Benvenuti alla prima di tre rubriche a sorpresa. In GdRagionare vorrei sperimentare una serie di post più semplici con cui ragionare su alcuni preconcetti sul gioco di ruolo.
Voglio dare un punto di vista differente su quello che si pensa e si gioca, anche a costo di scaldare un po’ gli animi di qualcuno.
D’altronde, essere a contatto quotidianamente con amici giocatori e game designer fa venire tanto da pensare, e l’obiettivo di GdRagionare è proprio questo: far scaturire il dubbio per generare ragionamento.
Gioco e Divertimento
In questo primo appuntamento di GdRagionare voglio prendere subito un argomento in contropiede ed esplorare il divertimento nei gdr.
Le domande sono: il gioco di ruolo è un puro e semplice divertimento? E se sì, il gioco di ruolo è “solo un gioco”?
La mia risposta diretta è: dipende, ma tendenzialmente no, non lo è, in entrambi i casi.
Il Divertimento nei GDR
Per carità, io stesso provo divertimento nel giocare ad un gdr. Quando gioco spesso rido, mi rilasso, mi dimentico un po’ della vita e penso ad altro. Stacco la testa dalle preoccupazioni, entro in un mondo diverso dal normale, un mondo nostro cioè mio e dei miei compagni al tavolo.
Avviene cioè una sorta di fuga dalla realtà, motivo per cui i giochi di ruolo sono spesso definiti dei passatempi escapisti. Quando entri in questo mondo alternativo. A volte gli eventi ti colpiscono più di quanto t’aspettassi (generando un effetto chiamato in game design bleed). Altre volte ti lasciano annoiato su una sedia a fumare e bere birra.
Le sensazioni che provi comunque sono tue, ma per quelle due orette o più non sei del tutto parte del mondo… pur non essendo distante da esso: sei sospeso.
Ma questo significa che il tuo fine è passare del tempo divertendoti?
Divertimento: un etimo sociale
Prendiamo la parola divertimento in esame. Divertimento deriva da divertere e diversus, con significato proprio di “volgere la propria attenzione altrove”. In senso lato, distrarre l’animo da pensieri molesti.
Non sempre quando la pronunciamo pensiamo ad una fuga dalla realtà, però. A volte ci riferiamo a qualcosa che ci faccia ridere o che ci dia piacere. Infatti, tra i giocatori di ruolo che ho frequentato più di recente è sempre più in voga indicare con la parola divertimento quella parte del gioco di ruolo che fa sorridere, ridere o sghignazzare.
Non è più solo un “ho staccato la testa dalle preoccupazioni”, quanto “è riuscito ad intrattenermi” (altra parola molto particolare).
Questo pone un problema.
Divertimento in un hobby
Personalmente sono dell’idea che un gdr possa essere definito divertente nella misura in cui includa una pletora di emozioni diverse dal mero “entusiasmo del momento”.
Quello che voglio dire è che la parola divertimento nasconde più di quanto dice.
Tra 2016 e 2017 ho iniziato a sviluppare una sorta di interesse per la memorabilità delle sessioni, piuttosto che sulla bellezza intrinseca dell’evento. E non è proprio questa una delle cose che in realtà vogliamo dire quando diciamo “è stato divertente”?
Alcune mie gite sono state divertenti, e non intendo dire solo risate e sentimenti felici: intendo dire memorabili, da rifare, qualcosa da fruire ancora. Qualcosa di appassionante, a volte.
In questo senso, il mio divertirmi con un gdr è diventato inconsciamente un “questa me la ricorderò per sempre”, a prescindere dal fatto che io mi sia spaventato o scandalizzato, spaccato dalle risate o abbia sudato per la tensione, che abbia sentito di vivere il personaggio o di aver fruito un’ottima storia.
Ma ci sono altri modi di usare divertente. Quando ero judoka e avevo qualche chilo in meno, gli allenamenti più divertenti erano quelli in cui l’esercizio era più ferreo delle lezioni precedenti… con una memorabilità che deriva dall’essere arrivato fino in fondo.
E ancora, molte persone dicono che qualcosa è “divertente”
Divertire è una parola spia. Significa tutto, ma al contempo nasconde qualcosa di più specifico: il perché qualcosa diverte, il piacere che esso sottintende.
Dal divertimento al piacere
Il divertimento è legato dunque al piacere, ma non più in senso estensivo del termine: non è il piacere immediato, quello che si ottiene hic et nunc, quanto il piacere dell’esperienza.
Questo non significa che non vi sia più l’elemento di sospensione della realtà e di vivere in un altro spazio e tempo; piuttosto questo trovarsi altrove non è più una semplice fuga. È un provare piacere divergendo dai propri pensieri molesti.
Di piacere parla anche Marc LeBlanc, game designer e sviluppatore dell’omonima teoria che suddivide le possibili esperienze di un gioco in otto tipologie. Ne abbiamo successivamente parlato nel post sulla PlaytestCon e su come condurre un playtest.
