Ed eccomi qui, nervosamente pronto e rinchiuso in casa causa quarantena.
Mi trovo nella splendida ma anche sgradevole situazione di dover recensire un gioco come Blades in the Dark. Ve lo dico sin da subito: non è un’operazione semplice. Parliamo di un titolo immenso, sia come impatto sul panorama ludico, sia come mole effettiva di contenuti, riflessioni, approfondimenti.
Tempo fa, sul mio ormai fu blog Giochi dal Nuraghe, avevo scritto un articolo dove elogiavo il gioco e invitavo tutti a giocarci, almeno una volta. Non era una vera recensione, non del tutto almeno, perché ancora all'epoca non ci avevo giocato abbastanza da poter fare delle riflessioni serie in merito. Si dà il caso però che sono trascorsi tre anni, e in questo lasso di tempo ho avuto modo di giocare il gioco molto più approfonditamente, di capirlo, di sviscerarlo. Tre anni in cui si sono avvicendati tutta una serie di rumours sull'edizione italiana: rimandata, vociferata, desiderata. E adesso, che finalmente è stata annunciata per davvero, è il momento ideale per riprendere in mano il titolo e imprimere finalmente nero su bianco quella recensione che all'epoca non potevo ancora scrivere. Peraltro, se volete rimanere aggiornati sull'edizione italiana i riferimenti sono bladesinthedark.it e la pagina Facebook di Grumpy Bear Stuff, l'editore italiano.
Ma da dove partire? Mentre ci penso, che ne dite se spieghiamo un attimo di cosa parla il gioco?
Immaginate una metropoli cupa, corrotta e iniqua, un po’ Londra vittoriana con i suoi fumi, i suoi costumi e le sue industrie; un po’ Praga, con i suoi misteri e i suoi edifici gotici; un po’ Venezia, con i suoi canali, i costumi, la corruzione. Benvenuti a Doskvol.
Qui il cielo è scuro e le acque sono nere, perché in passato un cataclisma ha sconquassato il mondo e liberato spiriti maligni, che ora infestano le lande esterne, separate da mura e da un complesso sistema di scudi elettroplasmatici. È un mondo fittizio di fine ottocento, dove enormi leviatani vengono uccisi per il loro ectoplasma, una tecnologia quasi steampunk si fonde con la magia degli spiriti (tant’è che qualcuno ha coniato lo stupendo termine ghostpunk), e dove bande criminali imperversano nell’oscurità di vicoli e nei luoghi di potere.
Come giocatori saremo i membri di una di queste bande. La creeremo da zero, scegliendo una delle tipologie possibili (Assassini, Ricettatori, ecc.), ne interpreteremo i membri, anch’essi divisi in tipologie differenti e giocheremo per farla ascendere ai vertici della città, in una corsa fatta di missioni, complotti, sotterfugi, depravazione e giochi di potere. Avete presente cose come Peaky Blinders, Gomorra e compagnia? Ecco, ma con un setting steam-fantasy. Ho reso l’idea?
L'ambientazione di Blades in the Dark, è, a conti fatti, una figata pazzesca. Certo, è abbastanza voluminosa, ma non dovreste farvi prendere dal panico. Il manuale è impostato in modo tale da dare spunti più che ferree regole, in modo tale che ogni campagna sia diversa da tutte le altre. Quali sono le gilde criminali più potenti? Come funziona davvero il potere in città? Come agiscono gli spettri? Il manuale dà delle risposte, ma è facile ribaltare alcuni spunti iniziali per far andare le cose in maniera imprevedibile. Questo è perfettamente previsto già in partenza.
Ogni paragrafo su ogni quartiere della città è dotato di tabelle per ottenere risultati casuali, spunti per situazioni tese e idee. A dire il vero, gli spunti non si limitano solo a un elenco di cose, ma investono ogni ambito del gioco, dalla creazione dei personaggi (con la scelta della provenienza, dei background e dei legami) alla banda, dall'avanzamento alla gestione delle missioni. Certamente, però, la parte su Duskvol risulta la più intrigante, dove una mappa ci guida passo passo lungo tutti i vari quartieri, dei quali l'autore ci disegna le facciate dei palazzi e l'apparire tipico.
Si capisce sin dalle prime fasi di lettura, ed è una sensazione che viene potenziata a mille una volta che si riesce a imbastire una o, meglio, più giocate: il regolamento di Blades è di una profondità invidiabile, rara nell’ambiente. Questo vuol dire che partendo da alcuni pilastri principali, riesce a imbastire una schema quasi sempre imprevedibile e capace di molte duttilità. E’ anche importantissimo dire, però, che si tratta di un sistema virato all’azione e povero di dramma inteso come bleeding e scene strappa lacrime, regolisticamente corposo, decisamente crunchy, giocattoloso nell’accezione più positiva, pieno di sotto-sistemi e sistemini, che però riescono a lavorare sorprendentemente bene assieme, come un meccanismo ben oliato.
La prima cosa che salta all’occhio è la struttura di gioco, articolato di missione dopo missione, e suddivisa in due fasi ben distinte e chiarissime. La fase di score e la fase di downtime. La prima è, molto intuitivamente, la fase d’azione, quel momento in cui si svolge la missione vera e propria: si gioca momento per momento tra corse, uccisioni, nascondigli e via discorrendo; nella mia esperienza una missione può durare da una a tre sessioni. La fase di downtime invece divide una missione dall’altra. In questa fase i personaggi potranno curarsi, comprare nuovo equipaggiamento, divertirsi e portare avanti agende personali, con ogni azione regolamentata sia dal lato tempo sia dal lato meccanico.
La seconda base su cui poggia tutto il regolamento è la meccanica di risoluzione. Unica per tutti i tiri, quindi senza una distinzione tra fasi “di menare” e fasi fuori dal combattimento, senza turnazione, senza tiri per colpire, come invece avviene in tantissimi giochi e che qui non avrebbe troppo senso, visto che il gioco non parla specificatamente di combattimenti ma di altro (e quell’”altro” ha tutti i sotto-sistemi che gli servono, pure fighi). Si tratta di una risoluzione a conflict, ovviamente, che fa dello sfruttamento del fictional positioning e del fiction first il suo cuore pulsante, caratteristiche che ne elevano le potenzialità e la profondità a livelli altissimi, a patto comunque di essere abbastanza avvezzi a giochi di questo tipo (altrimenti, specialmente se venite da giochi molto tradizionali, aspettatevi tutta una serie di erroracci iniziali, che verranno mitigati e spariranno con l’esperienza).
Le azioni infatti non funzionano se non partono dalla narrazione. Un giocatore non può limitarsi a dire "atttacco il nemico", per esempio, ma deve descrivere meglio cosa fa e perché (dato che ogni azione ha un suo obiettivo). Tutto il meccanismo non potrebbe funzionare con un livello di narrazione minimo o inesistente; è necessario interpretare, narrare e creare fiction, altrimenti il gioco potrebbe piantarsi o funzionare male. Questo per me è un pregio rilevante, perché il gioco in questo modo tende ad essere più profondo e, per certi versi, tangibile.
Il gioco divide i tiri di risoluzione in più tipologie principali: gli action rolls (tiri azione), ossia i tiri che si fanno nelle fasi d’azione, i più numerosi, i tiri resistenza, i tiri per ottenere informazioni e i fortune rolls (tiri fortuna). Gli action rolls sono legati a una delle 12 azioni, praticamente abilità dei personaggi ognuna con un punteggio che varia da 0 a 4; parliamo di azioni come skirmish (mischia), command (comandare) o hunt (cacciare), giusto per citarne qualcuna. Sta ai giocatori decidere su quale azione tirare (ma deve ovviamente avere senso) e poi lanciare tanti dadi a sei facce quanto è il punteggio in quell'azione; vale il punteggio più alto del singolo dado ed esistono tre possibili risultati: un successo pieno (6), un successo con un costo (4-5) e un fallimento (1-3), gestito con un intelligente uso del fail forward. Sono sempre i giocatori a decidere il goal (obiettivo) del tiro azione, di solito chiaro all'interno del contesto. Spetta invece al master stabilire la posizione e il grado di efficacia del tiro.
Non pensate alla posizione come a qualcosa di fisico (non è il decidere che Tizio sta vicino alla porta e Caio davanti alla finestra), bensì alla posizione drammatica del personaggio nel contesto del tiro. Ha tutto sotto controllo oppure le cose sono rischiose? Insomma, quanto è in pericolo? Come potete vedere dallo schemino, le posizioni possibili sono tre e di base un tiro parte sempre settato a risky (rischioso), posizione che può essere modificata in base al contesto, alla qualità dell’equip posseduto e così via. C’è molto arbitrio del GM, però è un arbitrio focalizzato, indirizzato, e i giocatori non ne sono mai in balia. Mai.
In seguito il GM sceglie il grado di efficacia, che di base va settato in base alla posizione e alle circostanze. L'efficacia non ci dice solo quanto sarà grande il vantaggio ottenuto dai personaggi in caso di vittoria, ma impatterà anche sulle minacce. Il GM è infatti portato a creare dei contatori, chiamati progress clocks (orologi progresso), praticamente per ogni minaccia o obiettivo. I vari effetti, se ottenuti, permettono di far avanzare il contatore di più sezioni. Secondo questo schema:
Il grado di efficacia varia in base agli strumenti usati, all'obiettivo da raggiungere, agli avversari che si affrontano e fattori variabili. I vari risultati del tiro (successo, successo con un costo e fallimento) variano quindi in base alla posizione e agli effetti decisi dal GM (secondo regole precise che vi riassumerò più avanti), con conseguenze chiare per i fallimenti che vanno dai danni ad altri problemi e complicazioni. Inoltre, per rendere le cose pepate, i giocatori, se ha senso, possono decidere di mettersi volontariamente in una posizione più svantaggiosa per aumentare l'efficacia del tiro.
Questo meccanismo richiede del tempo per essere introiettato e fatto proprio, specialmente dal lato GM, ma una volta che ci si riesce ci si ritrova tra le mani un sistema ottimo, coreografico e insospettabilmente snello, eccezionale nel gestire tiro dopo tiro momenti action tra i più belli che mi sia capitato di vedere, sempre caratterizzati da scelte difficili e twist inaspettati (considerando poi che i tre risultati possibili di un tiro variano in base alla posizione del tiro stesso, di conseguenza sono possibili ben nove outcome differenti). La profondità e la duttilità sono tali che il meccanismo è stato ripreso per tutta una serie di giochi diversi con ambientazioni disparate, i cosiddetti Forged in the Dark.
In una mia partita è bastato un tiro andato male per trasformare una missione lineare in una corsa contro il tempo, con una serie di twist imprevisti che, tiro dopo tiro, hanno portato la banda a una serie di scelte difficilissime, tra cui l’uccidere un povero maggiordomo innocente e prenderne il posto, invocare spiriti per simulare gli spriti del natale presente, passato e futuro e così via. Niente era stato scritto, tutto nasceva al tavolo come risultato di tiri, azioni dei giocatori e mie contro-azioni come GM. Grandioso.
Come detto, purtroppo, la curva di apprendimento è altina. Questo perché il gioco propone tutta una serie di sotto-sistemi che vanno appresi piano piano. Il primo impatto rischia di essere spiazzante e disarmante. Ci sono tante cose da gestire e da ricordare, cosa che richiede tempo e fatica, ma, e concedetemi la parolaccia, cazzo se ripaga.
La prima cosa da apprendere è sicuramente la gestione di stress, danno e trauma. Blades in the Dark è un gioco dannatamente difficile. Sarete sempre costretti a scegliere il male minore e ottenere successi richiederà fatica, sangue e sofferenza, dato che tutta la parte matematica è stata studiata per spingere verso fallimenti più numerosi rispetto ai successi pieni. Proprio in questi frangenti tutto il regolamento mostra il meglio di sé, dato che i vostri criminali potranno mostrare un lato di loro stessi più eroico ed epico, scegliendo di sacrificarsi per la causa comune. Il sistema del tiro di resistenza permette di opporsi sempre a un fallimento, ma al prezzo di subire stress e quindi potenziali danni gravi. Lo stress può anche essere speso per compiere imprese grandiose ed esagerate, cosa che all'interno di un setting tanto cupo e tematiche così "criminose" tende a dare un senso di grandiosità catartica mica da poco. Occhio, perché troppo stress porta a subire traumi, e i traumi portano il personaggio a ritirarsi, abbandonando la vita criminale.
