Capirci tra giocatori di ruolo è talvolta un’impresa. Con cinquant’anni di storia, stili di gioco differenti e comunità non sempre in buoni rapporti tra loro non stupisce che non esista un vocabolario condiviso. Trovare un terreno di dialogo comune è senz’altro una sfida alla quale non ci tiriamo indietro, in particolar modo sulle piattaforme online. Queste danno scarse possibilità di argomentazione e approfondimento ma, indipendentemente da ciò, sono uno dei luoghi virtuali di dialogo a cui è più facile partecipare e questo le rende molto attive. Ho messo insieme questa lista di spunti e consigli che mi auguro possa portarvi discussioni sempre più fruttuose e serene, arrivando al nocciolo delle vostre e altrui domande ovunque vi capiti di discutere.
Ecco un consiglio sempreverde: prendete un gioco alla volta.
La convinzione che tutti i GDR prevedano lo stesso tipo di interazioni e discussioni va solo a svantaggio dei sostenitori di tale filosofia: è falso e dannoso per il gioco. Ne esistono troppi per poterli anche solo contare, figuriamoci descriverli o giocarli tutti allo stesso modo! Come nel gioco da tavolo, nei videogiochi e in praticamente qualunque altro medium, conoscere un singolo titolo a menadito non vi rende esperti nel medium stesso o in altri titoli che vi appartengono. Nessuno può pensare di esserlo di Cluedo o Risiko dopo aver giocato vent’anni a Monopoli, e lo stesso vale per il mondo del videogioco. Come si può quindi pensare di conoscere approfonditamente il mondo dei giochi di ruolo se la propria esperienza ventennale si concentra solo su Dungeons & Dragons?
Leggete ciò che vi incuriosisce e cercate giochi ed esperienze che soddisfino vostre specifiche esigenze e vi colpiscano nel profondo. È il trucco per ottenere il massimo dal tempo che dedicherete all’hobby. Provate, quindi, tutto ciò che vi è possibile, senza pregiudizi. E infine, quando parlate di gioco di ruolo online, magari in un gruppo Facebook, cercate di mantenere la conversazione su un singolo titolo: ogni volta che vengono fatte delle generalizzazioni la discussione si fa immediatamente meno chiara per tutti i partecipanti.
L’introduzione al GDR è uno degli argomenti spesso dibattuti data l'evidente necessità di rinnovare l’utenza del medium e mantenerlo un settore vivo. Molti di voi, un po’ come il sottoscritto, sono stati introdotti al GDR per mezzo di Dungeons & Dragons e affini ma è bene interrogarsi e discutere della questione in maniera puntuale se ci poniamo un obiettivo di divulgazione e mantenimento del medium.
Distinguere un GDR introduttivo (nel mondo del gioco da tavolo li chiameremmo “gateway”) da uno pensato per un pubblico esperto non è sempre facile: gli indizi “fisici” relativi al vettore del gioco (spessore del manuale, art direction) potrebbero ingannare e sicuramente non aiutano tanto quanto provare il gioco in questione con qualcuno che ha esperienza con il medesimo. Certo, una scheda che sembra un 7-30 o un manuale da 300 pagine saranno difficilmente strumenti adatti ad un GDR introduttivo per l’eccessiva granularità e numero delle scelte da compiere, mentre una scheda con poche scelte significative o un manuale di poche pagine sono senza dubbio più approcciabili e probabilmente più facilmente applicabili.
Le modalità di interazione e la complessità delle tematiche sono fattori determinanti. Narrare di Elfi e Orchi in un contesto fantasy con meccaniche/strumenti per il combattimento e poco altro non è così complesso come trattare di ragazzini ribelli che combattono durante l’invasione della Polonia durante la seconda guerra mondiale con una complessa griglia di spunti e dicotomie, ma è di certo più complesso di un gioco in cui si racconta le vicende sentimentali e laser di un gruppo di viaggiatori spaziali con una meccanica che bilancia soltanto questi due aspetti - gioco, che, peraltro, potete scaricare gratuitamente in Italiano. Strumenti narrativi che richiedono sottigliezze nell’applicazione possono risultare ostici, a differenza di strumenti d’interazione intuitivi basati sul dialogo e la negoziazione di un accordo.
