Avvertenza: il contenuto di questo post è stato confezionato pensando a narratori/master in campagna estese, di largo respiro, che fanno fatica a gestire i gruppi di giocatori e non sono assolutamente da prendere come un assioma – anche se, personalmente, bisognerebbe riflettere sulla causa della fatica (cosa che si farà). Logicamente ci sarà, in futuro, una rubrica dedicata a differenti necessità di narrazione: questa si occupa di salvarci le chiappe, non scordatelo!
Evitate il metagame. Cos'è il Metagame? Sono i giocatori che utilizzano la loro conoscenza personale per gestire il personaggio, così come che i giocatori si scambino informazioni che i personaggi non possiedono in gioco (che rientrano dunque nelle conoscenze del giocatore). Forse per alcuni di voi sarà lapalissiano (banale) come consiglio, ma la cosa eclatante è che, come vedremo, ancora oggi nel 2015 2016 c'è gente che non ha afferrato il concetto. Inoltre, è anche vero che dovrebbe essere il gioco e le sue meccaniche a spingere a non fare metagame, ma cercate di essere severi su questo punto, master/narratori: ne va della vostra capacità di ricreare atmosfere e di sospendere la sensazione di essere semplicemente ad un tavolo con una scheda.
C'entra anche con il divertimento, eh! I giocatori si annoiano e si arrabbiano se uno di loro continua a ottenere bonus e benefici sfruttando libri che ha sottomano o google. Ammettiamo che ci sia un personaggio bodyguard gestito da un giocatore interessato alla storia contemporanea. È possibile che il bodyguard faccia dichiarazioni in merito a politica estera e recenti sviluppi oltre confine dei conflitti (magari è un ex-marine), ma se non ha alti valori di statistiche culturali, è irreale che riesca a individuare quale sia il vero e il falso tra due calici del settecento sottratti nella seconda guerra mondiale alla Francia... e ad ottenere benefici in gioco da questo!
Ora, non sempre la colpa del metagame si pone sulle spalle dei giocatori: a volte i master/narratori favoriscono anche inconsapevolmente il metagame. Ciò avviene quando non orientano la storia attraverso un intrico di eventi causa-effetto ben coerente che io definisco stare "in game": dalla confusione nasce la voglia di confrontarsi per capire se si ha compreso la situazione e ciò il 50% delle volte comporta metagame in cui i giocatori pensano di scambiarsi ingenuamente consigli, ma in realtà si scambiano informazioni. Specie quando si fa il re-cap ad inizio partita e (chiedo venia, anche io qui pecco) il master/narratore non ha appunti, non si ricorda, non è attento e via dicendo. Il rischio che un giocatore si ricordi qualcosa che soltanto il suo personaggio saprebbe e inconsapevolmente faccia intendere a tutti che quella è una nozione condivisa è altissimo.
Come gestire dunque quei momenti della trama che spingono i giocatori alla discussione?
Non parlo solo dei litigi su regole e trama, ma anche di epiche gesta che necessitano ovviamente una valvola di sfogo, cioè parlarne con gli amici. È logicamente impensabile limitare l'amicizia (!) o il dialogo al tavolo (!!), ma è possibile definire che se un contenuto della trama turba i giocatori, in qualsiasi modo, appena possibile dovete chiedere loro cosa succede ai personaggi, in modo da tornare subito in game. Se permettete ai giocatori di modificare la storia senza i personaggi, cioè out game, il conflitto si sposterà dalla storia al tavolo e la cosa degenererà.
Attenzione, non sto parlando di confronto per le regole, cioè quando i giocatori hanno dubbi reali su quale regola applicare – differenti dai confronto sulle regole che avvengono, invece, quando due o più giocatori si intestardiscono trasformando tutto in una questione di principio, spesso perché l'esito dello stesso rappresenterà un vantaggio o uno svantaggio per il loro personaggio. No, un confronto per le regole avviene quando ci si chiede proprio tutti quanti che cosa debba capitare, onestamente, a livello regolistico: è la sensazioni di spiazzamento e di essere senza qualcosa a cui aggrapparsi oppure quando avviene una giocata eclatante e si teme che le regole la castrino. In questo caso dovete sfruttare il regolamento stesso, tramite le varie Regole d'Oro (vedi FATE o Urban Heroes) o altri concetti del gioco (vedi "Obiettivi", "Dì Sempre", "Principi" e Mosse dell'MC in Apocalypse World), magari anche quanto detto nell'episodio Backgrounds.