E come si cura lo stress? Ma ovviamente assecondando i propri sporchi vizi; parliamo o no di infidi e cattivi criminali? Ogni personaggio è infatti caratterizzato da un vizio; assecondarlo in fase downtime guarirà lo stress, ma comporterà seccature, visto che è necessario tirare per curarlo, e se il tiro guarisce più stress di quanto non se ne sia subito allora il vostro personaggio si perde inesorabilmente nel vizio, cosa che chiamerà problemi, ripercussioni o persino settimane di perdizione.
Questa gestione circolare del regolamento, per cui una regola ne muove un’altra, che a sua volta ne muove un’altra sino a ritornare alla prima regola si riscontra in tutto il sistema. Tutto.
Per capire quanto il gioco sia un meccanismo oliato ed elegante è necessario parlare un po’ della banda e dei personaggi.
In fase di creazione della partita i giocatori scelgono la tipologia di banda che più li aggrada tra ben sei: Assassini, che si spiegano da soli; i Bravi, praticamente mercenari; Cultisti, tra religione e misteri; Hawkers, ossia Spacciatori; Le Ombre, praticamente i ladri classici; Contrabbandieri, di cose, persone e chissà cos’altro.
La tipologia di banda cambierà drasticamente il tipo di missioni da svolgere e persino le cose da sbloccare una volta ottenuta la giusta esperienza. La reputazione aiuta a far salire di livello la banda e si ottiene portando a termine le missioni e acquisendo nuovi turf (terrotori). L'heat invece è il livello di attenzione della polizia, e può salire e abbassarsi in base a determinate azioni e tiri.
Quando il livello di heat è molto alto siamo ricercati, e questo peserà in gioco in maniera concreta, tanto da poter persino essere arrestati (di solito quando uno dei PG viene arrestato il livello di ricercato scende di uno, mentre lo heat viene cancellato tutto). Se non bastasse, quando un PG è in cella continua a giocare e può persino portare avanti obiettivi interni alla prigione, per conquistarla o altro.
Ovviamente le regole non sono finite. Non soltanto la banda può salire di livello, potendo acquisire non solo territori e influenza ma anche nuove abilità di gruppo, alleati e aiutanti (questi compresi di loro abilità e potenzialità), con un approccio decisamente gestionale, ma anche i personaggi lo fanno.
Ho accennato sopra che esistono diverse tipologie di personaggio: sono ben 7, tra cui potremo trovare il picchiatore, il sabotatore e tecnico, l’infiltratore, il medium, il cacciatore, il pianificatore (il mio preferito), il manipolatore. Ogni tipologia di personaggio ha le sue abilità specifiche (che si ottengono mano a mano acquisendo avanzamenti), ma anche equipaggiamenti esclusivi, oltre ad abilità ed equipaggiamenti standard ottenibili da tutti. Parliamo di cose davvero fighe, come la possibilità del Whisper di evocare spettri o le forze della natura, oppure l'abilità del Lurk di entrare parzialmente nel mondo degli spettri. Tutte le abilità sono regolamentate una per una, per esempio:
Non c’è niente messo a caso per fare numero. Tutto si riconduce ai pilastri base del regolamento e non fa altro che aggiungerne profondità alla formula di gioco. Per sbloccare tutto sarà necessario giocare tanto, tantissimo, e ogni scelta dovrà essere ponderata. L’idea stessa di gestire l’avanzamento della gilda con una schema a percorso non solo è geniale, ma costringe a una ponderata e oculata scelta di quale percorso prendere, e quindi quale potenziamento sbloccare per primo.
La strizzata d’occhio a un approccio gestionale della banda è talmente evidente che non sarà raro discutere qualche minuto al tavolo su come gestire al meglio risorse, obiettivi e prossimi avanzamenti. Tutto deve essere oculato, dalla spesa e conservazione delle monete (che pesano e devono avere spazio nel rifugio per essere accumulate) alla scelta del prossimo vitale avanzamento. Al mio tavolo i giocatori hanno deciso ore se prendere degli arnesi potenziati o se prendere finalmente una mimetizazione migliore per la baracca. E non vi dico tutti i piani che si sono fatti, a inizio partita, sul decidere la posizione strategica del rifugio e il territorio d’azione. Per una volta non si trattava di discussioni sterili, ma strategiche, tattiche, fondamentali ai fini del gioco.
Tra l’altro dimenticatevi talenti che aggiungono solo +1 qua o +2 là. Tutto in Blades spinge la narrazione, aggiunge possibilità extra al giocatore e lo sprona a sfruttare al massimo il regolamento in ogni sua sfumatura. E scusatemi se è poco.
A differenza di molti giochi più classici, Blades in the Dark presenta procedure e linee guida molto ferree per il master, che qui ha un modo di gestire la partita regolamentato e funzionale all'esperienza che il gioco vuole ricreare.
Da regole, il GM non prepara nulla, deve giocare per scoprire cosa succederà (che non è un modo di dire, è da prendere alla lettera) e seguire tutta una serie di principi e procedure regolamentate e scritte in maniera molto chiara nero su bianco. Sono tutte cose come, per esempio, "essere fan dei personaggi" oppure "fai domande, costruisci sulle risposte", ereditate di peso dai Powered by the Apocalypse (PbtA). Il manuale elenca addirittura tutta una serie di pratiche virtuose da seguire nonché comportamenti da evitare per non far inceppare il gioco, non lasciando quasi nulla al caso.
Tutto il grosso del lavoro del GM parte durante la prima sessione, con la creazione di personaggi e banda. Esattamente come nei PbtA, il GM deve fare domande ai giocatori e poi costruire sulle risposte, con la variante che si parte con un setting già importante foriero di spunti e idee. Ruolo del Master è creare una situazione iniziale bella carica e zeppa di basi per il futuro, alla quale contribuirà tantissimo tutta la fase di creazione di banda e personaggi (piena di spunti, legami con altre bande ecc.) sulla quale si edificheranno poi tutti gli elementi a venire della campagna. Tra le varie sessioni, poi, la preparazione da fare è minima, giusto ricontrollare l'avanzamento dei vari orologi e delle varie fazioni.
Il lavoro del GM è ulteriormente agevolato dal ruolo che hanno i giocatori, i quali impostano da soli le missioni scegliendole da una lista (diversa in base alla tipologia di banda scelta). Al GM spetta principalmente preparare la situazione iniziale, anch'essa ottenibile da diverse liste e spunti sparsi per tutto il manuale, cosa che di solito risulta ancora più facile se si seguono tutte le dritte proposte da Harper: impostare un incontro tra le due fazioni coinvolte, inserendone una terza che agisce mettendo i bastoni tra le ruote. Spetta ai giocatori decidere cosa fare, accettando incarichi, rifiutandoli oppure agendo di loro iniziativa. Il GM si ritrova quindi a reagire e a ribattere alle azioni dei personaggi, scoprendo lentamente una storia non scritta che si crea mano a mano semplicemente giocando (nessuno la conosce).
Come nei PbtA, anche qua il GM ha una serie di azioni da poter utilizzare per non far fermare il gioco e spingere in avanti la storia in caso di fallimento nei conflitti. Si tratta di semplici azioni come, per esempio, "inizia l'azione attraverso un PNG" oppure "segna la sezione di un orologio". A proposito degli orologi, ossia i progress clocks, c'è un intero paragrafo che spiega al GM come usarli, perché e come sfruttarli al meglio. Ogni cosa importante dovrebbe averne uno, non solo gli obiettivi dei protagonisti, ma anche i piani elaborati di qualche loro rivale, e la campagna, in questo modo, viene portata avanti in maniera coerente e solida.
Per quanto si tratti di un gioco di più di 300 pagine, corposo e pieno di regole importanti, tutti gli accorgimenti appena elencati, nonché numerosi altri più sottili difficili da spiegare in questa sede, riescono a rendere il ruolo del GM divertente, leggero e per nulla complicato come in altri giochi. Sta tutto nel fidarsi del manuale e farsi guidare passo passo. Con questo, però, non pensiate che il GM abbia poco potere: spetta a lui gestire tutto il mondo attorno ai giocatori, portare avanti gli obiettivi dei PNG e in generale gestire la conversazione al tavolo.
Altissima. Il gioco è difficile e stronzetto, richiede pensiero logico e creativo; una volta presa la mano si aprirà un ventaglio di possibilità praticamente illimitato.Tutto il regolamento sorregge e guida i giocatori, permettendo loro di dare vita a una storia corale, cinematografica, dove la componente “fiction” si fonde con quella più giocattolosa, in un mix sapiente che, pur privilegiando la narrazione, saprà far felice anche chi preferisce le “tabelle” e i “numeri”. Capire come far girare tutto a vostro vantaggio, non solo creerà “fiction” di alto livello, ma vi lascerà soddisfatti e pronti a volerne ancora.
Medio-alta. Parliamo di un regolamento grosso, enorme, un po’ complesso, pieno di elementi che lavorano in concerto e che vanno quindi ricordati tutti. Le prime partite, specialmente lato GM, saranno ostiche e lente per via del dover sempre rivedere il manuale e del correggere gli errori strada facendo. Dalla mia esperienza, direi che 4-5 sessioni saranno necessarie per iniziare a sguazzare tra le regole con facilità. Se siete giocatori molto tradizionali e non siete troppo avvezzi ai giochi basati sul fiction first, potreste riscontrare qualche difficoltà in più. Lasciatevi guidare dal gioco e ne sarete ripagati, parola di lupetto.
Decisamente alta. È un gioco che dà quanto promette. Si riesce davvero a giocare la storia di una banda criminale, sino a farla ascendere nel pantheon delle organizzazioni più potenti e pericolose della città. Tutto il manuale inoltre è impregnato di discorsi sulla coreograficità e fluidità del regolamento, e su quanto conti la creazione di una narrazione emergente. In gioco si accorge che non sono parole sprecate: è tutto vero. Parliamo di un sistema rodato, curato nei minimi particolari, scritto da una persona consapevole e capace. La coerenza qui è davvero di casa.
Parliamoci chiaro: il manuale è bello, leggibile, ed è quasi sempre facile trovare quello che si sta cercando, ma... c’è un ma. L’esposizione non è delle più chiarissime. I termini usati e un certo slang “criminale” rendono l’inglese di Blades decisamente complesso e ostico, non adatto a chi non ha una buona dimestichezza con la lingua d'Albione. Vedremo quando uscirà la versione italica.
Blades porta avanti un tema chiaro, affascinante, e lo fa inserendo tutto in un setting esotico, originale e riconoscibilissimo. Non si limita a questo: il manuale lo espone in un modo davvero interessante, tra mappe, fasulli articoli di giornale di Doskvol, citazioni di libri fittizi e così via. La qualità della grafica e delle illustrazioni aiuta ad avvolgere i giocatori in un mondo cupo e dark, che è quello che ogni componente “visiva” dovrebbe fare.
Parliamo di un gioco importante, uno dei più importanti degli ultimi anni, per tanto un must play sicuro praticamente per tutti. Ciononostante, si rivolge a un target preciso: se amate le storie di gangster e non disprezzate un regolamento complesso, pieno di tanti elementi giocattolosi, dovreste davvero provarlo il prima possibile. Se invece siete un tipo di giocatore più da story game snelli dove ce la si racconta, o amate un certo tipo di gioco drammatico, beh, potreste soffrire una eccessiva complessità per i vostri gusti e una freddezza data dalla suddivisione del gioco in missioni. Infine, se siete giocatori tradizionali fatti e finiti, il gioco potrebbe conquistarvi, a patto di fidarvi del suo regolamento e lasciarvi trasportare dalle sue procedure.