La complessità non è un nemico da evitare a tutti i costi, ben inteso, una preferenza specifica per un genere di fiction o strumento di gioco possono sovrascrivere la complessità e rendere un gioco il perfetto strumento per l’introduzione all’hobby. Il punto fondamentale è che non si parta sempre dai titoli che dominano il mercato senza porsi domande e che non si assuma, in automatico, che questi sono l’opzione ottimale in quanto utilizzati dalla maggioranza.
Non c’è occasione in cui non ripeto questo mantra: quando leggete un manuale per giocarci, o anche solo per curiosità, fate lo sforzo di andare da fronte a retro e di comprendere/applicare le regole per come sono scritte. È l’unico modo che avete per capire davvero come funziona lo specifico gioco, il tipo di esperienza che mira ad offrire e stabilire se è o meno adatta a voi.
Ciò non vuol dire che una volta capito un gioco non si possa farlo proprio e adattarlo alle esigenze dei propri compagni di gioco ma, piuttosto, che per farlo in maniera efficace è necessario sapere dove si sta mettendo le mani e aver sperimentato in lungo e in largo ciò che il medium ha da offrire.
Mi è capitato di rileggere manuali due o tre volte e trovare ad ogni lettura concetti e strumenti che avevo ignorato o non avevo capito in prima battuta. Penso all’evoluzione nel mio modo di leggere The Quiet Year, che mi ha permesso inizialmente di comprenderne le procedure e a successive letture di comprendere le motivazioni di meccaniche come il contempt e il suo utilizzo, o all’evoluzione nel mio modo di comprendere Cani nella Vigna, che di lettura in lettura ha acquisito maggiore profondità nelle dinamiche di creazione e nella mia aderenza alle direttive dell’autore.
Ai nostri tempi l’informazione viaggia rapida e onnipresente. Nonostante ciò presumere che un qualunque contenuto culturale o mediatico sia conosciuto indistintamente da chiunque è un’esagerazione. Non è granché probabile, poi, che un giocatore disponga delle competenze necessarie ad elaborare concetti che necessitano di alfabetizzazione avanzata: non tutti masticano design e teoria come pane quotidiano.
È ancora più improbabile che chiunque abbia gli strumenti dialogici per astrarre dalla propria esperienza: quanto viene detto è di frequente una generalizzazione di esperienze dirette di gioco, espresso tramite il linguaggio del gioco in questione – non un’analisi generale basata sulla saggistica e le finezze dei singoli giochi. Cogliete perciò sempre l’occasione di chiarire, approfondire, citare e condividere direttamente ciò di cui parlate, a maggior ragione quando non state parlando con un gruppo di persone a voi vicino e familiare.
Sembrerà un surplus d’informazioni, lo capisco, ma sono saggi specifici sul gioco di ruolo come Play Unsafe di Graham Walmsley o video come Art of the playable character di Eirik Fatland che hanno migliorato significativamente il mio modo di intendere ed affrontare il gioco.
I termini “divertimento” e “immersione” vengono spesso utilizzati. “Lo scopo dei giochi è divertire”, “Questo gioco è molto immersivo”, etc… Si tratta a tutti gli effetti di termini generici, tanto quanto potrebbe esserlo “interessante”: comunicano poco dell’effettiva esperienza vissuta in un gioco.
Intendiamoci, è perfettamente possibile avere esperienze positive tramite il gioco associabili al divertimento o percepire che il coinvolgimento nel gioco è rafforzato dalle sue caratteristiche, ma un dialogo produttivo richiede un piccolo approfondimento di codifica affinché quel “divertente/immersivo” abbia un significato per tutti gli interlocutori.
