Ci sono fiere che si vivono tutte d’un fiato, come una sessione di gioco tirata al massimo e senza pause. Come Lucca Comics & Games senza albergo in giornata con zaino pieno.
E poi ci sono quelle che, per qualche strano motivo, ti costringono a fermarti, respirare, e chiederti cosa sta davvero succedendo — non solo attorno a te, ma anche dentro.
PLAY è sempre stata una fiera del secondo tipo, e quest'anno non è stato diverso. In un’edizione che non ho vissuto solo come standista o come autore, ma anche come spettatore di un passaggio di fase, le sensazioni l'hanno fatta da padrone. Non so se è l’età, l’esperienza, o il fatto che era la mia quindicesima PLAY e che sono riuscito a portare lo stand della mia accademia (ciliegina sulla torta), ma il "me meditabondo" ha avuto spesso il sopravvento.
Due sono le sensazioni che ho avuto camminando tra i padiglioni giovedì, durante il montaggio, e che mi hanno accompagnato per tutto il weekend.
La prima è che la fiera stia cercando di diventare adulta. Adulta non tanto nei contenuti e nell'atmosfera, ma negli spazi, nell'atteggiamento, nella direzione, in ciò che la fiera vuole dire e vuole fare anche a livello nazionale. La presenza della Guest Country (che forse altri anni c'era, ma quest'anno me ne sono accorto), l'infrastruttura stessa, l'impianto gestionale. Intendiamoci, siamo ad un tondo diciottesimo, ma questa è una PLAY che ha preso la patente e vuole guidare, e andare lontano, benché neopatentata nel mondo delle big cons. Sarò sempre grato per il "Modena Play" (come impropriamente la chiamavo), perché è il motivo per cui oggi lavoro in questo ambito, ma forse era un level up che serviva (anche se magari non tutti lo speravano).
La seconda sensazione, meno corporate e più metaforica o poetica, partiva sempre dagli spazi ma arrivava più in profondità. Ci sono aspetti di questa sensazione che sono molto personali, e magari non coincideranno con quella di tutti, e parti invece più oggettive. Partirò da queste ultime.
PLAY è stata una boccata d'aria fresca. Capiamo perché.
Il trasferimento a BolognaFiere ha reso la fiera più vivibile. Le persone potevano muoversi più agilmente tra gli stand, i bagni erano numerosi e sempre accessibili — anche se a volte c’erano comunque code.
Anche a livello proprio di aria l’atmosfera era migliore e più respirabile. Ho scherzato con altri standisti dicendo che è la prima volta che esco da PLAY dopo due giorni con la stessa maglietta senza puzzare del sudore degli altri — un vecchio problema della fiera. Non faceva né caldo né freddo; magari a tratti c’era vento, soprattutto la domenica, con momenti in cui dovevi coprirti o scoprirti, ma in generale il clima è stato estremamente accettabile.
E c’erano sempre spazi dove uscire a prendere una boccata d’aria, che fosse sui terrazzini o tra i padiglioni. Lì potevi un attimo isolarti, sederti, ritrovare un attimo di pace con te stesso.
Certo, resta quell’aspetto del dover urlare per farsi sentire, specialmente nei padiglioni con attività di animazione — come il padiglione 15, dove eravamo con AIV — ma è la prima volta che torno da Play con la voce a metà, non completamente persa. Motivo per cui sto registrando questo audio di martedì mattina, cosa che gli altri anni sarebbe stata impensabile.
Bologna ci ha dato la possibilità di esplorare una città diversa, una città che, come ha detto il mio collega Enrico, “vive” più come Roma che come Milano. È una città che si prende i suoi tempi con il limite a 30 km nell'abitato, e che mi è sembrata molto tranquilla e vivibile, almeno nei quartieri che ho visto.
Poche code, anche in autostrada e per i parcheggi — almeno così mi è stato detto. Non c’erano sicuramente le code chilometriche a cui eravamo abituati a Modena, ecco. Forse l'unica vera “sfiga” sono stati i numerosi cantieri sparsi per la città proprio durante Play, anche nei dintorni di BolognaFiere, che talvolta hanno reso la navigazione tra le strade piuttosto complicata. Giovedì, per capire dove entrare con lo stand da montare, ci ho messo un po’.
