Recentemente su La Tana dei Goblin è stato pubblicato un articolo sull’ecosostenibilità dell’industria del gioco da tavolo. L’articolo si pone molte domande interessanti (anche se avrei preferito qualche dato in più) e leggerlo prima di proseguire può essere un valore aggiunto. Per chi non ne avesse la possibilità, credo si possa riassumere bene in: l’industria del GdT non è messa benissimo, anche perché i consumatori non vedono l’ecosostenibilità come un valore.
Tutto questo mi ha portato a chiedermi: Ma come siamo messi nell’industria del GDR, almeno in Italia? Ho posto questa domanda sulla mia bacheca di Facebook assieme a qualche considerazione personale ed i contributi sono stati talmente interessanti che ho pensato di condensare tutto in un articolo. (tl;dr forse andiamo un pochino meglio dei GdT, ma si potrebbe fare di più)
Di seguito parleremo delle abitudini dei consumatori e della sostenibilità del mercato tra produzione e logistica. Tenete presente che non sono un esperto e che questo articolo, come quello della Tana, mira a scatenare una riflessione più che a dare dati certi, che nel campo del calcolo dell’impatto ambientale dell’intera filiera sono davvero scarsi e quasi impossibili da localizzare.
Il Manuale di Gdr come bene durevole
La gran parte delle case editrici italiane non fa particolare pubblicità delle sue politiche di sostenibilità sui manuali, anche quando queste sono virtuose. Un esempio su tutte, Need Games usa carta certificata FSC (più avanti qualche dettaglio in più) per tutti i suoi manuali, ciononostante nessuna delle loro pubblicazioni presenta il logo FSC che avrebbero tutto il diritto di esporre.
Questo mi porta a pensare che, come nel mondo dei GDT, questo non sia un particolare valore aggiunto per i giocatori. Non credo che ciò sia dovuto al fatto che l’intera community di giocatori sia costituita da una manica di irresponsabili, quanto più che, quando si va a comprare un manuale, lo si percepisce come un bene durevole e non di consumo, e di conseguenza ci interessa di meno quale sia il suo impatto ambientale.
Per dirlo in parole più semplici: quando comprate un manuale, lo fate con la consapevolezza che prima o poi lo butterete? E concretamente, quanti manuali finite per buttare davvero?
Questo però, se da una parte potrebbe “lavarci la coscienza” per quanto riguarda la riciclabilità del prodotto, non può darci un alibi razionale per l’impatto derivato dalla sua produzione e logistica.
Produzione e Certificazioni FSC
Credo che la totalità (o quasi) dei manuali in italiano venga stampato all’interno dell’UE dove è essenzialmente la prassi utilizzare carta certificata FSC, che sta per Forest Stewardship Council. Questa certificazione significa che la carta utilizzata proviene da una filiera sostenibile e che tutti gli alberi che vengono usati per la produzione vengono ripiantati, di fatto azzerando l’impatto dal punto di vista forestale.
Si può andare anche oltre, ad esempio stampando su carta parzialmente o totalmente riciclata come ha fatto Giovanni Micolucci per “Il colore dei Fiori”, un gioco di ruolo che tratta di tematiche ambientali.
Tolta la carta, però, ci sono certe parti di un libro che potrebbero non essere riciclabili, come la colla e certe copertine laminate. A onor del vero esistono delle colle biodegradabili usate per le rilegature, ma non esiste una certificazione diffusa in merito che possa orientare il nostro consumo. Probabilmente le rilegature più riciclabili sono quelle a cucitura, che però sono anche tendenzialmente più costose.
Print On Demand, Stampa Digitale ed Offset
Diverse tipologie di stampa prevedono diverse tipologie di lavorazione, e di conseguenza differenti vincoli sulle tirature. Ovviamente, così come nessun compratore si immagina di dover buttare il proprio manuale quando lo compra, nessun editore stampa aspettandosi di avere giacenze (o addirittura di doverle mandare al macero).
La stampa offset è quella che richiede le tirature più voluminose, solitamente si parla di un quantitativo di copie sopra il migliaio per tiratura. La stampa digitale, invece, richiede tirature minime molto basse (spesso ha economicamente senso stampare anche 100 copie). La stragrande maggioranza delle case editrici italiane stampa in digitale: spesso la tipografia che si è occupata della stampa del manuale è indicata in quarta o quinta di copertina, quindi è relativamente facile capire dove è stato stampato. L’inchiostro usato per le due stampe è di una tipologia diversa ed anche per questo componente non esiste, al momento, una certificazione diffusa in merito.
La stampa print on demand invece è quella più just in time, e stampa i volumi quando vengono ordinati raggruppando assieme tutti gli ordini di un formato simile. Sulla carta sembra l’alternativa più green, ma è proprio sulla carta che il POD si rivela problematico. Amazon KDP, ad esempio, non è certificato FSC e quindi non possiamo sapere nulla sulla filiera della carta che utilizza. Non ho trovato fonti in merito nemmeno su DrivetruhRpg, il più grande servizio di POD di settore, ma in compenso Lulu espone la certificazione.
Manuali e Logistica
Quando si parla di logistica e di trasporti le cose si complicano esponenzialmente, perché se siamo abbastanza sicuri che il trasporto inquini dire quanto è spesso impossibile. In altri settori sta diventando la prassi introdurre dei carbon calculator o misurare l’impronta ambientale della propria filiera produttiva, ma si tratta di costi difficilmente sostenibili e giustificabili per delle aziende di modeste dimensioni e nessuno degli editori italiani è esattamente una MegaCorp.
Sull’impatto della logistica, quindi, non ho da dirvi molto. Sono abbastanza convinto che il manuale che compro dal negoziante ad 1,5km da casa e che vado a prendere a piedi sia la scelta più ecosostenibile che ho a disposizione, ma oltre a non poterne essere sicuro sono anche consapevole che non tutti hanno le stesse disponibilità. Se vi può essere d’aiuto, il paese in cui viene stampato il manuale è spesso indicato in quarta o quinta di copertina.
Il formato digitale come scelta ecosostenibile?
Ho lasciato per ultimo questo aspetto perché forse è ancora più complicato della logistica. In generale l’impatto che ha utilizzare apparecchiature elettroniche dipende principalmente da come viene prodotta l’energia che le alimenta, e questo varia tantissimo. Come spunto vi lascio questo articolo che compara la carbon footprint tra un libro fisico ed un e-book. Probabilmente se siete giocatori di ruolo voraci spostarvi sul digitale potrebbe essere una scelta ecosostenibile, anche se non posso fare a meno di chiedermi se comprare libri fisici fatti in modo ecosostenibile non sia tutto sommato paragonabile.
Spero di avervi lasciato degli spunti interessanti per riflettere. Voi cosa dite a voi stessi quando comprate un nuovo manuale?
Un grazie doveroso ai miei “nerd della carta e della stampa di quartiere” per professione e passione, Talisa Tavella e Flavio Mortarino, senza i quali questo articolo sarebbe stato ancora più approssimativo.
Questo articolo NON è la ripresa di una pubblicazione costante nel blog di Storie di Ruolo, ma non siamo scomparsi e con la fine dell’estate speriamo di riuscire a portarvi qualche altro contenuto.
Ciao, Edoardo
Una risposta su “Quando è Ecosostenibile il Gioco di Ruolo in Italia?”
“Per dirlo in parole più semplici: quando comprate un manuale, lo fate con la consapevolezza che prima o poi lo butterete? E concretamente, quanti manuali finite per buttare davvero?”
ORRORE! NON SI BUTTANO MAI I MANUALI DI GDR!