Domandare cosa li intrattiene maggiormente dell’esperienza descritta è un perfetto punto di partenza: se sia il senso di sfida, di esplorazione, l’umorismo tipico del loro modo di giocare, la natura sociale dell’attività, la scoperta e l’esercizio della fantasia, la fuga dalla realtà e la possibilità di sperimentare dure conseguenze in un mondo immaginato, l’aspetto emotivo struggente del narrato, ecc... Approfondire con gli elementi del gioco li hanno fatti sentire parte del mondo immaginato è altrettanto utile: se sia la fantasia condivisa, i materiali di gioco, l’ambiente, etc...
Spesso otterrete risposte generiche e dovrete fare ulteriori domande per arrivare effettivamente al nocciolo di ciò che li ha intrattenuti o coinvolti ma il risultato sarà una comprensione piu’ profonda della varietà di esperienze e desideri dei giocatori.
Se ritenete utile avere strumenti dialogici più profondi per descrivere le vostre esperienze ascoltate la talk tenuta da Francesco Rugerfred Sedda alla conferenza Knudepunkt 2019 e vi farete sicuramente un’idea di cosa può funzionare per voi. Potete approfondire ulteriormente dando un’occhiata al modello dei "Player Motives" di McDiarmid (2011) pubblicato nel Wyrdcon Companion Book 2011: Branches of Play e alla ricerca di Gordon Calleja sull’incorporazione.
I giochi di ruolo parlano in moltissimi modi: a partire dal comparto artistico, che suggerisce le note di colore che facilmente vi hanno convinto a comprarlo, e proseguendo con il setting descritto, il tono incoraggiato, le tematiche esplorate e gli eventuali messaggi emergenti. È raro che in una discussione online si trovi una descrizione approfondita di tutti questi elementi, per questioni di praticità, e spesso si legge addirittura di giochi/sistemi “generici” per evidenziare l’assenza di un setting, come se il regolamento non avesse alcun impatto su quanto perseguibile tramite il gioco. Comprendere veramente ognuno di questi aspetti funziona come una lente tramite cui fare luce sulle caratteristiche del gioco. L’analogia con il medium cinematografico può aiutarvi a comprendere questo concetto.
In Star Wars Episodio IV: Una Nuova Speranza
Per capirvi meglio potreste chiedere ai vostri interlocutori quali sono i punti fermi dell’ambientazione, quali siano i sottotesti tematici del gioco (e cioè, quali tematiche sono esplorate dalla fiction di gioco e dall’interazione con le meccaniche) o il tono auspicato dal gioco per parlarne. È un tipo di discussione davvero complesso e spesso la controparte non avrà la pazienza di esplorare a fondo ogni singola componente.
Per farvi un’idea in merito a cosa potreste aspettarvi in risposta potete fare una ricerca nelle risorse per scrittori a proposito di cosa si intenda per setting e tema, potete dare un’occhiata allo strumento dei CATS di Patrick O'Leary e al loro utilizzo nel contesto di The Gauntlet (per un ottimo esempio di come sono applicati leggete Brindlewood Bay!) o al sito di Brenda Brathwaite a proposito di “mechanic is the message”. Infine, soprattutto nel caso in cui un tema o il tono con cui viene trattato non sembrino appropriati per un gioco, potete ascoltare ad una di queste due conferenze: This might sting a little e You can’t make a game about that.
Quando poi la discussione riguarda l’esperienza di gioco una domanda fondamentale è a proposito delle modalità con cui le meccaniche e le dinamiche (cosa succede al tavolo da gioco e nella conversazione) portano a quella specifica esperienza. In questo caso è bene precisare un dettaglio importante: se le regole non impediscono attivamente di introdurre un certo contenuto, non vuole che implicitamente lo supportino, vuol dire solo che non lo vietano (è diverso!). Questa discussione è di sicuro interesse anche per chi si occupa della progettazione di nuovi giochi.
Val la pena di dare un’occhiata ai riferimenti teorici per eccellenza a proposito di cosa si intende per meccaniche, dinamiche ed estetiche del gioco (gli elementi che assieme creano l’esperienza): il modello MDA di Hunicke, LeBlanc e Zubek e il più recente DPE (Winn, 2008), che aggiunge anche un’analisi degli scopi/contesti dell’esperienza.
