Giocare di Ruolo cosa mi ha “regalato”? Già, ribaltiamo per un attimo la questione.
Scavare nella Memoria
Da giocatore, master e designer, sono abituato a pensare ai GDR come ad un luogo astratto e virtuale in cui dar sfogo alla mia creatività — che sia per pochi minuti, abbozzando un’avventura o un’idea per una campagna, o per ore, facilitando una sessione o creando un GDR. Ma in tutti questi anni, mi chiedo, cosa ha regalato a me il tempo impiegato a giocare di ruolo?
C’è un motivo profondo per cui cinque anni fa, nel lontano 2014, uno dei primi motti venutimi in mente per Storie di Ruolo e rimasto nel tempo fu round fugit. Certo, non è una frase perfetta e io stesso aborro un po’ (da tempo) l’idea che i giochi o le storie in generale siano un mero modo per evadere dalla nostra realtà — piuttosto un modo per esplorarne delle altre, se vogliamo, che è l’altra faccia della medaglia.
Round fugit raduna però l’essenza del mio problema, del nostro problema credo (umilmente, s’intende). Il tempo scorre inesorabile; le sessioni si allungano troppo; gli anni passano e, nel 2014, era impensabile gestire un gioco di ruolo o una campagna insieme ad amici, famiglia, lavoro, sonno e riposo. Sentivo che si era ormai avvicinato l’ultimo round, il finale, quello in cui arrivi al termine della campagna decennale di una vita e smetti. Sulla cresta dell’onda, per evitare delusioni e nostalgia.
Ma mentirei se non dicessi che in round fugit c’era anche una inconscia voglia di riscatto, di spingere quell’ultimo round un po’ più in là. Cosa diciamo alla Morte dei Nerd? Not today. Potrei liquidare questa tendenza dicendomi semplicemente che sì, è vero quanto dicono in molti, siamo meramente dei bamboccioni/bambini che ancora inseguono un “giochino”, che “fanno finta che” la realtà sia quella dei loro sogni quando, invece, è dura. Meglio smettere subito di giocare, dunque! Largo all’età adulta e ai suoi problemi.
L’Età Adulta
Poi l’età adulta arriva. È il lavoro, la famiglia, le spese, le tasse, le bollette. “Il conto a fine mese” che deve essere saldato, che sia Netflix o Spotify o entrambe le cose. Le rate della macchina, forse? Il mutuo, GS 20 alla 20, ineluttabile “Thanos” che sancisce che ormai, sì, è ora di riporre tutto, di chiudere lo scrigno delle avventure su altri mondi e smetterla per una volta di “far finta che”.
E forse ci abbiamo tentato. Forse poco, ma sicuramente un tentativo è stato fatto. Abbiamo venduto qualche manuale. Sciolto le compagnie storiche. Compianto la chiusura dello storico locale dove avevamo iniziato (davvero) a giocare. Salutato i compagni dell’Associazione Ludica di cui facevamo parte e incorniciato sul muro l’ultima tessera associativa, a imperitura memoria di un mitico passato che avremmo raccontato ai nostri figli/nipoti, ammantati di un’aura di serietà: “Questa è la storia di un giovane ragazzo che aprì un libro…”.
Inutili i richiami al vedere il mondo con gli occhi di un bambino. Ancora ricordo le parole di Papa Giovanni II che, perdonate l’egocentrismo, diceva di vedere nei giovani del Terzo Millennio delle “Sentinella del Mattino”. E per quanto non abbia mai troppo sentito una fede cattolica come direzione della mia vita, devo dirvi che quelle parole suonavano mitiche e lo suonano ancora, oggi, dopo anni. Che cosa vuol dire essere sentinelle del mattino? Beh, diamine, non lo so ancora.
Ma suona dannatamente fico.
Stereotipi
Bene, dunque, siamo adulti e abbiamo smesso di giocare. Vero? Tutti quanti? Anche la in fondo, avete smesso? Perfetto, ottimo. Il round ora è davvero fuggito e non è più possibile riprenderlo. Forse forse ci scappa qualche one-shot, una all’anno, giusto? Era così nel 2016 dove abitavo. I giocatori di ruolo sparivano o si ritiravano a “vita privata”, una pensioncina di ruolo che consisteva nel trovarsi giustamente quando si poteva, come si poteva.