Alla Prossima,
Luca dal Nuraghe
Salve, amici degli ippopotami.
Sono felice, questo è il trentratreesimo articolo di questa rubrica, ma anche il secondo dopo il blocco creativo di due anni, quindi il secondo di questa “terza stagione” e sempre il secondo su Storie di Ruolo. Da ora si riprende a fare sul serio.
In questa rubrica analizzo una serie tv, un videogioco, un romanzo, un film, un fumetto o un genere per capirne la struttura narrativa, consiglio giochi esistenti per giocare la stessa tipologia di storie e suggerisco qualche idea per crearne uno da zero.
Oggi parleremo di una serie di film che chiunque in Italia non può non conoscere, interpretati da uno dei duo più amati di sempre: parlo del filone “fagioli e cazzotti” e dell’accoppiata Bud Spencer e Terence Hill, nomi d’arte corrispettivamente del compianto Carlo Pedersoli e del Don Matteo nazionale Mario Girotti; coppia che abbiamo amato in film come “lo chiamavano Trinità”, “... più forte ragazzi”, “... altrimenti ci arrabbiamo”, “Nati con la camicia”, ecc..
Nel corso della loro carriera, i due hanno portato avanti uno stile riconoscibilissimo: storie fracassone, combattimenti comici ed esagerati e personaggi un po’ canaglie e un po’ eroi, alle prese con villain improbabili, situazioni goliardiche e buoni sentimenti. Sono i film dell’infanzia di molti, anche della mia, quindi cercherò di trattarli con tutto l’amore possibile.
I punti salienti di un'opera sono ciò che la rendono unica e diversa da tutte le altre. Sapere quali sono i punti salienti dei film di Bud & Terence è fondamentale, se vogliamo capire come giocarlo al meglio.
Non importa se ambientati nel far west, su un’isola tropicale, nella Miami anni ‘70 o nei ranghi della CIA, In tutti i loro film il nostro duo è alle prese con un obiettivo allettante. Sono sempre due sbandati o poco di buono, magari canaglie, disoccupati o fuorilegge, che cercano di arricchirsi o di sbarcare il lunario inseguendo qualche tesoro, compiendo qualche rapina, sgominando qualche banda o mettendo in piedi qualche truffa colossale. Questo li porterà, non solo a momenti assurdi, comici ed equivoci (come venire scambiati per altre persone e arruolati nella CIA, per dirne una), ma anche a scontrarsi con qualche cattivone da fumetto che vuole il loro stesso obiettivo oppure vuole impedire loro di raggiungerlo. Tra cazzotti, inseguimenti, travestimenti, bugie e sparatorie, i nostri troveranno il modo di sconfiggere gli avversari e ottenere (più o meno) quello che volevano, spesso in maniera inaspettata o con qualche twist finale sul tipo di ricompensa.
Durante l’avventura troveranno sempre il modo di rendere più forte il loro legame, spesso partito in maniera rocambolesca all’inizio della storia, finendo per diventare amici per la pelle o riscoprendo l’affetto che avevano in passato.
Per quanto in quasi ogni film il nostro duo interpreti personaggi differenti, nel tempo il loro carattere è diventato iconico e ogni loro interpretazione non è che una variazione di un tema comune, con due caratteri tanto diversi quanto complementari. E così, Bud Spencer è sempre il bontrolone taciturno e tranquillo, l’orso dal cuore d’oro che preferisce tenersi lontano dai guai, ma che se irritato mena le mani come un bulldozer impossibile da buttare giù, dopo ovviamente l’immancabile sbuffata. È l’amico, il socio o il fratello minore del più scanzonato e iperattivo Terence Hill, buontempone donnaiolo sempre pronto a gettarsi a capofitto in qualche rischio, magari per il cuore di una donna o per amor di giustizia, e che immancabilmente trascina il compagno nei guai. Un fuscello rapido e furbo, che, laddove Bud mette KO i suoi avversari a suon di cazzottoni alla nuca o pugni sulla testa, egli preferisce invece utilizzare astuzia, trucchetti e l’ambiente circostante in una serie di salti e prese per i fondelli.
C’è tanta violenza nei film della coppia, ma una violenza fittizia, cartoonesca, ridicola ed esageratamente finta. Non ci sono spruzzi di sangue, morti ammazzati o orrori visivi. Ogni combattimento è un’apoteosi di SCHIAFF, SDENG e BANG da fumetto, con cazzotti impossibili, acrobazie folli e tizi che volano fuori dai saloon. L’esagerazione visiva è ciò che piace tanto dei loro film, e in questo i combattimenti diventano veri e propri sketch comici in cui sappiamo già che i due usciranno vincitori, perché troppo forti rispetto ai loro avversari, praticamente al limite dell’invincibile. Il gusto sta nel veder ridicolizzati i cattivi e nel scoprire cosa i due dovranno sacrificare per avere la meglio.
Le gag esilaranti e i momenti da commedia assurda e sopra le righe sono la firma immancabile. Anche nei lavori più seri, come per esempio la saga di Trinità, non mancano le gag da ridere, sempre farcite di un modo rozzo e semplice di intendere la vita: si fanno gare di mangiate e di bevute, si consumano gli immancabili fagioli (tanto che qualcuno ha rinominato il genere slap & beans), i nostri hanno a che fare con ambienti formali in cui appaiono del tutto fuori luogo e così via. E’ una filosofia semplice, che innalza le piccole cose quotidiane e scherza su comportamenti da canaglie bifolche e ignoranti.
Nonostante interpretino spesso fuori legge o canaglie, i nostri hanno il cuore d’oro e lo dimostreranno in più occasioni. Ci sono sempre orfani da aiutare, vecchi da proteggere, comunità vessate da liberare e così via, e i nostri si troveranno sempre a scegliere da che parte stare, finendo per aiutare i più bisognosi inimicandosi i potenti malvagi di turno. Non è raro che nei loro film, alla fine delle vicende, i due decidano di rinunciare alla loro ricompensa (magari in denaro) per aiutare chi sta molto peggio di loro.
Di seguito troverete un elenco di punti che, per me, dovrebbero caratterizzare un gioco ideale su Bud & Terence.
Autore: Helios Pu, Samuele Vitale, Stefano Pancaldi, Davide Pierantoni
Numero giocatori: 2-5
Durata: 1-2 sessioni
Lingua: italiano
Tipologia: con master, leggero, narrativo
Primo consiglio praticamente obbligato e probabilmente il più azzeccato di tutti: Be-Movie, come suggerisce il nome stesso, è un titolo che vuole omaggiare i film di serie B. Con l’idea di star creando un film a basso budget, il gioco fa scegliere tra una serie di generi (azione, thriller, horror, commedia, ecc.), fa scrivere un blurb (ossia la descrizione riassunta della storia che potreste trovare nel retro copertina di una videocassetta), fa identificare delle parole chiave e fa creare dei personaggi che andranno mano a mano caratterizzati nel corso del gioco.
Con una gestione del flusso del gioco divisa in scene, rapide e cinematografiche, il gioco suddivide le autorità narrative in maniera meno asimmetrica rispetto a un gioco tradizionale, ma comunque differenziando la figura del Regista, che avrà autorità sul mondo e sui PNG. I vari Attori avranno potere sul loro personaggio, compresa la sua morte, e su una o più delle parole chiave scelte a inizio gioco (secondo l’idea per cui un attore ha comunque qualche voce in capitolo sulla produzione, specialmente se è un attore famoso).
Considerandone struttura, temi, obiettivi, e la durata praticamente da one-shot, Be-Movie è un gioco perfetto in praticamente ogni sua parte, in maniera così palese che non c’è nemmeno bisogno di spiegare perché. I film di Bud & Terence sono dei film di serie B fatti e finiti e sfruttando le regole del gioco sarà semplicissimo riprodurne in toto le dinamiche.
Autore: Davide Mana
Numero giocatori: 3-6
Durata: 5-10+ sessioni
Lingua: italiano
Tipologia: con master, crunchy
Si tratta di un’espansione/spin-off tutta italica per il famoso Deadlands, gioco di ruolo weird western che ha trovato fortuna nella sua seconda incarnazione a base Savage Worlds. Il gioco omaggia in maniera calorosa il classico filone spaghetti western, con tutta una serie di regole extra per gestirne i momenti più iconici.
Si tratta di un gioco tradizionalissimo, va detto, che fa dell’approccio tattico/simulativo la sua ragion d’essere. Ci sono regole e regolette per le più piccole cose e l’approccio al combattimento deve molto a giochi alla D&D, tutte cose che potrebbero cozzare con storie alla Bud & Terence. Ciononostante, parliamo di autori con una certa consapevolezza sulle spalle. Sono stati capaci di indirizzare il gioco verso un approccio molto rozzo, caciarone e pulp, con regole per le scazzottate da saloon, le gare di mangiate e altri momenti iconici di un certo modo di fare cinema, tutto italiano (con strizzate d’occhio al Tex Willer nazionale). Certo, è solo western, e certo, c’è un setting molto weird con dinosauri e altre esagerazioni pulp, ma ecco: trovate già le schede di Trinità e Bambino, che per l’occasione possono diventare qualsiasi alter ego dei nostri Bud & Terence, con tutte le loro abilità e competenze iconiche (ci sono talenti per i classici pugni in testa di Bud o per le mosse furbette alla Terence). Basta ignorare il setting, fare qualche modifica qua e là, ed il gioco è fatto.
Se amate il gioco tradizionale potrebbe essere una scelta praticamente perfetta.
Autore: Ian Williams
Numero giocatori: 3-6
Durata: 2-4 sessioni
Lingua: inglese
Tipologia: con master, narrativo, PBTA
Finiamo la nostra consueta carrellata di tre titoli con un PBTA decisamente poco conosciuto: Action Movie Worlds.
Il gioco ha un’impostazione cinematografica, con una storia completa (chiamata appunto movie) che dura dalle 2 alle 4 sessioni e con una campagna che, rappresentando la carriera di un attore, lega storie diverse di generi diversi, come fossero appunto opere di una filmografia. Da regolamento, ogni movie ha un lead role, un personaggio principale che non può morire e gioca da primattore, cosa che potremmo modificare assegnando due lead role per avere due protagonisti, Bud & Terence.
Il resto del regolamento simula molto di più i classici action americani anni ‘80, piuttosto che i B Movie all’italiana tipici del nostro duo, ma le similitudini ci sono tutte e può essere perfetto se tutti al tavolo sono sul pezzo. Le statistiche sono quelle che ci servono, le mosse base fanno quello che ci si aspetta, con anche regole per i classici buddy moment di coppia, utilissime per i nostri scopi, la gestione dei cattivi e delle storie va strabene e i vari libretti non sono altro che archetipi tipici del genere di riferimento, che possiamo usare per creare i nostri libretti home made di Bud & Terence, semplicemente tagliando e incollando varie mosse e idee da uno e dall’altro. Il flusso di gioco e l’approccio sono quelli coreografici tipici dei PBTA, con un ritmo molto dinamico e un GM che segue principi decisamente in tema.
Chiudendo l'articolo, voi cosa ne pensate? Cosa dovrebbe avere un gioco su Bud & Terence per essere davvero efficace? Come creereste un gioco dedicato? Quale gioco esistente, anche diverso da quelli proposti, usereste? Avete mai giocato di ruolo interpretando il nostro duo? Se sì, con quale gioco? Fatemelo sapere nei commenti.
Come state care lettrici e cari lettroci? Da quanto tempo? Questa è una delle rubriche a cui tengo di più e che ha portato al successo il mio vecchio bloggettino. Ora rieccomi qua, a riapprocciarla dopo quasi due anni di fermo (a parte sporadiche uscite) su un nuovo sito e con una nuova grafica. Acciderbolina, eh?