Per quanto riguarda la logistica della fiera, tutto sommato ce la siamo cavata. È una fiera che ha bisogno di migliorare — è una boccata d’aria fresca, sì, ma all’interno di una lunga stagione di fatica e sudore. E quindi richiede di essere “doppiata” per sistemare tutti i piccoli nei. Scrivere è riscrivere? Beh, fare una fiera è lo stesso. Credo tutti noi ci aspettiamo che la fiera dell’anno prossimo sia ancora migliore. Molti editori erano probabilmente sul chi vive e hanno visto questa edizione come una sorta di prova sul campo.
Questa incertezza, questo "prender le misure", si è forse visto anche lato organizzazione su due livelli fondamentali: il montaggio degli stand e la loro disposizione.
Riguardo il primo punto, diversi editori hanno lamentato il fatto che chi ha montato gli stand non abbia seguito fedelmente le istruzioni. Anche noi di AIV, sebbene contentissimi dello stand finale, ci siamo ritrovati giovedì con un layout diverso da quello richiesto. Fortunatamente, almeno per noi, il team di BolognaFiere e i montatori si sono dimostrati super disponibili a trovare compromessi e soluzioni. Spero sia stato così anche per gli altri, ma è un punto su cui migliorare.
Quanto alla disposizione degli stand, forse è stata più problematica per alcune realtà come la nostra e per i piccoli editori posizionati sì in zone di passaggio, ma senza vera capacità di attrazione — forse perché troppo affollate. Rivedrei la disposizione per il 2026: i tavoli da gioco, come quelli della Tana dei Goblin o delle aree dimostrative, andrebbero messi più ai margini, dove sono comunque raggiungibili ma non sottraggono visibilità a chi ha pagato per essere lì con uno stand.
Un’altra cosa che mi ha un po’ disturbato erano alcune barriere visive. Alcuni stand erano davvero alti, veri e propri "muri", come spesso si vede nel padiglione dei giochi da tavolo. Sì, sono efficaci, ma di solito sono torri, alte ma non opprimenti. Stavolta però in alcuni punti la visuale era davvero impedita e non si riusciva a orientarsi bene.
E parlando di orientamento, qualche indicazione extra per i bar e la zona ristoro non guasterebbe. Raggiungere la zona delle bancarelle di cibo e bevande partendo dal padiglione 15 o 18 non era proprio semplice. E il concetto di "ammezzato" non è così intuitivo come si pensi: non solo per i bar, ma anche per le stanze delle talk. Non so quante persone mi abbiano fermato nei tre giorni per chiedermi dove fossero quelle dannate sale!
Per me, PLAY ha portato con sé l’atmosfera di Modena (stessi editori, stessi volti, stessa energia), ma con maggiore vivibilità. Le demo erano molto più gestibili. Io ho usato il microfono da demo per la prima volta e devo dire che è stata una scelta vincente, ma avrei potuto anche masterare in certi tavoli senza.
Forse alcuni editori (parlo soprattutto del mondo del gioco di ruolo) non hanno portato grandi novità, complice anche l'anticipo delle date che temo abbia preso contropiede diverse persone. Ho notato comunque una riproposizione di vecchi titoli e qualche nuova uscita più cautelare, come a testare lo spostamento o correre ai ripari, perché anticipare una fiera di un mese è sempre problematico.
E capiamoci, ci sta. Il mercato GDR tra l'altro può sembrare un po’ stanco e in transizione, e quindi bene una fiera che stalla, ma che al contempo continua ad esserci. Ne parlavamo con amici in chat prima di PLAY: con la 5.5 di D&D non è davvero “la novità” e senza un erede spirituale di Powered by the Apocalypse e i Forged in the Dark, siamo forse tutti in attesa di capire cosa sarà davvero del futuro, quali trend ci saranno sia nel design che nel marketing cartaceo, quali nuovi setting arriveranno da qui al 2026-2027 e anche come le persone giocheranno in un futuro sempre più phygital.
E sulle persone, credo che questa sia la prima edizione in cui ci siamo finalmente lasciati alle spalle l’ombra del Covid e in generale si è vissuto meglio l'aspetto umano.
Le persone giocavano, si muovevano tra i banchi, provavano, acquistavano. Nei discorsi e nei dialoghi che ho fatto e origliato, Play sembrava una riconciliazione col gioco e con le persone. Potevi ritrovare gli amici di sempre, recuperare qualche rapporto che si era perso per strada, ma anche salutare persone che, fino a qualche anno fa, forse non avresti visto in fiera. Non so se è stato così per tutti, ma è un discorso che ho fatto diverse volte a Bologna con altri standisti e, appunto, amici di fiera.