Divertimento nel GDR: il mio punto di vista
Credo che col tempo sia naturale trovarsi a riflettere sul fatto che un gioco di ruolo non è solo “staccare la spina” per qualche ora e farsi qualche risata. C’è più di una componente che è necessaria e intrinseca per poter spingere un giocatore a ritornare al tavolo, e non solo il divertimento o il piacere percepito.
Ad esempio, la sensazione di sospensione di cui parlavo all’inizio è passata per me da fuga a sogno. Per me giocare di ruolo è come trovarsi all’interno di un grande laboratorio, un luogo dove fare nuove esperienze ed esplorare nuove realtà in un territorio sicuro, scevro dalla possibilità di farsi realmente male o farlo a qualcuno.
Non posso dire che sia così per tutti gli altri. Ognuno ha il proprio intento, ovvero ciò che lo spinge a tornare al tavolo.
Rimane costante, però, che ciò che si vive al tavolo è una esperienza virtuale intesa come qualcosa che avviene nel mondo reale, parallelamente ad esso, ma non riducibile alla realtà.
Insomma, è qualcosa di più e al contempo di meno.
Credo che una persona possa esplorare con i gdr eventi e tematiche più “pesanti”, da un punto di vista emotivo o personale. Mi piace pensare che esistano gdr molto variegati, anche. Alcuni che ti facciano riflettere su importanti tematiche della propria vita, altre che siano per la semplice esplorazione di altri mondi.
Il gdr d’altronde spinge spesso a considerare il mondo sotto altri punti di vista, altre visioni, altri modi di agire, addirittura sotto altri cieli stellati! È utile anche per vedere come altre persone riescono a risolvere le stesse situazioni in cui ti trovi in un modo che tu non puoi prevedere.
L’eserpeinza di un gioco di ruolo può variare da un confronto di volontà a una partita di ragionamenti. Ma, al di là di quello che sia il gdr, comunque quando ti alzi dal tavolo ti lascia qualcosa di più del semplice divertimento alla Treccani.
Ti accompagnano, mentre ti alzi dal tavolo, sensazioni, riflessioni, amicizie, idee che sono più di mero divertimento.
“Tanto è solo un gioco”
L’aspetto di un gdr è quello di un gioco, certo. Ma a questo punto credo sia chiaro che è impossibile ridurlo ad un mero gioco.
Mi spiego meglio.
Qualsasi gioco, che sia digitale o da tavolo, può avere quella componente extra rispetto al divertimento che ti porta a riflettere e crescere. Forse è possibile dirlo di tutti gli hobby e i passatempi che hanno un’aura ludica: prendete un giocatore appassionato di briscola e sono sicuro che vi dirà, “ehi non è solo un gioco!”.
Ognuno di noi con le proprie attività amatoriali spesso riesce anche a imparare qualcosa.
È per tutto ciò che ho appena detto che mi sento di dire che la frase “tanto è solo un gioco” faccia più male che bene. Ed è connessa al tema del divertimento, lasciatemi spiegare.
La frase è molto comune e, anzi, è perlopiù diffusa tra giocatori di ruolo affermati, così come esterni al nostro hobby. La maggior parte delle volte che ho sentito pronunciare questa frase è quando delle persone sono coinvolte in flames o discussioni sui gdr all’interno di un social network.
È un modo spiccio per dare la tara alle questioni spinose, per svuotarle di senso, per far defluire le persone che su internet spesso non riescono a limitarsi. In questo caso, sinceramente, non mi sento di giudicare l’affermazione: è vero, a volte ci si impunta su questioni minime che portano a litigi fini a sé stessi.
Però potrebbero esistere modi migliori di appianarle rispetto al “tanto è un gioco”. Anche perché poi la frase circola e, a mio parere, fa danni tanto quanto la parola “divertimento”.
Il contesto incriminate è la stessa frase riferita a persone che parlano di teoria dei gdr oppure di argomenti connessi ai gdr stessi. Magari queste persone argomentano e usano delle fonti per sostenere dei ragionamenti e approfondire l’hobby, come avviene in ogni altro ambito.
Eppure, per alcuni “tanto questo è solo un gioco” è una implicita o esplicita condanna a qualsiasi riflessione sul gioco stesso. Questo uso è ancora più insopportabile, perché contempla una sorta di giudizio non solo nei confronti di chi ti sta davanti, ma anche dell’attività stessa.
È come se dicessi che il gdr non è così importante, così utile, così divertente e interessante, appassionate… da poterci parlare sopra con un poco di serietà!
Il gioco di ruolo, come tutti gli hobby, non è per me solo divertimento e non è certamente solo un gioco! Quando uno di questi giudizi viene formulato, quando un giocatore di ruolo dice “tanto è solo per divertirsi” o “tanto è solo un gioco”, un game designer muore sta semplicemente sminuendo il suo stesso hobby e abbassando il tono del discorso – e vale per tutti gli hobby, ragazzi.
my d2¢,
Daniele Fusetto
6 risposte su “GdRagionare: il gdr è solo gioco e divertimento?”
