La strada per Lucca è costellata da anteprime – e da conseguenti ritocchi al budget per la fiera, ma quella è un’altra storia. Oggi abbiamo l’occasione di intervistare Giacomo Vicenzi, anima estremamente attiva nella community del gioco di ruolo indie ed autore di Burning Opera, una delle nuove uscite per la fiera di Dreamlord Games.
Storie di Ruolo: « Ciao Giacomo, e benvenuto su Storie di Ruolo! Partiamo dalla domanda più semplice: Chi è Giacomo Vicenzi?»
Giacomo: «Ciao Edoardo, è un piacere essere qui con te! Sono un programmatore di 28 anni, ma nel tempo libero gioco di ruolo sin dai tempi delle scuole medie. E’ da sempre che provo a fare game design e non ti dico i terribili risultati che ho avuto all’inizio… ma da qualcosa si deve partire, no? Frequentando dal 2011 in poi la scena indie italiana ho coltivato questa passione e maturato un’esperienza che mi ha portato a fondare assieme a Sofia di GDRUnplugged il collettivo di Kobold In a Box. Si tratta della nostra piccola casa di game design, un’incubatrice di idee che a breve troveranno forma in svariati giochi di ruolo, sia da tavolo che LARP. Stiamo lavorando su vari progetti e abbiamo partecipato ad alcuni contest e jam. Insomma, è tutto in fermento!».
Storie di Ruolo: «In quale occasione è nato Burning Opera? Il titolo del gioco è sempre stato quello?»
Giacomo: «Burning Opera nasce come gioco per il Game Chef 2012, versione inglese. Il tema era Ultima Chance, gli ingredienti Lanterna, Dottore, Mimo e Coyote. Scartando l’ultimo, ho cercato di amalgamare il tutto, ma è stato il tema che ha innescato la scintilla. Il nome è una delle prime cose che scelgo, perché se deve risultare evocativo per i giocatori allora deve esserlo da subito anche per me, ispirandomi sin dai primi step di design. Quindi sì, è rimasto tale dall’inizio ad oggi».
Storie di Ruolo: «Qual’è il tema centrale del gioco, e come l’hai scelto? C’è qualche connessione personale?»
Giacomo: «Il tema centrale è appunto un’ultima possibilità: nello specifico è quella di dire addio alle persone care prima di morire. Sono temi molto forti che non tutti riescono ad affrontare o condividere con gli amici. Lo specifico perché in Burning Opera non si gioca un personaggio ma se stessi, solo in un’ ipotetica condizione estrema, che è quella di rimanere bloccati in un teatro in fiamme. Quindi alla fine quello che si fa è proprio mettersi in gioco al 110%, anima e corpo, non senza meccaniche che supportano la sicurezza al tavolo integrate nel flusso di gioco in maniera fluida e immediata. Non c’è in realtà una situazione personale che ha rievocato in me Burning Opera: a dire il vero è stato il movimento Vi åker jeep (che avevo appena scoperto e aveva appena passato il culmine del successo) a ispirarmi nel creare un gioco che potesse trasmettere emozioni forti ai giocatori».
Storie di Ruolo: «Sentiresti di definire Burning Opera il tuo verso esordio d’autore? C’è qualcosa di precedente che ritieni significativo?»
Storie di Ruolo: «Cosa ti ha ispirato per il design del gioco, sia per la prima stesura che per la nuova edizione?»
Giacomo: «In generale traggo ispirazione da altri media, come la musica o il cinema. Il Fantasma dell’Opera (sia il film che la cover soundtrack dei Nightwish) erano sicuramente un elemento di costante stimolo una volta deciso che Burning Opera era il gioco che volevo fare. La seconda stesura invece l’ho scritta coi consigli di Anna di GDRUnplugged: grazie a lei credo di aver dato quel tocco più drammatico al regolamento e di averlo tematizzato di più col mondo del teatro».
Storie di Ruolo: «A cosa giocavi invece durante il periodo di sviluppo del gioco? Ci sono state delle “influenze inaspettate” che sono uscite mentre provavi i giochi?»
Giacomo: «Essendo un gioco nato per il Game Chef non c’è stato molto tempo durante la fase di design iniziale per poter provare altri giochi o quantomeno trarne ispirazione. E’ stato uno sviluppo particolarmente concettuale: ho sfruttato tutti i princìpi del jeepform che più mi piacevano e poco altro. Non avendo giocato a quei giochi inoltre, mi sono limitato più alle discussioni che ne scaturivano al riguardo. Ricordo anche di aver scritto una mail al buon Tobias Wrigstad per alcune delucidazioni… è stata un’esperienza interessante!».
Storie di Ruolo: «Cosa è successo invece tra la prima e la seconda edizione?»
Giacomo: «Devo dire che ho giocato veramente poco dalla prima pubblicazione a questa riedizione. A GnoccoCon e a Freeform di quest’anno il gioco è stato giocato ancora una volta (una in blind test e una in mia presenza), dandomi la possibilità di fare degli ultimi importanti accorgimenti. Le regole in sé non sono state stravolte anche perché sono estremamente semplici e minimali, però la chiarezza del testo è stata migliorata tantissimo. La partita di GnoccoCon ha anche ispirato l’esempio di gioco usato nel manuale».
Storie di Ruolo: «Che meccaniche di sicurezza si usano in Burning Opera?»
Giacomo: «A direfferenza della famosa x-card, in Burning Opera c’è un’integrazione totale con le meccaniche di gioco e il “sistema di sicurezza” : la candela. Usata come segnaturno per narrare gli elementi di scena e per iniziare e terminare un atto, la candela può essere spenta da un qualsiasi giocatore quando la scena diventa troppo pesante per lui/lei. È un gesto evidente e irrevocabile che tutti possono fare senza giustificarsi. In questo modo non solo credo sia più integrato e evocativo della x-card ma anche tangibilmente più efficace.».
Storie di Ruolo: «Domanda Infame, prima di chiudere! Qual’è la cosa di Burning Opera, che a distanza di tempo, ti piace di meno? La cambieresti radicalmente se ne avessi la possibilità?»
Storie di Ruolo: « Ultima domanda! Sono veri i rumors secondo il quale Burning Opera sarà venduto assieme ad un accendino? »
Storie di Ruolo: «Grazie mille Giacomo per aver risposto alle nostre domande! Alla prossima, che sicuramente ci sarà!»
Edoardo