Seguendo la vecchia numerazione, questo è il trentaduesimo articolo della rubrica, nella quale analizzo una serie tv, un videogioco, un romanzo, un film, un fumetto o un genere per capirne la struttura narrativa, consiglio giochi esistenti per giocare la stessa tipologia di storie e suggerisco qualche idea per crearne uno da zero.
Questo articolo Numero 32 poteva essere molte cose, ma in redazione c’era una certa curiosità su un certo videogioco Ubisoft e allora eccoci qua. Parliamo chiaramente di Assassin’s Creed (AC), longeva e amatissima saga made in Ubisoft in cui vestiamo i panni di Assassini nell’eterna lotta con i Templari, tra open world storici, missioni e fantastoria. Il brand è ormai popolato da numerosi titoli, tra i quali è stato ufficialmente annunciato il futuro Ragnarok, ambientato nell’epoca dei vichinghi.
I punti salienti di un'opera sono ciò che la rendono unica e diversa da tutte le altre. Sapere quali sono i punti salienti di Assassin’s Creed è fondamentale, se vogliamo capire come giocarlo al meglio.
Non giriamoci troppo attorno: la struttura ludica di Assassin’s Creed si presta tantissimo a una conversione gdristica, proprio perché esso stesso deve molto ai classici del gioco di ruolo, nonostante sia a tutti gli effetti un action/adventure. La saga Ubisoft si struttura in una serie di missioni, principali e secondarie, che vedranno il protagonista di turno prodigarsi a uccidere uno o più bersagli, recuperare oggetti, lasciare messaggi, esplorare catacombe, trovare un colpevole o liberare delle vittime. Portare a termine una missione significherà sviluppare la trama e ottenere determinate ricompense: denaro, equipaggiamento, oggetti, punti esperienza. Nelle ultime incarnazioni del brand le missioni sono anche più o meno settate attorno al livello e alle statistiche del nostro protagonista, cosa che è ancora più tipica dei videogiochi di ruolo.
Questo è un punto che potrebbe non essere così importante da seguire in un eventuale gioco di ruolo, ma praticamente tutti i capitoli della saga hanno un singolo protagonista forte, capace di muovere i fili ed essere il fulcro della narrazione. Negli ultimi capitoli questo in parte si perde, ma l’idea del party unito che agisce all’unisono, così tipico nel mondo del gioco di ruolo cartaceo, è abbastanza aliena alla narrativa della saga. Come detto, comunque, non credo sia un punto così importante da mantenere.
Una delle fortune del brand viene proprio dalla peculiarità di ambientarsi ogni volta in una precisa epoca storica, in una città o regione molto famosi e intriganti, permettendo al giocatore, grazie a una formula open world, di esplorare liberamente monumenti, eventi storici e luoghi d’interesse. Nel primo AC avevamo il medio oriente con la sua Gerusalemme, Acri, Damasco; nel secondo AC prendeva vita l’Italia rinascimentale, tra Firenze, Venezia, Forlì e poi Roma e persino la turca Istanbul nei due seguiti. Seguono le ambientazioni più disparate: l’America coloniale, il Sud America piratesco, Parigi durante la rivoluzione, la Londra vittoriana, l’Egitto tolemaico, la Grecia durante la guerra del Peloponneso, senza contare poi vari spin-off tra la Cina dei Ming o l’impero dei Sikh.
Il giocatore può esplorare le città, ottenere info sui monumenti e i personaggi storici e fare insomma il turista, girando di qua e di là alla ricerca dello scorcio artistico o della ricostruzione perfetta, stupendosi di come il Colosseo sembri vero o di come fosse così diversa la piana di Giza al tempo dei faraoni. Questo è un punto importantissimo che un eventuale gioco su Assassin’s Creed dovrebbe tentare di fare suo il più possibile.
AC è in fondo un action/adventure e come il tipico prodotto del suo genere deve stupire il giocatore con combattimenti, intrighi politici, tradimenti, infiltrazioni, inseguimenti, colpi di scena drammatici e villain da sconfiggere. La trama è sempre un rocambolesco succedersi di avvenimenti drammatici ed epici, che da una parte seguono le vicende storiche e dall’altra, come un classico romanzo storico, vi inseriscono la storia inventata dei protagonisti e della faida millenaria tra Assassini e Templari. I personaggi evolvono, affrontano difficoltà che li porteranno a perdere le cose che amano, a diventare più forti, a lottare e infine crescere diventando delle persone nuove, migliori, più consapevoli del loro ruolo di assassini. Le vicende di Ezio Auditore sono, forse, l’esempio migliore di narrativa riuscita all’interno del brand e potrebbero essere una base perfetta da cui partire per creare regole adatte allo scopo.
Le meccaniche principali del brand sono, in linea di massima, tre: l’esplorazione per mezzo delle fasi platform, un approccio blandamente stealth ed i combattimenti all’arma bianca. I protagonisti della saga sono tutti esperti parkouristi in grado di arrampicarsi ovunque, fare salti incredibili e acrobazie al limite dell’umano. Sono anche dei combattenti provetti: spade, asce, archi e la famosa lama celata (abbandonata nelle ultime incarnazioni della saga). Le fasi di combattimento, dinamiche e di solito contro folti gruppi di avversari, sono all’ordine del giorno. Però questi eroi non sono Rambo invincibili, perciò in molti frangenti sarà necessario nascondersi e infiltrarsi come veri ninja, da cui un’importanza evidente della componente stealth.
Un gioco su AC dovrebbe riuscire a ricreare questi momenti, magari anche con un pizzico di sfida, però senza perdersi troppo in meccaniche lente e prive di ritmo, che andrebbero a minare il dinamismo tipico del brand.
I primi capitoli del brand sono caratterizzati da due fasi narrative: quella ai giorni nostri e quella nel passato, grazie alla trovata di far rivivere i ricordi genetici degli antenati del protagonista attraverso un macchinario fantascientifico noto come Animus. I momenti nel presente sono sempre fasi di rilassamento, in cui il giocatore fa il punto della situazione e fa un lungo respiro di sollievo tra un salto e l’altro su tetti ed edifici.
Una componente minore, ma comunque presente, è quella puzzle. I vari capitoli presentano blandi e semplici enigmi, sempre legati al mistero soprannaturale del momento (per esempio gli antichi e il 2012 per quanto riguarda i primi tre capitoli della saga), che non richiedono troppa acume ma che sono sulla scia di roba come Indiana Jones o Tomb Raider con strani meccanismo e così via. Possiamo decidere di mantenere questa componente oppure sciacquarcene i cabasisi, sta a noi.
Di seguito troverete un elenco di punti che, per me, dovrebbero caratterizzare un gioco ideale su Assassin’s Creed.
Autore: John Harper
Numero giocatori: 2-5
Durata: dalle 5 alle 20+ sessioni
Lingua: inglese
Tipologia: con master, crunchy
Giocato così com’è, Blades in the Dark è un gioco di carogne e criminali in cui, in una città oscura e vagamente steampunk, decisamente ispirata al videogioco Disonhored, dovremo portare alla ribalta una banda di poco di buono in un’ascesa criminale tra missioni, gloria e putridume. Va da sé che il gioco andrebbe ricolorato in maniera consistente, ma va benissimo per i nostri scopi perché la sua struttura è quantomeno perfetta per giocare AC. Ha tutto: la fase missione, la fase downtime, l’heath, la gestione della banda e così via. Inoltre i personaggi evolvono, e i combattimenti e altri momenti concitati hanno un ottimo sistema di risoluzione su cui basarsi. Per finire, l’uso della mappa della città è molto affine all’idea di “turismo storico” alla base di AC. Ripeto: necessita di una fase di rielaborazione per giocare Assassin’s Creed, ma se siete in grado e disposti a farlo, potrebbe essere l’opzione più figa in assoluto.
Fate Base - lo trovate qui; Fate Accelerato - lo trovate qui
Autore: Fred Hicks, Rob Donoghue
Numero giocatori: 3-6
Durata: 10+ sessioni
Lingua: italiano, inglese
Tipologia: con master, narrativo
Lo so già, leggo già i commenti in cui mi scrivete “ma consigli sempre Fate”. Oh, ma io che ci posso fare se va bene per moltissime opere analizzate in questa rubrica? Non lo consiglio certo a caso perché mi va, ma perché a un’analisi attenta si presta. Fate è fatto per giocare storie drammatiche di eroi competenti e proattivi, e Assassin’s Creed cos’è? Una storia drammatica di eroi decisamente competenti e decisamente proattivi. Ci potete fare le storie di Ezio Auditore senza problemi, e se conoscete un minimo il gioco sapete che è vero.
Certo, vanno aggiunte alcune cose. Per esempio tutta la fase di esplorazione della città andrebbe aggiunta ex novo, perché il gioco vanilla ovviamente non ha niente di tutto questo. D’altronde Fate per sua stessa natura è una specie di tools kit, quindi se volete qualcosa di davvero focalizzato al 100% dovrete smanettarci un pochino.
Ma tra il Base e l’Accelerato? Considerando che tutti i personaggi saranno assassini, quindi avranno su per giù competenze simili, consiglio fortemente l’utilizzo degli approcci dell’Accelerato.
Autore: John Wick, Kevin Wilson
Numero giocatori: 3-6
Durata: 10+ sessioni
Lingua: italiano, inglese
Tipologia: con master, narrativo, crunchy
7th Sea? Ma sei pazzo? No che non sono pazzo, gente. Togliete tutta l’ambientazione di Theia, e cosa rimane? Una struttura cappa e spada avventurosa, con personaggi larger than life che svolgono missioni e portano avanti storie drammatiche, attraverso un funzionale sistema a conflitti. Suona familiare? La cosa bella è che non dobbiamo nemmeno lavorare troppo per adattarlo ai nostri scopi, perché è praticamente già perfetto così. Basta solo silurare la sua ambientazione e tutto il sistema magico e inserire uno scenario adatto alla nostra ambientazione storica preferita, e TA-DAAAN. Ovviamente, talenti aggiuntivi a tema Assassini e una gestione della mappa per adattarsi al concetto di “turismo storico” del brand sono accorgimenti necessari.
Chiudendo l'articolo, voi cosa ne pensate? Cosa dovrebbe avere un gioco su Assassin’s Creed per essere davvero efficace? Come creereste un gioco dedicato? Quale gioco esistente, anche diverso da quelli proposti, usereste? Avete mai giocato di ruolo nel mondo di AC? Se sì, con quale gioco? Fatemelo sapere nei commenti.
Quello che vi accingete a leggere è un vecchio articolo scritto qualche anno fa, uscito poco dopo la pubblicazione originale di Worlds in Peril. Lo ripropongo oggi in vista dell’imminente uscita italiana di questo piccolo grande gioco di ruolo. Non mi sono limitato a copincollare il testo. L’ho rivisto, arricchito di nuove osservazioni e modificato la terminologia per omologarla a quella della traduzione italica.
Se parliamo di supereroi e Powered by the Apocalypse (in breve PbtA, il motore che deriva da Il Mondo dell'Apocalisse), dobbiamo necessariamente citare due titoli. Il primo è Worlds in Peril, scritto da Kyle Simons, Adam Bosarge e Jason Faulk; il secondo è Masks, scritto da Brendan G. Conway.
Nonostante condividano lo stesso motore di base, i due giochi sono focalizzati su storie e temi diversi. Se Masks ha velocemente e meritatamente trovato parecchi consensi nell’ambito indie, per via del suo tema particolare (parla di eroi adolescenti che devono trovare il loro posto nel mondo e si ispira a opere come Teen Titans, Young Justice, Young Avengers, Runaways), Worlds in Peril è stato fino ad oggi, almeno in campo italiano, abbastanza ignorato, e secondo me ingiustamente.
Questo articolo non vuole disquisire sui pro e i contro del gioco, o sulla sua realizzazione tecnica in quanto manuale. Vuole piuttosto solleticarvi il palato e spronarvi a dare una chance a un titolo che secondo me meriterebbe più attenzioni.