Anche per me, nonostante sia stata una boccata d’aria fresca su tutta la linea, lo è stato soprattutto a livello umano. Sarà che è il decimo anniversario di GDR al Buio (che inizierà da settembre), che siamo ormai ai 12 anni di blog, alla quindicesima volta che partecipo a Play. C’era tanta carne al fuoco emotivamente per me, e tutto si è grigliato a dovere.
L’essere meno misantropo è diventato quasi un tema ricorrente della mia vita ultimamente. Sono tornato sui social, ho riaperto Storie di Ruolo, ho lanciato Narrative Design Italia e SCPC... mi mancava una forma di comunità fisica annuale. E anche se Play non è una community vera e propria — non c'è una chat, un forum, un luogo di scambio costante — a volte basta così. Basta incontrarsi. Serve rivedere le persone della fiera, gli amici da fiera: quelli che vedi solo in quelle occasioni, perché non c'è altro modo.
Serve anche vedere facce nuove, volti sconosciuti in contesti familiari. Persone conosciute attraverso il GDR, che all’improvviso si materializzano allo stand di AIV. Serve giocare tra colleghi e studenti, mischiare i ruoli, ridere insieme. Serve incrociare chi hai sempre visto solo dietro uno schermo, ma anche ripromettersi di rivedersi online quando non c'è modo di farlo dal vivo.
Serve parlare, e dialogare. Continuiamo così!
E proprio parlando con le persone in fiera, specie gli addetti del settore, ho sentito una sensazione diversa anche rispetto alle news del momento. Quelle dei feed giornalistici, dai licenziamenti nel digitale e nel mondo del tabletop (ciao Wizzy), alla crisi economica, dai dazi, alle guerre. Tutte cose che ci hanno toccato da vicino, o da lontano, ma senza dubbio non ci lasciano differenti.
In tutto ciò PLAY è stata una boccata d’aria fresca.
Quasi un ritorno alle origini per PLAY, un ritorno al pre-Covid, forse anche per la scelta di tenerla ad Aprile. Una Play più vivibile, più calorosa, più umana. Fatta di belle facce, belle chiacchiere, nerding senza vergogna, cene infinite, workshop e risate.
È stata una boccata d’aria fresca, appunto, ma lo sarà abbastanza?
Me lo auguro. Perché da qui ad aprile 2026, quando torneremo a Bologna, so che probabilmente tratterrò un po’ il fiato. Continuerò a vivere — soprattutto la mia vita da ruolista — con un filo di sospensione. Perché, lo sappiamo, non è facile lasciarsi tutto alle spalle. Non è sempre possibile scrollarsi di dosso la misantropia, la diffidenza, le diatribe, i litigi, i flame social specie di Facebook. È stato un campo di battaglia da cui ora, FORSE, stiamo uscendo.
Ed è anche per questo che, nonostante io sia tornato online con una certa insistenza, resterò cauto. Non tornerò a isolarmi — no, dopo una Play così splendida sarebbe impossibile — ma un po’ di prudenza, quella sì, me la tengo.
Ci vediamo nel 2026. Con più aria, più spazio, e magari con ancora più voglia di incontrarci.
Un ringraziamento speciale a tutti gli amici e le persone di AIV, Grumpy Bear Stuff e Acchiappasogni per aver contribuito all'atmosfera della fiera e del post-fiera. Grazie quindi a(non in ordine d'importanza, ma di mappatura mentale degli stand e senza cognomi tanti vi riconoscete): Enrico, Francesca, Andrea, Gianmarco, Matteo, Valerio, Simone, Rugerfred, Beatrice, Roberto, Filippo, Andrea, Luca, Davide, Flavio, Alex, Edoardo, Noah, Mattina, Triex, Matteo e Lorenzo (Russatori Gentili Team), Chris, Ambrogio, Francesca (Team Correttori di Occhiaie), Ivano, Leonardo, Samuele (Premio Resistenza), Alessandro, Luca, Matteo, Peppo, Giacomo, Marzio, Andrea e tuttx coloro che mi sono perso!
Grazie anche a tuttx gli amici di fiera che sono passati a salutare: Fred (e Alessandro con lo spirito), Tommaso V., Marco S. e Mattia, Mario, Davide, Sirio (un abbraccio!), Luca P., Luca M., Tommaso L., Leonardo C. e Biancamaria, Alberto T., Tommaso D. B., Lux e Rhyme e a tuttx le belle persone passate dagli stand AIV e Grumpy Bear. Sicuramente ho dimenticato altre persone, e mi scuso, la memoria è quella che è. Ma grazie davvero a tuttx!