Io volevo comunque continuare a giocare. Come mai? Me lo chiedevo e me lo chiedo ancora. Cosa mi spinge a continuare a lanciare dadi? Dai, è passione; mera voglia di star lì a intrattenersi con amici, a sentirsi nostalgicamente giovani ancora, quando c’era il tempo per giocare. Oppure una sorta di sindrome di peter pan, che mi àncora ancòra (pun intended) al tavolo da gioco e alle sue storie, tutte diverse. Quelle dei miei personaggi e quelle degli altri giocatori, s’intende.
Così si spiegherebbero tante, tante cose. La costante lotta con lavori e impieghi. Il “nomadismo lavorativo”, quella sorta di sensazione per cui non si sta bene da nessuna parte. Il sentirsi ancora giovani dentro (che poi vecchi lo siamo? Non saprei). L’essere eterni bambini. Ormai i giocatori di ruolo stanno sparendo. Tanto era ed è solo un gioco. Meglio tardi che mai.
Se volete continuiamo gli stereotipi, ma direi che per ora ce ne sono abbastanza.
La Dura Realtà
E invece no! Nulla di questo è vero ai miei occhi. Potrei farvi una carrellata mostruosamente gigante, grazie alle esperienze che ho accumulato tra fiere e GDR al Buio. Esempi che rompono costantemente l’immagine che si ha dei ruolatori e dei numerosi pregiudizi che la creano.
Ora potrei farvi la classica mossa dell’elenco, scritto a suon di patetici “ho imparato che”, cercando di stillarvi una lacrima facile, facile mettendo mano ad una sorta di orgoglio ruolistico — che è vero, ma non voglio passare per radical chic e puntare sulla pancia.
Voglio invece, per una volta, partire dall’assunto che il gioco è serio e lo scherzo è faceto e, pertanto, dimostrare che è perché gioco ancora di ruolo che credo di essere una persona migliore. Che per questo mi piacerebbe che più persone giocassero di ruolo, che ci si accorgesse di come ci siano esperienze nuove là fuori da fare, tra LARP nordici e serious games.
La lista ve la faccio anche, sia chiaro, ma non sarà piena di pathos, quanto di logos.
Cinque regali dal Giocare di Ruolo
Ogni regalo che i GDR mi ha fatto ha un nome. Sia chiaro, non è una top 5, né una gara, e mi piacerebbe avere commenti sui vostri 5 Regali dei GDR. Il numero non è stato scelto a caso: quest’anno cadeva il quinto anniversario della creazione del blog e, tra un round fugit e l’altro, siamo andati un po’ in sordina sul merito. Pertanto volevo ricordarlo così, en passant: sceglierò un regalo per ogni anno dal 2014 al 2019.
Time Management
Sono sincero, la mia capacità di time management è scarsissima… ma senza GDR lo sarebbe ancora di più! Sono sempre preso da mille impegni, mille progetti, fatico a star dietro a tutto, ma rispetto a cinque anni fa riesco ad arrivare là dove il mio “vecchio me” non sarebbe mai arrivato. Sono riuscito in questo 2019 a programmare meglio le mie attività di consulenza e di design e a continuare a condurle nonostante gli enormi impegni del master che sto frequentando.
Mi piacerebbe migliorare ancora di più su questo fronte e sono sicuro che continuare a giocare di ruolo mi permetterà di essere ancora più puntuale.
Conoscenza dei Linguaggi
Su questo punto si dice troppo, troppo poco. Giocare di Ruolo aiuta a comunicare con gli altri, certo, ma vorrei andare su un elemento più concreto: imparare altre lingue. Ho sempre giocato a prodotti in italiano così come in inglese e credo si sia tutti d’accordo, visto anche quanto tendiamo a criticare i politici italiani, che sapere una lingua straniera apre molte porte. Ora, certamente giocare di ruolo in un’altra lingua non basta ad impararla, ma di certo non fa male! Ci tiene allenati e lo fa attraverso una passione personale, riducendo senza dubbio la noia.