Intanto, è importante dire che Worlds in Peril parla di supereroi in una maniera che può inizialmente apparire generica, ma in realtà si focalizza su storie di gruppi di eroi metropolitani dai poteri disparati, con un tono molto Silver Age e proprio dei moderni fumetti Marvel/DC e dei film Marvel come The Avengers. In altri termini, quel genere supereroistico che in America ha preso il nome di Superheroes in quadricolor, in quanto affonda le sue radici negli anni ‘60/’70, quando la stampa in quadricromia faceva da padrona negli albi dei supereroi.
Di seguito trovate sei punti che per me rappresentano un insieme di elementi di primario interesse, e che elevano Worlds in Peril a uno dei migliori GDR sui supereroi attualmente sul mercato.
La gestione dei poteri di Worlds in Peril è così particolare che all'inizio spaventa. Non ha niente a che fare con giochi come Mutants & Masterminds, dove esistono liste su liste di poteri ognuno con regolette dedicate, ma appare comunque un sistema ingombrante e minaccioso. In realtà non solo non lo è, ma è anche un sistema figo, ed è una cosa che si capisce per gradi.
Ogni personaggio ha un semplice elenco di poteri che segnala tutte le cose che sa fare. Si tratta:
Da manuale, tutti questi poteri devono essere connessi a un Concetto Base. Per esempio La Cosa dei Fantastici Quattro ha la pelle dura come la roccia e una forza sovrumana, quindi tutti i suoi poteri saranno collegati a questo concept di base. Flash ha la super velocità e tutto ruoterà attorno a questo concetto.
Una volta elencati in maniera molto semplice i poteri, senza scendere nei dettagli (per esempio, se stessimo creando una specie di Batman basterebbe scrivere "gadget tecnologici", senza elencarli uno per uno), non rimane che inserirli nel "Profilo dei Poteri".
Il Profilo dei Poteri non è altro che un sistema per regolamentare la narrazione dei poteri. Ogni giocatore deve organizzare i poteri catalogandoli come facili, difficili, estremi, ecc. Riprendendo gli esempi più sopra, per la Cosa è facile "sollevare decine di tonnellate", mentre è difficile "sollevare centinaia di tonnellate". Per Batman, invece, è facile "oltrepassare semplici misure di sicurezza senza farsi notare". Non serve scrivere altro. I poteri da inserire in queste categorie sono numericamente contati, ma possono aumentare in determinati modi (tipo le Limitazioni e le Debolezze, che ora non ci interessano), persino inserendoli in gioco con l'apposita mossa (Push). Se siete curiosi, qui trovate le schede dei personaggi esempio del manuale, mentre qui le schede degli X-men più famosi (create da Kyle Simons).
I poteri, in Worlds in Peril, non sono che fictional positioning, ossia dicono cosa il personaggio può fare nella fiction, e quanto è difficile e complicato per lui farlo. Danno al giocatore facoltà di narrare certe azioni piuttosto che altre (e quindi attivare certe mosse che altrimenti non potrebbe usare) e informano il master in mondo che possa prendere le misure e sapere come gestire certi poteri. Cito dal manuale (a pagina 32 sia dell’edizione italiana che di quella inglese):
Un'altra cosa importante da tenere a mente è che alcuni Poteri possono permettere che una mossa venga attivata anche quando normalmente non dovrebbe. In tal modo, i Poteri giustificano il fatto che nella storia avvengano cose normalmente impossibili, perciò alcune mosse potrebbero essere attivate da alcuni giocatori ma non da altri, a seconda della situazione.
Di tutti i sistemi che ho provato sinora, trovo che questo sia il migliore per ottenere le stesse situazioni e lo stesso feeling dei fumetti e dei film supereroistici. Per esempio, poniamo che il gruppo di eroi fronteggi un nemico come Abominio, dotato degli stessi poteri di Hulk. Un personaggio come Capitan America non potrebbe mai danneggiarlo con semplici pugni, e quindi il suo giocatore non potrebbe attivare la mossa Abbattere (che è genericamente la mossa per abbattere una minaccia, più avanti ne parleremo); potrebbe attivarla se si ingegnasse in modo da fargli cadere addosso qualcosa di molto pesante, o sfruttando i suoi punti deboli. Il giocatore di Hulk, invece, non avrebbe problemi: picchiare Abominio a manate attiverebbe la mossa Abbattere, perché Hulk ha la forza sufficiente a ferire il suo nemico.
Per fare un altro esempio, Capitan America potrebbe utilizzare il suo scudo per proteggere dei civili dall'imminente esplosione di una bomba a mano, e attivare così la mossa Servire e Proteggere; Spider-Man avrebbe seri problemi a farlo, dovrebbe agire diversamente se vuole proteggere gli innocenti, magari spostando la bomba con la sua ragnatela (oppure facendo da scudo umano, che non è proprio un'idea priva di pericoli). Un personaggio come la Torcia Umana potrebbe assorbire l'esplosione senza problemi e probabilmente non attiverebbe nessuna mossa: lo farebbe e basta. Il Profilo dei Poteri serve proprio a rendere chiare tutte queste evenienze.
Inoltre, una simile gestione dei poteri permette di avere personaggi con valori di potenza totalmente diversi, ma senza alcuno squilibrio meccanico. Qui Thor può combattere tranquillamente al fianco di Capitan America (proprio come negli Avengers), o Superman combattere al fianco di Batman (proprio come nella Justice League), e i giocatori di entrambi i personaggi avranno le stesse possibilità di impattare sul gioco. Quelli che contano non sono gli elementi quantitativi di statistiche e danni inflitti, ma quelli descrittivi.
Le mosse del gioco sono ben scritte, non solo perché spiegate benissimo nel manuale (penso che sia il gioco PbtA con le mosse spiegate meglio e con più esempi), ma anche perché si sposano perfettamente con il tono e i propositi del gioco. Ora, sarebbe assurdo elencarle e spiegarle una per una, ma posso parlarvi di quelle che mi sono piaciute sin da subito.
Per esempio, parlarvi della mossa Abbattere mi permette anche di parlarvi del sistema di danni. La mossa recita:
Quando provi ad affrontare una minaccia immediata, descrivi come lo fai e tira. Il CR [Caporedattore, il nome del GM in questo gioco, NdR] ti dirà quale caratteristica aggiungere al tiro. Con 10+ scegli 3, con 7-9 scegli 2:
Come vedete si attiva solamente quando agite attivamente per contenere e/o assoggettare una minaccia immediata. Notare intanto l'attivazione, più elegante e sensata di quanto possa apparire in un primo momento: la minaccia deve essere immediata, vuol dire che la mossa non si attiva se picchiate un sospettato qualunque o una persona che passava di lì a caso, ma solo se picchiate qualcuno che è davvero una minaccia, esattamente come dovrebbe fare un vero supereroe! Certo, l'azione in gioco avverrebbe comunque (immaginate Superman che mena tizio X che passeggia per strada), ma la mossa non si attiverebbe.
Un'altra cosa figa da notare è che la mossa non parla in nessun modo di attaccare o picchiare; sono cose che potete fare e probabilmente la attiverete molto spesso in questo modo, ma la mossa si attiva quando "contenete e/o soggiogate un'immediata minaccia", e potete farlo in tanti modi: parlando, usando poteri telepatici, mentendo, usando tattiche e trucchetti, con la violenza, ecc.
Mettete caso che ci sia un supertizio impazzito che, per vendicarsi di un bruciante licenziamento e di anni di angherie e ingiustizie, stia per buttare giù dal 40° piano il suo ex datore di lavoro. Voi siete Superman, e pensate che in fondo questo supertizio sia anche una vittima e non volete fargli del male, a meno che non sia necessario. Provate quindi a parlargli, a convincerlo che quello che fa è sbagliato: se butta di sotto il suo ex capo il senso di colpa lo tormenterà per sempre e diventerebbe un mostro a sua volta. State cercando di contenere e/o soggiogare una minaccia immediata, quindi state attivando la mossa Abbattere, probabilmente sulla statistica Influenza.
Perché questa mossa è perfetta per evenienze così disparate, per quella sopra descritta come per una scazzottata? Non lo sarebbe se il gioco non gestisse i danni tramite condizioni, ossa brevi frasi che descrivono uno status o, appunto, una condizione. Ci sono quelle minori, per piccoli danni che guariscono in fretta, come lo stordimento; quelle moderate, per cose un po' più gravi che richiedono tempo, come un taglio; quelle critiche, per danni seri come una gamba rotta o peggio. Chiaramente le condizioni possono benissimo essere emotive e/o sociali, ed è per questo che si prestano a un sacco di situazioni. A mio avviso questa è la meccanica ideale in un contesto supereroistico, perché copre a 360° tutte le eventualità tipiche di questo genere.
Ovviamente, anche le condizioni funzionano secondo il criterio del fictional positioning, esattamente come i poteri. Quindi, se siete l'Uomo Ragno e avete "entrambe le braccia rotte", la vedo dura lanciare ragnatele; se siete Black Canary e siete "intrappolati sotto una pila di mattoni", muoversi sarà un vero problema. Se siete Wolverine e vi trivellano di pallottole, in poco tempo sarete come nuovi, ma non avrete nessun vantaggio contro condizioni che non siano danni fisici.
Un'altra mossa davvero figa è la mossa Adattarsi:
Ogni qualvolta hai tempo libero e cerchi di tornare alla tua vita “normale” per riparare o creare un Legame, decidi su quale Legame concentrarti e tira +Legame. Con 10+, rimuovi un numero di condizioni pari al tuo punteggio di Legame con quella persona e quindi lo aumenti di 1. Con 7-9,ottieni ciò che otterresti con un 10+ ma dovrai affrontare un problema che minaccia la tua vita col Legame scelto.
Inizia raccontando e giocando la scena normalmente, il caporedattore inserirà il pericolo al momento più opportuno.
È una mossa che ricrea perfettamente certe situazioni tipiche: l'eroe sveste il costume e torna a casa sua a leccarsi le ferite, oppure segue le sue attività mondane (come la scuola o il lavoro). Da notare che è anche l'unico modo efficace per curare le condizioni, e ricrea perfettamente momenti questa puntata di Daredevil oppure questo spezzone di Amazing Spiderman (ovviamente, i link contengono spoiler, NdR). È forse la mossa che preferisco in tutto il gioco.
Bene o male le mosse sono tutte ben scritte e tematiche, e si vede che gli autori hanno capito a fondo come funziona il motore di Apocalypse World e qual è la filosofia dietro ad esso. Questo non si può dire di tutti i pbta fin'ora usciti; la maggior parte sembrano aver travisato la vera natura delle mosse.
Abbiamo parlato dei Legami (Bond), un'altra meccanica fighissima. Potrebbe ricordare quella omonima di Dungeon World, ma in realtà ha un impatto molto maggiore e segue fedelmente le convenzioni del genere.
I Legami possono essere sia con gli altri PG, sia con qualsiasi PNG (parenti, amori, amici, conoscenti), persino gruppi o associazioni, tanto che il gioco obbliga di base ad avere legami con le forze dell'ordine e la città. Ogni legame ha un valore numerico, positivo o negativo. Un valore positivo significa ottimi rapporti, un valore pari a zero significa rapporti inesistenti, un valore negativo brutti rapporti.
Si tratta di valori in continuo mutamento, e questo grazie a una meccanica che si chiama Bruciare un legame. Ci sono momenti in cui una situazione è così tesa o difficile che fallire un tiro significherebbe perdere tutto o mandare le cose ancora più in vacca, e non ce lo si può permettere. Per evitarlo possiamo decidere di Bruciare un Legame, ossia abbassare il suo valore di 1, in modo da aumentare il risultato di una soglia di successo (un 6- diventa un 7-9; un 7-9 diventa un 10+; un 10+ diventa un 12+). Questo però peggiora i rapporti con quel legame, in un modo che spetta al giocatore specificare. Per esempio, se siete Spider-Man e bruciate un legame con Mary Jane, la scazzottata contro l’Avvoltoio andrà sicuramente bene, ma vi accorgerete magari di aver fatto tremendamente tardi all’appuntamento con la bella rossa, che avevate invitato a cena quella sera stessa. Non ne sarà felice.