Sembrerà una banalità ma non lo è, e tanti tendono a dimenticarlo col tempo, se dovete discutere di problemi che state affrontando nell’attività di gioco di ruolo chiedetevi a che livello si collocano. Il GDR è un’attività sociale: giocare insieme richiede cooperazione, unione d’intenti, capacità di compromesso e sensibilità. Di questa concezione del gioco fanno parte concetti quali il Contratto Sociale (che racchiude tutti gli accordi espliciti e impliciti tra i giocatori) e l’allineamento d’intenti creativi (cosa i giocatori cercano di ottenere a livello esperienziale e cosa si ripromettono di evitare).
Ognuno di questi elementi necessita di considerazioni separate e, soprattutto, i problemi di ogni ambito dovrebbero essere risolti nel contesto che gli compete. Se “i miei compagni di gioco trattano qualsiasi PNG che incontrano come carne da macello” è una questione risolvibile a livello di intenti, “I miei compagni di gioco passano buona parte della sessione al telefono” o “Il master/facilitatore favorisce uno degli altri giocatori al tavolo a sfavore di tutti gli altri” sono chiaramente problematiche sociali e “Siamo in disaccordo su quale regola applicare nella specifica situazione di pericolo per il mio personaggio” è una questione spesso risolvibile a livello regolistico.
Chiedete ai vostri interlocutori di collocare il problema nell’appropriato contesto o suggerite una collocazione appropriata nel caso decideste di dare un suggerimento per la risoluzione. La cosa importante, in questo caso, è che i vostri interlocutori comprendano da sé la distinzione per evitare spiacevoli malintesi e contrasti altrimenti facilmente evitabili. Date inoltre un’occhiata alle sezioni sul Social Contract (ovvero il “contratto sociale”) e sulla Creative Agenda nella wiki del Big Model per basi teoriche su questi concetti.
Infine, adottare strumenti di supporto (per esempi codificati informatevi su x-card, linee e veli, etc - anche noti come meccaniche di sicurezza) è una forma di rispetto per voi stessi, per i giocatori al tavolo e per l’attività che intraprendete tramite il gioco di ruolo. Non è una questione di bravo gruppo o di bravo master o, ancora, di “buon senso” ma di permettere ad ognuno d’esprimersi in un contesto tranquillo e di rispetto reciproco. Insomma, uno strumento in più per trattare alla radice, e in corso, i problemi che insorgeranno in gioco.
È assolutamente possibile che nessuno al tavolo abbia bisogno di codificare degli strumenti di supporto, ci sta, ma sappiate che codificarli ne normalizza l’utilizzo e ne favorisce la discussione in misura maggiore che trattarli come pratiche universali di buonsenso.
Ecco qua: spero di cuore che abbiate trovato tra queste righe dei consigli e strumenti utili per le vostre attività ludiche e conversazioni. Ora cosa farne sta a voi, sperando di vederci e affrontare presto discussioni complesse tra i commenti di un nostro articolo o di un post, ciao!
Buona parte della redazione di Storie di ruolo è ormai alla soglia dei 30 con tutto ciò che questo comporta. Siamo stati i “gggiovani” del gioco di ruolo, le nuove leve ad un tavolo di D&D, i master alle prime armi che non tengono le fila delle vicende raccontate. Ogni volta che si parla del gdr come di un medium in invecchiamento siamo i primi a dire: “Hey, a trent’anni sei giovane, cosa vorresti implicare?”. Diventa però sempre più rilevante anche per noi, con la mamma col fiato sul collo che comincia a chiedere “Quando mi fai un nipotino?”, la questione di come introdurre persone nuove al medium, soprattutto tra i bambini e le future progenie, ché nerd da piccoli nerd tutta la vita. Oggi vi parliamo di Kids & Dragons, un prodotto che i piccoli hobgoblin umanoidi li ha nel nome, e vi portiamo la nostra opinione in merito.