So che moltissimi giocatori (Buio docet) preferiscono giocare in lingua italiana e avere manuali, giustamente, in italiano, ma dobbiamo affrontare altre due grandi verità: la prima è che la traduzione non può tutto, a volte (parlo per esperienza) si localizza un testo rompendo un poco la sua magia originaria perché certe cose non possono essere trasportate in un’altra lingua — tradurre è sempre tradire, d’altronde.
Al contempo, alcuni magnifici giochi di ruolo non verranno (ahimé) mai tradotti, per i più disparati motivi, perlopiù problemi tecnici nella produzione del gioco e/o pubblico scarso e guadagno inesistente per gli editori (il gioco è troppo corto, troppo ricco di materiali fisici costosi, troppo sconosciuto, eccetera).
Posso dire che mi piace leggere giochi in inglese e che prossimamente vorrei leggerne alcuni in francese, su cui sono pochissimo ferrato, ma da cui so che poco verrà tradotto.
Event Management
Alla voce “event management” metto dentro un po’ di tutto: competenze nei social e nelle piattaforme di gestione evento, fast thinking e capacità di problem solving, competenze approfondite di taste design and experience, proattività (grande parola ormai troppo seriosa) e prontezza di riflessi. Sia sul piccolo che sul grande evento — leggasi GDR al Buio.
Insomma, gente: fare l’elenco dei partecipanti, fare l’appello, trovare sedie per persone in più che non si sono segnate all’evento, scegliere i pub con la cucina migliore o anche imparare a cucinare per il gruppo di gioco, prendere al volo la birra che sta per cadere dal tavolo, eccetera, eccetera, eccetera.
Ci sono cose che si apprendono con i giochi di ruolo che sono conoscenze così tacite, ma così palesi, che quando le scopri ti chiedi come non hai fatto a pensarci prima. Ci sono anche sonore testate contro il muro che ci insegnano a far meglio, come la accurata selezione dei punti dove mettere i master per non sovrapporre il cono di voce.
Vorrei inserire anche “imparare a viaggiare intelligente” in questa voce, perché so che tra i lettori c’è chi si fa i kilometri per giocare di ruolo, ma direi che preferisco fare un applauso a tutti quelli che non si fanno mettere i piedi in testa dall’apatia e dalla passività. Anche questo è un grande, enorme insegnamento.
Apertura alla Trasformazione
Potrei chiamarla lotta ai pregiudizi, ma voglio essere propositivo. Giocare di ruolo mi ha aperto a mondi, idee, personaggi e concetti che neanche pensavo potessero esistere — sia dei mondi fantastici in cui ho giocato, sia del mondo di oggi. Ho visto con i miei occhi un società cambiare ed evolvere, persone diventare sempre più aperte alle differenze di etnia, genere e cultura.
Invito tutti a non pensare che questa apertura sia fine a sé stessa. Piccole e grandi aziende lungimiranti stanno iniziando a muoversi sul terreno dell’apertura e della trasformazione della società. Credo che il gioco di ruolo sia pioniere di questo rispetto per l’altro e credo che possa esserlo ancora di più grazie al lavoro sia dei molti divulgatori, sia dei gruppi e delle associazioni che hanno fatto dell’apertura un punto forte della loro identità — nonché dei game designer, che creano prodotti che spingono alla riflessione sull’apertura e il rispetto, alla faccia del “è solo un gioco”.
Dulcis in fundo, giocare di ruolo mi ha permesso di ragionare sulla mia di identità, che non è cosa da poco in un mondo così complesso come quello di oggi. E può aiutare anche molti altri in questo viaggio.
Sentinella del Domani
L’ultima, grande, enorme competenza avrei potuto chiamarla lungimiranza o rispetto, ma così sarebbe sembrato un po’ ridondante con tutti i regali precedenti. Invece, devo dire che sentinella del domani (ispirata e derivata dalla già citata figura della sentinella del mattino) ha più senso e, olisticamente, diventa un po’ quel plus ultra che la somma delle parti genera — ma devo contestualizzare, prima che mi si urli contro.