Questa meccanica è potentissima, perché ricrea alla perfezione molti momenti salienti delle grandi sage supereroistiche. Se avete presente le serie TV Daredevil, The Flash o Arrow, gli eroi Bruciano Legami di continuo. E parlando dei fumetti, la serie di Spider-Man è da sempre un continuo bruciare Legami. Per riacquistarli esiste la mossa Adattarsi (in realtà non solo, altre mosse fanno aumentare i Legami), di cui abbiamo parlato prima. Fate 2+2 e poi ditemi che non si tratta di regole che concertano divinamente.
Chiaramente, in maniera descrittiva, i Legami possono aumentare o diminuire in base a quello che succede in gioco. Se un Legame si deteriora in maniera naturale in base alla giocata, allora va abbassato, e viceversa.
Avete mai sfogliato il manuale di Mutant & Masterminds? Io sì, e quando vi spiega come creare il vostro eroe vi dà un elenco di "archetipi" in base ai poteri, che è il tipo di catalogazione più comune sul tema dei supereroi. Quindi abbiamo il paragon, che è un supertizio alla superman, poi il controllore energetico, l'artista marziale, il gadgeteer e così via.
Worlds in Peril lascia perdere totalmente una catalogazione di questo tipo e si focalizza su "archetipi" tematici. Abbiamo dunque due tipi di libretti: le Origini (Origins) e le Guide (Drive).
Le Origini non sono tanto il motivo per cui il personaggio ha ottenuto i poteri, ma il motivo per cui è diventato un supereroe, e cosa lo caratterizza come tale. Sono prese di peso dai fumetti, ed è facile riconoscervi i supereroi famosi. L'origine "una Morte in Famiglia" (a Death in the Family) dice che il personaggio ha perso qualcuno di caro e questa morte ha segnato una svolta nella sua vita; è l'origine di Batman e del Punitore. L'origine "Sono uno Scherzo della Natura" (I'm a Freak) dice che il personaggio è nato diverso, o lo è diventato a un certo punto della sua vita, e ora non si riconosce più come un essere umano normale; sia gli X-Men che la Cosa ricadono in questa origine.
Le origini sono davvero tutte molto belle, da "le mie Origini Aliene" a "la mia Eredità", e ognuna dona delle mosse speciali e impone ai giocatori delle domande alle quali dovranno rispondere. Per esempio: "Sono temuto e mi sento di non appartenere a questa società, perché"... e la risposta potrebbe essere: "perché il mio corpo è enorme, deforme e ricoperto di pietra arancione" (la Cosa). È ovvio come ogni libretto aiuti ad avere personaggi in linea con il genere supereroistico, e questa è una cosa che adoro.
Abbiamo anche parlato di un libretto Obiettivo. Questo è molto particolare, perché inizialmente risulta "chiuso" e le sue mosse andranno sbloccate mano a mano. Si tratta della motivazione dell'eroe, di quello che lo sprona a combattere il crimine e a vestire il costume, cose come: "provare quanto valgo", "redimermi", "ispirare", "fare giustizia", "spingere la scienza oltre i confini" e così via. Le mosse dell’Obiettivo, come ho detto, andranno sbloccate giocando, dato che ognuna ha un attivatore in fiction che vi rende la mossa disponibile. Per esempio: "comprometti la tua morale o dottrina per aiutare qualcuno di molto importante per te".
Sbloccare queste mosse significa "esplorare" la tematica centrale di quel libretto, ed è anche l'unico modo per ottenere "punti esperienza". La scelta dell’Obiettivo non è che una "bandiera", un modo per dire al GM quale tema vi interessa e cosa volete vedere in gioco, e anche questo mi piace molto.
Se c'è una cosa che ho apprezzato molto è la costruzione dei super villains, fondamentali in ogni storia supereroistica che si rispetti. Un cattivo debole può mandare tutto in fumo, e il gioco aiuta il GM (che qui si chiama Caporedattore, CR) a dare vita a dei cattivi credibili, simpatetici e pericolosi.
Esistono diverse tipologie di cattivo. L’Orda, ossia le mezze calzette che solitamente i supereroi fanno fuori a flotte; non a caso vengono gestiti come un unico PNG composto da tanti individui, così che un colpo ne faccia fuori 2, 3, 5 alla volta. I sacchi da boxe sono cattivi di second'ordine il cui scopo è impegnare per uno scontro e prendere schiaffi. I picchiatori sono villains di tutto rispetto, con poteri fighi e motivazioni interessanti. Infine le menti criminali, i veri cattivoni, ossia i pezzi da 90, coloro che si celano dietro il piano malvagio che gli eroi dovranno affrontare.
Chiaramente, anche i poteri dei cattivoni vengono gestiti in maniera simile a quelli degli eroi (fictional positioning prima di tutto), ma in più il CR ha uno strumento, chiamato piano malvagio (praticamente un arco narrativo), che lo aiuta a portare avanti i piani dei cattivi e rendere difficile la vita dei personaggi. Se conoscete Dungeon World, bene, sono i Fronti, che qui aiutano a dare vita a serie di circostanze molto in tema con il genere dei supereroi.
Proprio come in Dungeon World e altri PbtA, anche qui il CR ha la sua agenda, i suoi principi e le sue mosse. L'agenda contiene regole come: "descrivi la situazione", "segui le regole", "fai le mosse", "costruisci sulla tua preparazione", "ritrai un modo da fumetto", "riempi le vite dei personaggi con azione e avventura", "gioca per scoprire cosa succederà", "spingi i giocatori a raccontare le loro storie". I principi sono cose come: "dài vita a ogni nemico", "fai domande e usa le risposte", "inizia e finisci con la fiction", ecc.
Le mosse invece sono il modo che ha il Caporedattore di impattare sulla fiction, cose come: "rivela una verità spiacevole", "infliggi la condizione appropriata", "usa le loro risorse", "separali", "metti in pericolo un segreto", "metti qualcuno sotto i riflettori". Le mosse sono di due tipi, morbide e dure. Le prime possono essere usate sempre, e sono azioni che stanno per accadere e che accadranno se i giocatori non fanno qualcosa (tipo: «Dottor Destino alza il suo guanto e vedi che sta per lanciarti addosso un raggio verdastro. Cosa fai?»). Le mosse dure invece sono cose che accadono senza appello, e il CR può inserirle sfruttando un fallimento dei giocatori (6 o meno ai dadi) o quando i giocatori ignorano una mossa morbida. Per esempio: «Il raggio del Dottor Destino ti prende in pieno e ti scaraventa dall'altro lato della stanza. Impatti contro il muro, creando un piccolo cratere. Ti becchi la condizione moderata: "lividi ovunque".»
Come potete notare, in Worlds in Peril il GM ha regole precise da seguire, e nonostante abbia un enorme potere, specialmente sulla gestione delle condizioni, questo è incanalato dai principi e dalle mosse. Inoltre, e quasi dimenticavo di dirlo, il CR non tira mai dadi.
Un'altra interessante cosa che dovrebbe fare il CR è fare domande ai giocatori, in modo da costruire sulle loro risposte. È così importante che il manuale, come ha fatto notare il mio amico Daniele, consiglia addirittura pratiche come questa (da pagina 156 sia del manuale italiano che di quello inglese):
Quando i giocatori fanno domande, presta attenzione. Se le domande riguardano le regole e il sistema di gioco, rispondi. Se le domande riguardano l'ambientazione, il tono e l'atmosfera del mondo puoi capovolgere la domanda e porla ai giocatori. Assicurati che questo sia il mondo in cui vogliono giocare: chiedi loro di creare i dettagli di cui hanno bisogno prima di iniziare. Collabora con i giocatori, se hai in mente idee per futuri personaggi importanti come il sindaco della città, i funzionari del governo, un'agenzia che sorveglia gli eroi o il capo della polizia, parlane e chiedi cosa ne pensano. Fai attenzione a non essere troppo dettagliato. Se qualcuno chiede se c'è o non c'è qualcosa nell'ambientazione e nella fiction, pensaci attentamente prima di dire di no. Invece, "Non ancora" è un'ottima risposta; il mondo dei fumetti non è mai statico e non sai mai quando potresti aver bisogno di un nuovo elemento da inserire nel gioco. Meglio ancora, chiedi loro cosa ne pensano e come potrebbe adattarsi alla fiction!
Ultimo punto che secondo me rende Worlds in Peril un gioco di ruolo interessante è l'azione. In molti giochi di ruolo i combattimenti vengono gestiti con turnazione, tiri per colpire e una serie di procedure rigide, tanto che a volte si utilizza una griglia di battaglia.
Worlds in Peril non ha nulla di tutto questo. Vi ho detto che i poteri sono puramente fiction, che il GM non tira mai dadi e che le mosse si attivano quando i giocatori fanno qualcosa che vale come attivazione di quella mossa. Aggiungo che non ci sono turni. Questo porta ad avere momenti action fluidissimi, molto cinematografici (o meglio, fumettosi), dove a dare il ritmo non sono le azioni per round o i tiri di danno, ma le azioni dei giocatori e le reazioni del GM. È tutto un susseguirsi di raggi laser, palazzi che crollano, nemici che fuggono, aerei che precipitano e così via.
Avete presente il combattimento finale di The Avengers? Con Worlds in Peril ottenete una cosa simile direttamente in gioco, momento dopo momento, mossa dopo mossa, e in maniera semplicissima, praticamente automatica. Si può dire che è impossibile non ottenerla. Secondo me questo è uno dei più grandi pregi del gioco, perché invece di focalizzarsi su aspetti matematici, su turnazione e build, dà ai giocatori l'ebrezza di un'azione libera, appassionata, coreografica.
L'articolo è davvero lungo, e me ne scuso, ma avrete capito che Worlds in Peril è un gioco davvero interessante, con un sacco di elementi che meritano parecchio.
Chiaramente non è tutto oro quel che luccica, ha anche lui i suoi difetti, per esempio una difficoltà di apprendimento medio-alta che lo rende un gioco poco adatto ai neofiti (a meno che non ci sia qualcuno che conosce il gioco davvero bene), un manuale poco chiaro in alcune parti e forse una certa lentezza eccessiva per quanto riguarda l'avanzamento dei personaggi. In generale però è un gioco molto valido, che secondo me meriterebbe molta più attenzione.
Vi ho solleticato un po' di curiosità?
A presto,
Luca Maiorani
Dall’anno scorso si è affacciata sul panorama ludico una nuova, piccola, etichetta. Un’etichetta che mi fa sentire fiero perché tutta sarda: la Origami edizioni. Alla Lucca del 2017 hanno esordito con due giochi basati su Fate, Dies Irae e Multiverse Ballad, scritti da due nomi d’eccezione, rispettivamente Mauro Longo, molto famoso nel panorama gdr-istico nostrano, e Andrea Atzori, scrittore di tanti e amatissimi romanzi fantasy ambientati nella Sardegna di età nuragica.
Quest’anno la giovane etichetta sarda non vuole essere da meno e lancia sul mercato altri due nuovi titoli, entrambi scritti da Fabio Attoli: I viaggi straordinari, un PbtA (Powered by the Apocalypse) molto snello ispirato ai racconti di Verne e scritto assieme alla co-autrice Eleonora Guggeri, e Gothia, un altro gioco basato su Fate. Oggi mi va di puntare i riflettori su I viaggi straordinari e parlarvene in maniera approfondita.
Come suggerisce il nome stesso, I viaggi straordinari si ambienta durante l’epoca delle grandi esplorazioni del 1800 e si ispira alle opere immortali di Jules Verne (20.000 leghe sotto i mari, Il giro del mondo in 80 giorni, Viaggio al centro della Terra, ecc.). Come novelli esploratori ci imbarcheremo in un viaggio epico alla ricerca di antiche civiltà, mondi perduti, tesori dimenticati e prove per qualche nuova teoria scientifica. Il manuale non spende troppo tempo a descrivere l’epoca di riferimento, ma si limita a dare una veloce panoramica per entrare nella giusta ottica e suggerisce di iniziare l’organizzazione della vostra esplorazione in qualche città come Boston, Londra o Torino.