Kids & Dragons è un GDR pensato per ragazzi, in arrivo il 21 aprile su Kickstarter, degli autori F. Amato, A. Buccolini et al. (per un totale di 10 autori). Il gioco è frutto dell’esperienza accumulata in 62 eventi (51 località, 627 ragazzi) tenutisi tra il 2016 ed il 2019 all’interno del circuito Kids & Dragons, appunto.
La promessa del gioco è di un sistema accessibile e studiato appositamente per ragazzi e ragazze dagli 8 ai 99 anni, incentrato sull’immaginazione, recitazione e narrazione di personaggi eroici e fantastici impegnati nell’ottenimento di un obiettivo comune in un mondo fantasy. Il gioco è pensato per essere “plug-n-play”, ovvero apprendibile attraverso tutorial durante il gioco anziché attraverso la lettura del manuale delle regole.
Abbiamo ricevuto il gioco sotto forma di preview demo contenente, da quanto segnalatoci, tutto il materiale necessario per imbastire un paio di sessioni di dimostrazione. Il pacchetto contiene 10 file: una presentazione/pitch del progetto, un manuale con le regole (in una versione leggermente precedente a quella resa disponibile al pubblico), un file con le prime due aree del libro delle mappe ed uno con le stesse aree nel libro degli eventi, il libro delle classi, l’albero delle abilità del druido, la scheda del personaggio, le schede dei PNG, un file con una piccola selezione di carte dedicate all’equipaggiamento e un file con i gettoni necessari al gioco (non veramente intesi per la stampa, a dirla tutta, viste le dimensioni tutte sballate). Abbiamo integrato le informazioni ivi presenti con quanto reso disponibile in questi giorni tramite questo link (principalmente una nuova versione del manuale), notando con un certo piacere come un buon numero dei problemi che avevamo notato siano stati modificati/corretti già in questa versione.
Ultima premessa fondamentale: riteniamo sia importante evidenziare la differenza tra l'iniziativa Kids & Dragons (di cui abbiamo già trattato in un precedente articolo intervista) ed il prodotto. L’iniziativa, per cui, va detto, abbiamo ancora qualche riserva, ha dimostrato di saper far giocare moltissimi ragazzi in giro per l’Italia con ottimi riscontri, per questo merita il nostro rispetto. Riteniamo che il prodotto Kids & Dragons, pur nato da quelle esperienze, debba essere considerato come fenomeno a sé stante e quindi analizzato sulla base dei suoi meriti di design e produzione per capire se effettivamente sia un’operazione riuscita. Non lo abbiamo giocato, visti i tempi che corrono, ma vi portiamo questa anteprima sulla base della sola lettura: andiamo a dare un’occhiata insieme a cos’ha da offrire.
In quanto a supporti di gioco Kids & Dragons è, sulla carta, un’ottima idea: se il tutorial proposto (di cui non ci è permesso verificare la qualità poiché non è stato reso disponibile) fa il suo lavoro come dovrebbe, il manuale delle regole può tranquillamente essere lasciato da parte fino ad un momento di necessità, in favore dei libri dedicati a Mappe ed Eventi.
Il libro delle Mappe appare come un libretto rilegato a spirale posizionabile direttamente sul tavolo. Mostra da un lato una mappa isometrica e dei PNG pregenerati, a disposizione del GM, e dall’altro un’illustrazione per ispirare/ancorare ad un concetto comune la fantasia dei giocatori.
Il libro degli eventi è, invece, una sorta di modulo d’avventura/campagna particolarmente dettagliato, sempre a disposizione del GM, contenente il famoso tutorial, precisazioni sulle regole, e una serie di avventure che ricordano una sorta di librogame.
Il terzo elemento interessante della struttura sono le plance ed i gettoni azione:
Per dichiarare le proprie azioni i giocatori hanno a disposizione delle plance, recanti l’ordine di iniziativa, e degli spazi entro cui collocare i gettoni che rappresentano una delle 6 azioni disponibili: movimento, attacco/azione fisica, difesa, magia, utilizzo oggetti, concentrazione. Le plance hanno un lato esplorativo ed un lato frenetico, che si scambiano per determinare un aumento o decremento nel ritmo di gioco. Sul lato esplorativo sarà possibile effettuare soltanto un’azione durante un turno di gioco, mentre sul lato frenetico se ne potranno effettuare fino a 4, accumulando più stress tante più sono le azioni. Ovviamente accumulare stress richiede ai giocatori di dedicare del tempo a riposarsi compiendo azioni sul lato esplorativo, prima di poter tornare nuovamente sul lato frenetico. L’elemento tattile di queste scelte è sicuramente una delle idee più riuscite del gioco.