Ciao condivido la tua riflessione, ci sono persone come me e te che vivono la “sessione” come un hobby complesso. Devi però tenere conto che con la diffusione e lo sdoganamento della cultura “nerd” (mi vergogno per questa frase ma non sapevo come meglio esprimerla) ha portato il gdr a molte persone che lo vivono solo come un gioco dove basta tirare i dadi e fare più alto del master (E.U.M.A.T.E.). Prendo per esempio la notizia recente di una campagna a D&D durata 35 anni…TRENTACINQUE ANNI??? Dopo un lasso di tempo del genere ci sono due possibilità:
1) Il master è un genio della scrittura, riesce a creare trame e sottotrame sensate che neanche Tolkien, Martin e Jordan messi assieme.
2) Il gruppo si trova a tirare dadi senza se e senza ma fregandosene della coerenza, del ruolo (inteso come ruolare), riducendo questo passatempo a un simil boardgame.
Il mio gruppo per esempio gioca a MERCS (Savage World), perchè ci dà la possibilità di cambiare ambientazione senza dover reimparare da capo un nuovo eregolamento; l’altra settimana abbiamo passato la sessione a progettare l’attacco ad una base militare discutendo (e ruolando le ricognizioni sul campo) con disegni e finte foto da google maps.
Ciao Matteo, parere personalissimo: questo atteggiamento di prendere un GdR e giocarlo come un boardgame, a me, sembra essere radicato già negli anni ’80 (tu stesso parli di una campagna a D&D iniziata nel”82), non nello sdoganamento della cultura nerd nello scorso decennio – anche perché ci vedo sotto una mentalità da “creiamo un rito sociale ripetitivo che tenga coeso il gruppo di amici per anni e anni”, perfettamente in linea con una mitizzazione dell’adolescenza. Che mettere la ritualità prima della qualità intrinseca del gioco sia deleterio, sono d’accordo.
Sni, negli anni 80 il gioco di ruolo era ancora giovane e molti erano pensati e progettati per essere dei simil boardgame (vedi GURPS che dovevi tirare e controllare decine di tabelle), con l’evoluzione dei giocatori e dei regolamenti sono usciti giochi più snelli e puntano molto sul ruolo piuttosto che sui dadi, basti pensare a giochi tipo FIASCO dove i dadi sono pressochè inutili. La cultura pop (Big bang Theory, Stranger things) ha aiutato a diffondere solo D&D, come se fosse l’unico e solo gioco di ruolo, questo influisce moltissimo nella percezione di chi non conoscecapisce questo hobby e anche di chi ci si avvicina per la prima volta. Come dice una mia giocatrice: “si comincia giocando a D&D, poi si cresce…”, ma ormai, anche grazie ai media, nell’iimaginario collettivo resta l’associazione “gioco di ruolo” -> “D&D” -> “tirare dadi”. Che poi, a volte, è anche colpa nostra; se oggi qualcuno, che non capisceconosce niente di gioco di ruolo, cominciasse una discussione seria sull’argomento con me sarei il primo a definirlo un semplice gioco pur di evitare una lunga discussione e spiegazioni del tipo:
Si: il mio personaggio ha sparato su un piede ad un png
No: il fatto che interpreti un pg violento e cattivo non vuol dire che mi piaccia nè tantomeno che lo sia anche nella realtà
etc.
Ciao! Il tuo articolo mi è piaciuto. È vero il GdR è un gioco e come tale va considerato. Ma non è *solo* un gioco. Esattamente come qualsiasi hobby, ti lascia qualcosa che ti spinge ad andare avanti, ad approfondire delle tematiche ed a parlarne. È lo stesso parallelo che ho trovato col calcio: se dite che è solo un gioco ad un appassionato di calcio, quello vi lincia. Eppure è un gioco.
La prima immagine poi parla per tutto il resto 😛
Ciao 🙂
PS: spunto per un prossimo GdRagionare: perché il Gioco di Ruolo è visto come quell’unico gioco che hai provato (che sia D&D, Vampiri od altro). specie se non ti è piaciuto, a differenza di qualsiasi altro gioco?
Il gioco di ruolo è solo un gioco.
Non esiste nulla che vada preso più seriamente di un gioco.
Ciao Cristian! Sto elaborando un post di risposta ad ogni commento al mio post e vorrei tanto inserire una risposta anche al tuo, ma l’estrema brevità e l’assenza di argomentazione mi porta a qualche difficoltà.
Ti andrebbe di spiegarti meglio? Sarebbe molto utile per la discussione che potrebbe nascere in futuro – visto che sospetto molte persone abbiano frainteso o non del tutto letto il mio post (non credo sia il tuo caso).
Grazie mille! 😀