Il professore è uno dei "libretti" tra cui scegliere
Come in quasi tutti i PbtA, dovremo scegliere uno dei 9 libretti (in realtà classi, mancando una scheda di tipo libretto), tutti arricchiti da illustrazioni carine, che, a una prima occhiata, appaiono abbastanza tematici (a parte una grossa ridondanza tra Studioso e Professore), ma che a un’esplorazione più attenta presentano giusto un paio di mosse dedicate che, per quanto in linea con il minimalismo di tutto il gioco, non risultano troppo focalizzate sull’esplorazione.
In realtà questo è in parte lo stesso problema che attanaglia anche tutte le mosse base. Si vede che sono state prese di peso da altri PbtA, principalmente Dungeon World, e per quanto abbiano un certo accento sull’azione, sono così generiche da poter funzionare in praticamente ogni contesto. Sinceramente avrei pensato a meccaniche più focalizzate sul tipo di fiction di riferimento, cosa che invece non è così presente come sarebbe da aspettarsi.
Trattandosi di un PbtA, però, i veri problemi sono altri e sono tutti legati alla filosofia di fondo di questo filone di design. Ad occhi meno esperti, i PbtA possono sembrare giochi abbastanza classici caratterizzati solo dalle mosse e da una certa semplicità meccanica; in realtà, alla base di tutto il design soggiace una filosofia molto importante: le meccaniche devono sempre partire dalla fiction e impattare sulla stessa, cambiandola, perché si gioca per scoprire cosa succederà e niente deve rimanere statico; non è un caso che i giochi che afferiscono a questa categoria abbiano fatto del fail forward il loro grido di battaglia. Inoltre, in tutti i PbtA il GM deve sempre seguire dei principi, tra cui “dire sempre cosa onestà richiede” ed “essere un fan dei personaggi”. Nessuno scrive una storia, perché tutto nasce dalla conversazione tra GM e giocatori e da come le mosse si inseriscono in essa. Gli attivatori delle varie mosse sono pensati per ricreare determinati momenti tematici e restituire narrazione focalizzata, in maniera fluida, direttamente durante la conversazione e il botta e risposta tra GM e giocatori.
Il problema di fondo de I viaggi straordinari è il suo voler essere un PbtA senza abbracciarne la filosofia. Innanzitutto, le mosse non sono arene tematiche di conflitto, come dovrebbe accadere in un PbtA, bensì semplici abilità con regole dedicate. Non sono lì a inserire qualcosa di nuovo nella fiction, ma a sancire se un’azione sia riuscita oppure no. Questo si nota molto bene nei risultati 7-9 e, specialmente, nei 6-, ossia i fallimenti. Il fallimento dei PbtA non è quasi mai indicato dalle mosse e non è detto sia un vero fallimento, perché il GM dovrebbe usare una “mossa dura” atta a inserire qualche cambiamento (in peggio) nella situazione. Qua invece il 6- è quasi sempre un “non ci riesci”, solo declinato in maniera diversa da mossa a mossa. Per fare un esempio tra tanti, la mossa “Prendere la mira” recita:
Quando vuoi prendere la mira tira +ATLETICA. Con 10+, colpisci il bersaglio o il tuo avversario. Con 7-9, hai colpito il bersaglio o il tuo avversario ma qualcosa è andato storto. Con 6-, hai mancato il bersaglio.
Ovviamente, non manca nemmeno il classico esploratore.
A parte la fumosità dell’esito 7-9 (cosa significa che qualcosa va storto?), il 6- è proprio un miss. Si vede che questa mossa è stata scritta alla stregua di un tiro per colpire. È una mossa che di per sé non crea fiction e non spinge la narrazione verso qualche direzione tematica.
Un altro enorme problema è la gestione delle informazioni tra GM e giocatori. I PbtA si basano sempre sull'onestà e sul non nascondere informazioni ai giocatori, mentre I viaggi straordinari presenta quest’eventualità addirittura tra gli esiti di alcune mosse (il 6- della mossa “Rivelare conoscenze” recita: “Con 6-, il GM ti dirà qualcosa di interessante e qualcosa di inutile, sta a te capirlo”). Questo mina alla base alcune dinamiche, come la proattività dei giocatori (se temo che il GM mi possa mentire, agirò sulla difensiva e prenderò meno iniziative, che è quello che non si dovrebbe mai fare in un PbtA).
Infine, tutta la parte del GM è mancante. La sua gestione prevede solo una manciata di pagine del manuale: mancano del tutto i principi, le mosse del GM sono scritte come consigli, più che azioni, e sono cose del tutto stonate in un PbtA (tipo: scrivi un enigma e presentalo ai giocatori); infine, viene espressamente detto al GM di preparare l’avventura, che è una delle cose da evitare quando si gioca (o scrive) un PbtA.
Quindi I viaggi straordinari è un pessimo gioco? No. Di sicuro è un pessimo PbtA, questo indubbiamente, ma se preso come un gioco tradizionale più snello della media, funzionale e con un appeal intrigante, il gioco risulta discretamente interessante, con qualcosa da dire. Con un GM che ami la fiction di riferimento, quindi in grado di far risaltare le storie alla Verne, non ho dubbi che I viaggi straordinari riesca a riempire qualche serata di gioco in maniera snella e intrigante. Non aspettatevi un gioco da mega campagna, perché non è pensato per avere una grande longevità, ma ha quello che serve per creare buona azione, buone atmosfere e un certo grado di scorrevolezza, cosa che per molti giocatori è quanto basta per elevare un gioco al rango di “buon” gioco. Ci tengo a dirlo perché credo che il gioco possa dire la sua, ma abbia semplicemente scelto il target sbagliato per farlo. Se cercate invece un gioco dal design studiato e calibrato, beh, direi che dovreste cercare altrove.
Finisco questa panoramica facendovi partecipi di un problema che spero gli autori siano riusciti ad aggiustare. Quando mi hanno gentilmente mandato una copia pdf da recensire ho notato alcuni paragrafi ambigui e sono corso a farlo presente agli autori stessi, che si sono detti subito pronti ad aggiustare quelle parti di testo. L’ambiguità sta in alcuni passaggi un po’ sessisti che non citerò, perché credo gli autori siano già riusciti a correggerli. Se ciò non fosse avvenuto, per colpa dei tempi ristretti per Lucca, sappiate che si tratta di sviste causate dall’ingenuità e non di un pensiero veramente sessista. Gli autori mi sono sembrati tutto tranne che sessisti e ci tengo a spezzare una lancia in loro favore.
Chiudo con un mio piccolo parere personale: nonostante i palesi difetti del titolo, mi sento comunque di fare un plauso enorme agli autori e agli editori. Si sono messi in gioco con il cuore, venendo da una realtà, quella isolana, piccola e non troppo ricca per quanto riguarda il gioco di ruolo (ve lo dico da sardo). Invece di proporre design vecchi e ritriti, hanno deciso di lanciarsi sul nuovo, facendo di Fate e dei PbtA un trampolino per le loro idee e le loro passioni. Al di là di quanto possa essere riuscito o meno un singolo prodotto, io tifo per Origami edizioni e spero che in futuro possa proporci ancora più idee e passione.
Salve a tutti carissimi lettori.
Voglio inaugurare questa rubrichetta in cui vi parlo di ambientazioni fighe, originali e scritte bene, da cui potete prendere spunto, volendo, per capire come impostare le vostre. L'idea è anche quella di intrigarvi e spingervi a provare il gioco di cui fanno parte, per vedere come le regole si fondono bene al flavour e assieme spingono verso un’esperienza precisa e focalizzata.
Illustrazione di copertina del manuale italiano, a cura di Francesca da Sacco
Parliamo di Inverse World (per gli amici IW), scritto da Jacob Randolph e Brandon Schmelz. Si tratta (per me) della più
bella ambientazione per Dungeon World (trovate qua la versione in italiano) e anche un mondo di Fate. Trasforma un gioco di elfi, nani e classici elementi fantasy alla D&D in un fantasy solare, esplorativo e fortemente ispirato a JRPG come Final Fantasy o a film come quelli di Miyazaki. L’esplorazione e il sense of wonder diventano molto più importanti del menare le mani e dell’accumulare l’oro. Gli avventurieri tombaroli diventano gruppi eroici che agiscono per migliorare il mondo in cui vivono e scoprire incanti e meraviglie. Un fantasy diverso dalla classica visione tolkieniana, dal mix di gusti e stili di D&D o dal dark gritty che tanto piace a noi italiani. Un fantasy di cui io sentivo davvero bisogno.
Il mondo di Inverse World, chiamato Invell da chi vi abita, è nascosto sotto la crosta terrestre (potrebbe trovarsi anche sotto il mondo della vostra campagna). Al centro del pianeta brilla un piccolo sole rinchiuso in una gabbia d’oro e fuoco: è Sola, la divinità di Invell, che dispensa luce e pioggia agli abitanti. Sola attira la gravità verso di sé e manda la pioggia dal basso verso l'alto. La pioggia trasporta dei messaggi in una lingua dimenticata che nessuno capisce. Sulla superficie di Sola, protetta dal calore da magie e benedizioni, c'è il tempio delle Lanterne, un ordine di cavalieri e mistici.
Attorno a Sola, il mare di nubi. Nuvole talmente grandi e compatte da poter essere solide o contenere veri e propri oceani giganteschi, al cui interno o sulla cui superficie sorgono regni e città dorate. Qui nuotano i pesci volanti. Molte nubi bloccano i raggi di luce di Sola, oscurando in parte le zone più alte di Invell.
Al di sopra delle nubi c'è l'atollo, un enorme spazio di cielo circolare dove volano le immense tartarughe-isola e ruotano le isole volanti. La vegetazione cresce al di sotto delle isole, bagnata dall'acqua di Sola (i contadini sono veri e propri scalatori), mentre sopra la superficie sorgono paesi, città o intere nazioni. Queste ultime sono composte da varie isole legate tra loro da forti catene d'acciaio, dato che altrimenti ogni zolla fluttuerebbe lontana dalle altre: la geografia di Invell è alquanto mutevole e i cartografi hanno un duro lavoro da svolgere. L’atollo è anche la zona più abitata e trafficata, ove è possibile incontrare navi volanti: traghetti, trasporti militari e navi pirata.
Ancora più su c'è la crosta esterna, la gabbia che imprigiona tutta Invell: un soffitto di pietra forata da tunnel che si inerpicano verticalmente. Qua si rifugia la feccia e la gente sopravvissuta a immani catastrofi, spesso all’interno di profonde miniere, città e locande poco raccomandabili. Tutti quelli che hanno provato a esplorare la crosta per scoprire cosa si cela al di là non hanno mai fatto ritorno, dato che scalare i cunicoli è pericolosissimo (si dovesse mai cadere la caduta potrebbe durare per dei chilometri) e non mancano predatori come i ragni khesat. Come se i pericoli non bastassero, la crosta è anche la dimora del leggendario divoratore di mondi, un serpente così grande da poter ingoiare intere città e il cui sonno si interrompe ogni 100 anni.
Gli abitanti di Sola vengono chiamati “benedetti da Sola” e si differenziano in tre tipologie distinte: i benedetti dalla Terra, detti anche gente goblin: tozzi, bassi, resistenti, con orecchie cascanti tipo cane e la pelle metallica (di tutte i vari tipi di metallo); i benedetti dell’Aria, o angeli, quelli più simili a noi esseri umani: la loro conformazione fisica è come la nostra, ed esistono tutte le tonalità di carnagione. Quello che li distingue è un bel paio di ali, dei tipi più disparati. Molti hanno ali troppo piccole per riuscire a volare, mentre alcuni fortunati le hanno abbastanza forti e sviluppate per solcare i cieli; infine i benedetti dalla Pioggia, o marini, ibridi uomo-pesce dalle forme più varie e strane, da uomini squalo a polipi umanoidi con tentacoli al posto di braccia e gambe. Si possono trovare tutte le varie tipologie di creatura marina, e i marini con tratti da pesce volante potrebbero riuscire a volare.