Ultimo elemento che potrebbe essere interessante e avremmo adorato poter vedere è il fascicolo “Crea la tua avventura”, indicato nel manuale delle regole, che dovrebbe dare una serie di informazioni a proposito di come creare nuove avventure rispetto a quelle messe a disposizione. Purtroppo non abbiamo potuto leggere questo strumento e non sappiamo quindi indicarvi quanto sarà facile o pratico creare nuove avventure tramite questo sistema.
Il regolamento è piuttosto standard e ci introduce al gioco con la creazione dei personaggi e la scheda a loro dedicata:
Il primo elemento che viene presentato sono le 4 Caratteristiche (Forza, Agilità, Mente, Creatività) tra cui distribuire 7 punti per descrivere le capacità del personaggio nei quattro ambiti. L’insieme dei valori di caratteristica, letto nell’ordine proposto, definisce la cifra del personaggio, utilizzata per definire la classe.
La Difesa (o “scudo”, apparentemente) è definita come quinta caratteristica e viene stabilita sulla base della Classe del personaggio. Il Valore di salute, analogamente alla difesa, dovrebbe essere indicato dalla Classe del personaggio ma nessuno dei due valori è indicato nel caso dei documenti a noi forniti.
Segue una presentazione delle tipologie di dadi personalizzati richiesti per giocare e delle prove di caratteristica. Il gioco fa uso di dadi base (d6 con un •, rappresentante un successo, su metà delle facce), dadi vantaggio (d8 con un • su 6 facce) e dadi svantaggio (d8 con una x, che annulla automaticamente un successo, su 6 facce) e richiede di tirare prove di caratteristica di difficoltà variabile e prove contrapposte. Al crescere della difficoltà di una prova di caratteristica, come intuibile, saranno richiesti un numero maggiore di successi (con un massimo di 5 successi richiesti per una prova Epica). Il numero di successi potrà determinare diverse conseguenze, sulla base di quanto riportato nel Libro degli Eventi. Nelle prove contrapposte invece, verranno messe direttamente a confronto una caratteristica del personaggio e una del PG o PNG a lui opposto. Chi fa più successi vince, in caso di parità vince chi ha dichiarato l’azione.
Il sistema basato sui dadi vantaggio e svantaggio è a tutti gli effetti ridondante rispetto alla difficoltà della prova, ma d'altronde permette di tirare una secchiata di dadi in più - e a chi non piace tirare secchiate di shiny shiny dice?!
Un altro dubbio è derivato dal funzionamento dell’incastro tra azioni sulla plancia (come descritte precedentemente) e prove, che non è spiegato in particolare dettaglio nel manuale. Nello specifico ci risulta difficile comprendere quale sia l’interazione intesa tra i due strumenti: in seguito ad una richiesta di prova il giocatore deve anche posizionare un’azione sulla plancia di gioco per indicare come intende superarla? In seguito alla dichiarazione di un’azione tramite la plancia del giocatore viene richiesta una prova? I due meccanismi sono intesi per due momenti di gioco separati? Un esempio di applicazione approfondito, in questo senso, farebbe miracoli, purtroppo quello a disposizione a fine manuale non include prove né la risoluzione dei tiri di dado.
Il libro delle classi riporta 20 pagine (una per ogni possibile Cifra del personaggio) di set da 4 classi e gli alberi di sviluppo di ognuna delle classi.
Le classi disponibili sono 20: Dormiens, Druido, Inventore, Mago, Guardiaspiriti, Warlock, Runista, Tiratore zen, Predone, Sefiro, Condottiero, Purificatore, Huanga, Monaco, Duellante, Ranger, Maoori, Solega, Barbaro, Guardiano.