Per me essere una sentinella significa tenere d’occhio l’orizzonte in cerca di guai… e anticiparli. Una sorta di guardiano del presente e della sua integrità. Un ruolo, forse, un po’ conservativo e passivo rispetto al, per me, più mitico sentinella del domani: in questa figura ci rivedo l’apertura e il rispetto per un mondo che si deve ancora costruire. Una persona che non sta di guardia per percepire pericoli, ma che cerca di scovare opportunità per migliorarsi.
Esplorare e stare ben attenti a ciò che oggi ci sembra poco importante e che, domani, potrebbe essere fonte di un mondo migliore. Senso dell’innovazione, lungimiranza, assenza di pregiudizio sono tutte ottime definizioni, ma sentinella del domani non solo le riassume tutte, ma dà anche una forte connotazione e responsabilità. Siamo noi che dobbiamo realizzare quel futuro.
In questo il gioco di ruolo è fondamentale, o almeno lo è per me. Senza una ricca e forte esperienza di immaginazione, senza poter ipotizzare cosa sarà nel bene o nel male il mondo che abbiamo di fronte, si rischia di lasciare che il mondo si dipinga da solo sulla base dei nostri preconcetti.
L’immaginazione, in questo caso, non è creduloneria — al contrario, è la capacità di immaginare che una spiegazione razionale esiste e di argomentarla, sostenerla con prove, renderla solida. Più si immagina, più si ragiona e si trovano cause e conseguenze; più l’immaginazione viene schiacciata dalle paure e dalle paranoie, più trova spazio la convinzione che solo ciò che noi pensiamo sia giusto lo sia davvero (perché tanto non immaginiamo che ci siano altre spiegazioni, altre persone, altre argomentazioni, altre verità).
5 Regali… +1
Fine.
Cioè, no, non è vero! C’è un bonus per essere giunti fin qui, così da poter affrontare il 2020 con un piccolo +1 al tiro. L’ultimo regalo dei GDR, che per me è un monito davvero per il futuro, è…
Certe cose è meglio farle insieme
Il buon vecchio monito della collaborazione e cooperazione, ma sempre veritiero. Le storie che racconto con altri giocatori non sono sempre migliori delle storie che mi racconto da solo, non in termini di struttura e teoria della narrazione. Ma sicuramente sono più significative, almeno per noi. Assumono una dimensione che travalica il momento e generano dei veri e propri miti, creano una storia comune, cementificano le relazioni.
Giocare di Ruolo mi ha insegnato a delegare e a fare gioco di squadra, sebbene debba migliorare molto ancora sotto questo punto di vista. Ma ormai è chiaro che le persone tornano quando si sono trovate bene con te, e magari sono disposte a soprassedere ad alcune mancanze dell’evento o della sessione se la chimica che si è formata tra voi è forte e solida.
Insomma, giocare di ruolo e creare giochi di ruolo non lo si fa meramente per il gioco in sé, non è un modo per fuggire al presente, né un modo per sentirsi ancora giovani e avere l’ebbrezza, per un momento, di com’era la nostra gioventù: si gioca di ruolo per le persone e con le persone, non per sé stessi. E quando perdiamo questa scintilla, forse è davvero il momento di smettere.
Buon Natale, ruolatori!
Round Fugit.
2 risposte su “Cosa “ti regala” giocare di ruolo”
Io non mi ritrovo in nessuna delle cose che hai detto. A me il GdR mi ha insegnato ad inventare storie dove i protagonisti sono i giocatori e le loro azioni hanno forte impatto sulla trama. Giocando poco di persona, la mia capacità di improvvisazione si è, sì, affinata ma impiega alcuni minuti a “partire”. Mi ha insegnato a divertirmi con le trovate dei giocatori. Infine di ha insegnato ad inventare HR a tutto spiano 😛
Attualmente, purtroppo, tempo e soldi mi impediscono di tenermi aggiornato come vorrei (ho una lista infinita di GdR che vorrei comprare e che non comprerò 🙁 ) ma continuo a tenere duro perché giocare di ruolo è una cosa molto bella (alla facciaccia di tutti quelli che lo denigrano).
BUON NATALE ^_^
Ciao 🙂
Vivere altre vite. Creare nuovi mondi. Cosa altro possiamo desiderare?