Una volta mi è capitato di usare questa idea dell'in game anche per risolvere le regole, contrariamente a quanto detto. Non è un ottimale risoluzione, ma riporto un esempio similare con regole alla D&D perché può essere di spunto per regolamenti e sistemi. Diciamo che un personaggio si intestardisca che una Spada Infuocata +1 sia ritenuta dal gioco sia Infuocata che Magica (indipendentemente dal regolamento usato). Insomma, cerca di ottenere un beneficio doppio; questo accade quando i giocatori non hanno nulla a cui aggrapparsi e si sentono inutili. Io stesso l'ho notato durante un combattimento con un mostro immune al fuoco, ma debole alla magia. I personaggi scoprono questa debolezza e i giocatori si dividono: tre di essi sostengono che l'arma sia magica, il quarto non è sicuro. Scorri il manuale ma non c'è traccia alcuna di una soluzione. Che fare? Come detto, pensate al vostro setting e alla storia. I giochi di ruolo spesso dicono: «ricordatevi che la storia viene prima». Eppure mi sono scontrato con tantissimi master che semplicemente pensano di sapere cosa significhi la frasetta, ma in realtà lo ignorano. La frase viene spesso letta come: «vabbé, se le regole non vanno bene, ignoratele». Tuttavia, per me questo non ha senso, perché alcune regole fanno parte della storia! Esse mettono paletti, alzano barricate, permettono cose che hanno ricadute sulle trame. Perciò, non ignorate le regole; pensate al vostro setting e tornate in game. Torniamo all'esempio: il setting in cui mi è capitato l'esempio della Spada Infuocata era high magic. Ergo, la spada era anche magica. Punto. Non dite altro: la spada è magica, fa danni. Poi costruite sull'infrazione (rileggete Backgrounds): «Dario, il tuo nano in realtà non sapeva d'avere una spada anche magica... chissà com'è saltata fuori. Come ne sei entrato in possesso?». In tutto questo non ho ignorato le regole, le ho applicate secondo storia! Ed è possibile anche che tutto si ritorcerà contro al giocatore, ma non perché io master/narratore voglio fargliela pagare, ma perché semplicemente il personaggio è entrato in possesso di qualcosa senza sapere il suo vero potere.
Come si connette tutto ciò al metagame con cui ho iniziato il mio discorso? Ebbene, ho detto che spesso sono i master/narratori in qualche modo a permettere il metagame. A mio parere, anche tramite osservazioni compiute in gioco, il metagame nasce ovviamente dall'accostarsi a regole che non si capiscono, ma anche a situazioni che non sono comprese appieno. Permettere ai giocatori di distrarsi oppure non definire bene ciò che accade, non fare mai recap della situazione e non permetterli (o non stare attenti): questo crea dubbi. Il metagame è la conseguenza del dubbio, a mio umile parere. Il beneficio dell'in game è dunque enorme:
Da un punto di vista esterno è possibile che un lettore dica: insomma, il master/narratore tiene per sé tutto il metagame. In effetti, ciò che un master/narratore classico fa è costruire ovviamente su quanto accade al tavolo considerando soprattutto le informazioni che provengono dai personaggi attraverso i giocatori; somiglia molto ad un narratore onniscente, quasi ad una divinità, con la semplice, ma fondamentale differenza seguente, già accennata altrove e ben schematizzata da Edoardo "Happy Bowl", che ringrazio.
Un master/narratore crea storie per i personaggi, non sui personaggi. Questo significa che, sebbene il punto di partenza sia il metagame (ovvero recepisci tutto quel che accade al tavolo e usalo), il punto di arrivo non è quello di imprimere un vantaggio sulla Storia; semmai è di rendere reale ciò che accade attorno ai personaggi e quello che gli va incontro con fare bruto e accattivante...
Come detto è impossibile limitare l'amicizia e il dialogo al tavolo, specie se il gioco di ruolo nasce da lì (e non si è invece un gruppo messo assieme tramite annunci). L'in-game a volte s'intromette troppo nel rapporto tra giocatori, e questa contrindicazione è fortissima. Ho notato che si ha più libertà di utilizzarlo durante one-shot o sessioni brevi, di massimo due ore, perché i giocatori lo interpretano come un modo per riportare l'attenzione sul gioco; quando invece si vuole "sbrodolare" e si è più interessati a intrattenersi con un gdr per una sera, l'in game ovviamente taglia fuori quello che è la componente più sociale (forse) del discutere sopra a quanto avviene. In questi casi io propendo per le classiche "pausa-siga" o "pausa-cesso" e chiedo ai giocatori di discutere solo in quell'ambito di quanto accaduto, facendo attenzione a quello che dicono e segnando comunque qualche appunto.
Per carità, io stesso poi richiedo che i giocatori esprimano idee su quanto visto; ciò che intendevo dire con questo intervento è che non bisogna mai dimenticare anche il lato della storia. E se proprio si sta giocando per passare il tempo, allora meglio sfruttare un gioco da tavola oppure una one-shot totalmente improvvisata e prediligere il divertimento più grottesco che nasce anche dall'incomprensione tra giocatori, anch'essa tagliata fuori dall'applicazione dell'in game.