Ogni classe contiene, indipendentemente dal set da cui viene scelta, un’illustrazione (di ottima fattura), una breve descrizione, tre abilità caratteristiche e l’indicazione di un punto di forza ed uno di debolezza come parte di una squadra e/o come combattente.
Per quanto riguarda le abilità qua indicate, non è chiaro se siano un’anticipazione di ciò che è in grado di fare il personaggio o se siano il set di abilità iniziali: la seconda ipotesi parrebbe smentita dal documento, contenente l’albero dello sviluppo (spiegato nel regolamento avanzato) del druido, che indica il requisito di altre abilità per l’utilizzo di quelle che sono qui esemplificate.
La sezione delle regole avanzate, distinta dalla precedente (che tratta creazione del personaggio e funzionamento della scheda, prove e difficoltà, classi, plancia del giocatore ed azioni) su base non particolarmente chiara, racchiude una serie di strumenti aggiuntivi.
Poteri ed abilità, precedentemente menzionati come parte delle classi, vengono descritti in questa sezione. Vengono introdotti gli alberi di sviluppo, un’insieme di abilità che ogni classe può puntare ad ottenere sul lungo termine, e viene descritto il funzionamento delle abilità in termini di azioni (ogni abilità ha, fondamentalmente, un requisito di due o più azioni giocate in fila per essere utilizzata). Sempre in questa sezione viene detto che “Lʼaumento dei punti abilità durante la crescita del personaggio sono descritti (sic) sullʼalbero relativo alla classe” ma anche in questo caso non appare nei documenti a noi forniti.
Vengono poi descritti Distanze e Status e quindi viene introdotto l’equipaggiamento.
L’equipaggiamento è disponibile su carte, presumibilmente stampate come parte del prodotto finale, che andranno posizionate nella parte bassa della scheda. Esse riportano diverse caratteristiche di cui tener conto in merito a danno, tipologia, prove contrapposte necessarie all’utilizzo, etc…
Il manuale si chiude con tutta una serie di specifiche sul sistema di combattimento, sul metodo per aiutare i compagni di gioco nelle azioni, sulla progressione e sulla morte dei personaggi. Non entriamo nei dettagli a proposito di nessuna di queste componenti che non aggiungono particolari elementi alla comprensione che già dovreste avere del gioco.
Kids & Dragons appare come un gioco particolarmente ricco di componenti, di cui ancora non abbiamo visto la forma finale né l’estensione dei contenuti. Ci limitiamo perciò ad alcuni commenti sul pacchetto a nostra disposizione nella speranza che il prodotto finale sia migliore sotto tutti gli aspetti.
L’esposizione dei contenuti all'interno del manuale delle regole è di semplice comprensione e, a parte qualche typo e un ordine dei contenuti che potrebbe essere rivisto in meglio, presenta con chiarezza tutte le componenti del gioco. Non siamo del tutto convinti che partire dal tutorial del Libro degli Eventi sarà sufficiente, ma sospendiamo il giudizio fino alla versione finale dei contenuti. L’impaginazione è a tratti un po’ spartana, ma tutti gli elementi grafici rendono sicuramente onore al gioco.
Il Libro degli eventi si presenta come un impaginato dalla qualità altalenante: c’è margine di miglioramento sia nell’ordine sia nella scansione delle sezioni e l’esposizione è meno rifinita di quanto speravamo. Stiamo comunque parlando di uno standard alto, che è facilmente superiore rispetto ad alcuni dei prodotti più amatoriali del medium, ma ci aspettavamo di più. L’avventura scelta come presentazione non è nulla di particolarmente originale, richiamando alla mente i classici stereotipi da esperienza alla Dungeons and Dragons, appare fortemente vincolata ai binari prestabiliti e ci sfugge, probabilmente per mancanza d’immaginazione, come potrebbe essere applicabile se non esattamente come da manuale.
