edoardo: “So, Icarus was born after they reject your idea of making a choose your own adventure version of Shark Week?”
Spenser: “{laughts} It was born way before that. I was sitting in the airport returning from GenCon at Indianapolis, and I ended up sitting next to Ivan, who is one of the partners at Hunter Entertainment (the actual publisher of Icarus) and we started to talk about games, specifically about those indie games that have the ability to create this visceral sensation when you are playing. We were talking specifically about Dread and how to achieve the sensation that the Jenga tower can. I realized that, at the time, no one of my concept of games could do that. But on the plane flying back to Los Angeles, I started stacking dice one on top of another on my tray table, and there was turbulence that made the whole tower collapse. From that, I started thinking about how I could implement that sensation I just felt into a game. Most of the game [ndr. Icarus] comes from that moment, and this is very odd for me because I usually start with the theme and then I choose the mechanics accordingly.”
Edoardo: “How did you choose the theme of the collapse of civilization? Was Icarus always the name of the game?”
Spenser: “When I started to develop the game I came up with two themes. The first one is about populations of animals and their extinction. To make an example, a population of rabbits can explode in the right conditions. But the thing is that civilizations are not that different: they find something that makes them thrive and then they hit a spike and then they start to fall. From there I looked into myths and tried to find something that represented this pattern. I chose the myth of Icarus because it is the perfect metaphor for the game: it is not a real thing or a historical event, so it doesn’t evoke a precise type of civilization, but lets you explore many types of situations. Icarus wasn’t always the name of the game: originally the game was called As we fall and the city you play was named Icarus. But playtesters started to call the game the game about Icarus, and so the name stuck.”
Edoardo: “According to Kickstarter Icarus is your very first game. Is that really the case?”
Spenser: “No, of course, the Kickstarter meant Icarus is my first published game. But as I said before, as a game designer I have ideas for games all the time. I spent two years developing and trying to pitch a card game called Planetborne. We ended up self-producing it and sold a few copies online, but the experience was very revealing: Kickstarters are hard things that scare me deeply since that’s the time you stop being a designer to try and become a publisher. Of course, I didn’t stop having ideas for games and trying to develop stuff after Icarus. I was at GenCon for pitching Planetborne when I met Ivan and… well, Icarus happened.”
Edoardo: “What kind of games build the basis of Icarus, and what kind of game did you play during the development?”
Spenser: “The basic idea comes from games like Dread or Star Crossed for the use of the Jenga tower. The Quiet Year also plays a critical role as inspiration. But in general, I wanted Icarus to be a mix of roleplaying games and board games. It is, of course, an indie roleplaying game, but designed in a way that boardgamers can relate to and play more easily: you use dice, you have cards, and there is a component of dexterity. So it should feel more boardgamey than The Quiet Year. During the development, I played a very long campaign at Masks, a Power By The Apocalypse game about superheroes. But the game I discovered and had the biggest impact is Dialect. It has a story deck and backdrops for the scenario, two elements that Icarus has as well. Icarus‘ backdrops are a little different and focus on giving players narrative hooks to build scenes during the game, but the concept is very similar to that at its core.”
Edoardo: “In which places did you get the most useful feedbacks for developing the game?”
Spenser: “Hunter Games helped me to run several blindtest sessions through his channels. Blind tests are the most helpful thing you can have, especially when the feedback you receive is spontaneous. I have to give credit to my playtesters about a bunch of things. For example, playing the game with people that aren’t used to store games brought up the necessity to have a list of names in every scenario. Another thing that came up is that people tend to speak to each other too much before starting the actual game, and we could fix it. I even had a session with a group of very hardcore traditional roleplayers that went sour but was extremely helpful in understanding the boundaries of the game and my final target. Of course, you should never take feedback from a player as-is since most of the time is an observation about the game that doesn’t have the bigger picture that you as a designer could have. Every feedback needs to be processed and unraveled before it becomes handy.”
Edoardo: “Is there anything else about your development methodology that you’d like to share? Maybe some advice for the readers?”
Spenser: “Other than playing games, I read a bunch of books about society and how it falls. I read a bunch about the end of the Roman Empire and the Mayan Empire, and they have a lot in common. This is because what truly made those societies collapse is not the Barbaric Invasions: that was merely the straw that broke the camel back, just a symptom. Icarus tries to reflect that in every game: the game ends when the tower falls with a specific event, but players can feel throughout the entire game that the civilization is about to fall. My advice is to understand that making games is hard and one idea requires years of development to become a proper game. That’s why it is important to get your game at the table as soon as possible. Most of the games die in the process of trying, and you shouldn’t waste trying by developing them without any necessary feedback. “
Edoardo: “Is there a way one could play a game such as Icarus, which involves very relevant physical components,on Hangout?”
Spenser: “This is a very hot topic. Icarus digital package contains a table sheet that mimics the probability of the dice tower to fall, and it can be used both on online games or when making a dice tower is not feasible. This is very important these days, especially in the indie community, since a great number of games are played online. Speaking about accessibility, the digital package also contains an oracle and lets you play the game with a regular deck of 54 cards in place of the story deck for the game.”
Edoardo: “Before wrapping up… what do you think about Downfall?”
Spenser: “I discovered Downfall a few months after I started developing Icarus when I spread the playtester rotation by starting to playtest the games at Cons. People sat at my table saying it was like that Downfall game: lucky for me their opinion changed entirely during the games as they recognized the similarity is only in the theme. Nonetheless, I reached out to the author to talk about the project, and she was super nice: she was totally fine with me developing Icarus. If you think about it, there are like hundreds of game about classic fantasy, so it is perfectly ok to have two games about the fall of civilizations. Aside from that, Downfall is crafted to go all the way around the rise and the fall of civilization. With Icarus, I wanted a compressed experience about the moment of collapse that you can play in a single session.”
Edoardo: “Ok, it’s time to make the tower collapse. It’s your free space: what makes Icarus a great game and why we should play it?”
Spenser: “This is very strange for me because it’s a very niche game. The pitch I would make is that Icarus hits on something that is fundamental to us as humans. It looks at society and civilization in a way that I hope makes us think about our own life in certain ways. We make decisions in the game that are hard and impactful and stick with us, and those are the most heartbreaking and fun and exhilarating moments of gameplay I had. This is the reason I pushed the game so hard until it got published: because for me it created an experience that I treasure and I still remember many of the games we had. It gave me the ability to explore the equivalent of an entire campaign in two and a half hours. There is a definitive character arc that starts and ends in the session: it gives you the agency to grasp to civilization and feel like it’s your own, even after it collapses. This is a metaphor of roleplaying itself: when you are playing with your friends you are the only ones that live and feel the story as it is – you can record it, but it’s not the same. In Icarus, you play characters that do everything in their power to prevent the collapse, but it comes inevitably.”
Edoardo: “Thank you Spenser, and all the best for finishing Icarus and for your future games!”