Le varie tipologie non si tramandano per via genetica, ma in base al posto dove si nasce. Nascere sulla terra farà diventare un goblin; tra l’acqua un marino; in aria un angelo. Due genitori goblin potrebbero avere un figlio marino.
IW sostituisce le nove classi di Dungeon World, ossia Guerriero, Mago, Ladro, Chierico e le altre facce note agli amanti di D&D, con altre create ad hoc. Sono pensate per spingere ancora di più sui temi cari al gioco: esplorazione, sense of wonder, voglia di libertà e meravigliosi artefatti, e hanno tutte un retrogusto molto JRPG.
Il Danzatore dei Cieli disegnato da Francesca da Sacco per il manuale italiano
C’è il Capitano, che ha una nave volante altamente personalizzabile, una ciurma e solca i cieli, forse per pirateria, forse per mercanteggiare o forse per la voglia di avventure. Era affiliato a un impero? Ora fa il pirata? E cosa cerca? Oro, avventura, amore?
C’è il Collezionista, uno studioso che ha con sé un’infinita collezione (la cui natura la sceglie il giocatore), da tirare fuori per uscire dai guai, e gira Invell per studiare nuove strabilianti cose per infoltirla. Ci sono tante cose pericolose e meravigliose la fuori, e lui le scoprirà tutte.
C’è il Danzatore dei cieli, che si libra su ali, magia o trabiccoli, esplora i cieli e osserva tutto dall’alto. Fa parte della pattuglia dei cieli? Sta scappando da qualcosa? Oppure sta solo inseguendo i suoi sogni, alti come le nuvole?
C’è il Golem, un costrutto creato per una missione, fatto forse di roccia, forse di lava, forse di qualcos’altro ancora. Chi lo ha creato e perché? Viene da un misterioso passato oppure è giovane come un neonato? Diventerà mai una vera persona?
C’è la Lanterna, che ha ottenuto la sua piccola luce, un piccolo frammento di Sola, e la usa per trovare la via, per farsi da scudo o per combattere quando ne ha bisogno. Come ha trovato la luce? Questa lo guiderà per alleviare le sofferenze o per distruggere il male?
C’è il Meccanico, un inventore impareggiabile che utilizza un’armatura tecnologica, sa aggiustare le cose e armeggia con tutto ciò che di tecnologico c’è a Invell. Come userà le sue conoscenze? Quali sono le sue specializzazioni?
C’è lo Scalatore, un abile e sfuggente atleta, agile e scattante. È un tizio subdolo che attacca alle spalle o è un esploratore che cerca qualcosa al di là della crosta esterna? Quando verrà il momento aiuterà gli altri o si arrampicherà lontano?
C’è il Signore delle piogge, nato dall’acqua di Invell che si è unita assieme e dai cui pensieri è sorto un essere senziente. Con un corpo fatto di liquido e messaggi, porterà il suo messaggio al mondo o perderà la sua voce? Quale volontà si cela davvero dietro la sua esistenza?
C’è il Sopravvissuto, un reduce di una catastrofe, causata forse dall’uomo, forse da un mostro, forse da un dio! Porta con sé le sue cicatrici e la sua pellaccia dura, che userà forse per proteggere gli innocenti, forse per cercare vendetta.
Come ben sa chi ha giocato a Dungeon World (da ora in poi DW), il gioco funziona molto male con un’ambientazione già pronta. È pensato per dare vita al proprio mondo, con le schede che danno agganci e spunti al GM per fare domande ai giocatori, e i giocatori che danno vita al mondo rispondendo a quelle domande. Le regole prevedono mosse per fare world building estemporaneo durante la partita, come Rivelare conoscenze (Spout lore), pertanto è molto meglio creare le cose al volo piuttosto che basarsi su materiale già pronto. Come fa quindi IW a essere funzionale se fa esattamente quello che non si dovrebbe fare, ossia fornire un setting già pronto per DW?
La risposta è molto semplice: Inverse World non è un setting già pronto. Nel manuale non troverete molto più di
Il Capitano di Inverse World disegnato da Francesca da Sacco
quanto vi ho già elencato qua sopra, giusto qualche elenco di mostri, veicoli e oggetti meravigliosi (come le gocce di pioggia che trasportano messaggi o i cuori di isola per animare un’isola) e ovviamente le classi, che vanno a sostituire quelle alla D&D di Dungeon World. Non c’è una geografia prestabilità, niente regni con nomi, né PNG importanti o una cronologia più o meno già data. Niente di tutto questo.
Quelle che abbiamo sono informazioni che fungono da colonne portanti per quello che si andrà a costruire tutti assieme. Insomma, i paletti iniziali per dare vita a una vostra versione di Invell, fatta su misura per i vostri gusti e per i vostri PG. I regni, le isole, i PNG importanti, le fazioni, si inventa tutto mano a mano, con tanto di generatori casuali e domande a cui rispondere per aiutarsi nel processo, tutti fatti con una cura e una genialità che lasciano piacevolmente sorpresi. Tutti gli strumenti puntano a un universo ricco di stramberie e di meraviglie da esplorare, di piccoli dettagli che fusi insieme danno vita a un mosaico che potreste aspettarvi da One Piece o un film di Miyazaki. Cose che però creiamo tutti insieme, non sono già prestabilite in partenza.
Gli autori sono stati furbi nell’inserire spunti e idee, senza trasformarle in vincoli, sia nelle cose molto grandi che nelle cose molto piccole. Per esempio, non sappiamo come funzionano il giorno e la notte, è lasciato libero. C’è un ciclo regolare, è sempre giorno oppure Sola si spegne a intervalli casuali? O ancora, cos’è davvero Sola? Un dio imprigionato? E da chi? Per quale colpa? Oppure, Sola ha creato Invell per proteggere i suoi abitanti da qualche pericolo esterno oltre la crosta? E chi abitava Invell prima di Sola? Tutte queste sono illazioni buttate lì dagli autori, che noi giocando potremmo fare nostre o scartare, o usare come spunti per altre idee ancora.
Così, allo stesso modo, sono presenti innumerevoli spunti per creare locande, porti volanti, strani trabiccoli, paesi e culture uniche. Questo si fonde benissimo con il sistema di world building di Dungeon World. Gli spazi bianchi da riempire sono enormi, ma dato che le regole generali del mondo di Invell sono già date, potremo usarle come base per aggiungere tutte le nostre idee. Panico da foglio bianco addio!
Inoltre, come si è detto all’inizio, IW vuole raccontare storie leggermente diverse da quelle di DW. Là dove DW fonde all’anima da racconto epico anche un’anima molto dungeon crawling che strizza l’occhio a Dungeons & Dragons, IW abbandona invece i dungeon per abbracciare uno spazio aperto di nuvole, isole e navi volanti, stramberie e solari avventure, dove certo si meneranno le mani in più di un’occasione, ma dove la sopravvivenza e l’uso oculato delle risorse non sono il punto focale dell’esperienza.
Questo cambio di gameplay passa per le nuove classi e le loro rispettive mosse: in DW si tira per disinnescare trappole, sfondare pareti, rattoppare ferite o creare cerchi magici protettivi; in IW si tira per estrarre meravigliosi artefatti dalla propria borsa, per usare la propria luce personale così da illuminare i cuori delle persone o per arrivare in un porto senza perdersi tra rocce fluttuanti e strane anomalie celesti. Anche la mossa di Fine Sessione è stata modificata: se in DW una delle domande a cui rispondere è “Abbiamo trovato un grande tesoro?”, in IW diventa “Abbiamo apportato un cambiamento nel mondo?” Il focus su qualcosa di diverso dal dungeon crawling è evidente.
Se IW vi intriga e volete vivere avventure nel mondo al contrario, scaldati dalla luce di Sola, vi consiglio caldamente di farlo con Dungeon World, usando le regole originali ideate dagli autori. Avrete sicuramente l’esperienza più completa e focalizzata. Come accennato più su, però, IW esiste ufficialmente anche come Mondo di Fate e utilizza le regole di Fate Accelerato. Anche questa è una buona opzione, e se proprio non apprezzate DW è sicuramente un’alternativa validissima, come spiegano gli stessi autori nel manuale dedicato. Fate infatti condivide molti dei principi di DW: si crea il mondo al tavolo tutti insieme, con regole che rendono facile aggiungere dettagli al volo per creare una storia emergente, ed è perfetto per raccontare storie di eroi competenti, drammatici e proattivi, come gli eroi di IW devono essere.
Il Meccanico, disegnato da Francesca da Sacco
Se invece desiderate utilizzare altri regolamenti le cose potrebbero essere meno semplici. Vi consiglierei di preferire Dungeon World, ma se proprio volete cambiare…
Tra i regolamenti privi di un’ambientazione loro, e quindi facili da adattare, penso sicuramente al Solar System. Il suo approccio libero e la meccanica delle chiavi dovrebbero funzionare benissimo con Inverse World. Manterreste senza problemi tutti i presupposti dell’ambientazione e riuscireste a riempire con facilità gli spazi bianchi. L’unica cosa che cambierebbe è che narrereste storie di singoli eroi che portano avanti la loro agenda personale, piuttosto che di gruppi uniti.
Tendo invece a sconsigliare l’utilizzo di Savage Worlds. Ha un approccio più tradizionale al worldbuilding, che potrebbe essere più difficoltoso da adattare alla filosofia degli “spazi bianchi” da riempire di IW: SW, infatti, preferisce l’uso di materiale preparato in anticipo e gestisce male l’improvvisazione. Inoltre è un tipo di regolamento che tende a dare peso alla gestione delle risorse e al combattimento tattico, cose che in IW stonerebbero. Si perderebbero la bellezze dei mostri giganteschi grandi come isole, di molte classi che con le loro mosse fanno aggiungere informazioni al mondo e di un sacco di piccole chicche che hanno modo di esistere solo con regolamenti molto fiction first come quello di Dungeon World.
Chiaramente vale lo stesso discorso per D&D, che tra l’altro risulterebbe ancora più restrittivo date le sue classi, che mal si sposano con l’ambientazione di Invell. Se avete tempo e voglia di adattare tutto, magari costruendo nuove classi ricalcate su quelle di IW, fate pure (e se lo fate contattatemi subito in privato, avrete tutta la mia stima e il mio supporto), ma la vedo un’operazione molto complessa se non impossibile: in D&D la classe determina e regolamenta le competenze pratiche e professionali del personaggio, mentre la classe di IW determina e regolamenta la sua identità, sulla base di competenze, esperienze e relazioni. Riesco a vedere abbastanza bene il Danzatore dei Cieli e la Lanterna come classi di D&D, molto meno cose come il Golem o, ancora meno, classi come il Sopravvissuto (che si basa su chi egli sia piuttosto che sul cosa sappia fare) o il Collezionista (uno che tira fuori cose magiche o assurde dalla sua collezione quando gli pare e piace; un vero pain in the ass per la quasi totalità dei GM). Immagino che un modo per ovviare al problema ci sia (qualche idea la ho), ma sarebbe un lavoraccio e toglierebbe comunque gran parte della magia del setting.
Continua a valere il discorso sui toni di Invell: D&D si basa sulla “risoluzione” del dungeon e su combattimenti tattici, su avventure preparate a monte e sulla microgestione delle risorse (pozioni, slot di incantesimi e così via), e tutto ciò risulta poco azzeccato per vivere le avventure libere e spensierate di IW.
Altri regolamenti interessanti potrebbero essere quello di Anima Prime, decisamente molto JRPG-esco ma con troppa enfasi sul combattimento, e quello di Archipelago, che però porterebbe alla creazione di una storia più frastagliata, cosa che potrebbe non stonare affatto.