Le tre illustrazioni del Libro delle Mappe che abbiamo potuto osservare sono di ottima fattura e le mappe saranno sicuramente di facile utilizzo per chiunque decida di facilitare il gioco. Non abbiamo idea di come saranno strutturati i PNG, invece, di cui non ci è stato fornito alcun esempio. Avete la possibilità di giudicare voi stessi ciò di cui parliamo, sulla base dei documenti resi disponibili e linkati ad inizio articolo: le poche pagine forniteci dal Libro delle Mappe e degli Eventi (5, del primo, e 11 del secondo) sono infatti una versione meno aggiornata e per buona parte perfettamente sovrapponibile al pacchetto pubblico.
Una sorta di disclaimer da una pagina avverte il master sulla necessità di “improvvisare” quando i giocatori faranno qualcosa che gli autori non potevano realisticamente prevedere e quindi non avranno inserito nel Libro delle Mappe e nel Libro degli Eventi. La cosa è comprensibile, intendiamoci, ma i suggerimenti proposti sono piuttosto inconcludenti e di bassa qualità: consultare e controllare sempre i libri a disposizione per assicurarsi di non aver mancato informazioni (ergo un modo per evitare di dover improvvisare più che un consiglio su come farlo), mantenersi vaghi, leggere velocemente il capitolo prima di iniziare a giocare, leggere anche i tutorial, evitare il panico e, letteralmente “Divertimento!”. Viene da chiedersi il perché non siano state progettate, e quindi scritte, delle direttive (o una serie di consigli se volete, un “come si fa”) per dare effettivamente un supporto nell’improvvisazione.
Il gioco presenta la narrazione come sempre basata su ordine di iniziativa (sì, si chiama così) e su azioni predefinite. Se, da un lato, comprendiamo la necessità e utilità di questa suddivisione nei combattimenti, dall’altro non può che preoccuparci: non vi è la benché minima menzione di un concetto che si avvicini a quello di gioco libero, o comunque svincolato da turni e azioni.
A tutti gli effetti, in questo modo, si propone uno stile di gioco tendente al reattivo e uno stile di narrazione tendente al fiction 0: molte decisioni e poco flavour (figlio dello stile di gioco tradizionale in senso stretto, in cui è tendenzialmente solo il master a narrare effettivamente e tutti gli altri reagiscono a quanto raccontato). Certo, si chiede ai giocatori di “descrivere” o “raccontare” le azioni, ma da nessuna parte si spiega effettivamente “come”.
Per essere un gioco pensato per ragazzi il manuale, e il prodotto in generale, è particolarmente attento nel far rientrare tutto negli schemi complessi della mentalità adulta, anziché supportare uno stile di gioco spensierato e creativo – quale è, in media, quello dei ragazzi neofiti. Questo è particolarmente evidente anche nel comparto grafico, che dedica notevoli risorse allo sguardo “adulto” e “giudice” del GM. Il timore che il gioco possa affaticare i ragazzi inutilmente o che l’utilizzo degli strumenti finisca per ricadere in maniera predominante sul GM c’è, non possiamo negarlo, anche e soprattutto per l’articolazione notevole di tutti i meccanismi di gioco (dubitiamo sinceramente che dei ragazzi imparino tutte le regole in breve tempo).
Kids & Dragons appare come la versione poco maneggevole di All’avventura, di Clementoni, di cui non condivide la semplicità. Il comparto artistico sopperisce ad alcune delle mancanze, ma non riesce veramente a riempire quel famoso spazio “vuoto” di mercato che gli autori individuano per l’età preadolescenziale e adolescenziale.
Insomma, non rivoluzionerà il vostro modo di giocare di ruolo coi bambini/ragazzi, purtroppo. Dal titolo fin nelle principali idee di design, al netto di qualche spunto interessante, si propone un’esperienza citazionista, di quella tipica da millennial incallito, piuttosto che uno strumento che introduca veramente i ragazzi al gioco.
C-3PO: Sir, the possibility of successfully navigating an asteroid field is approximately 3,720 to 1. Han Solo: Never tell me the odds. - Star Wars - The Empire strikes back
Never tell me the odds è un gioco dell’autore David Sommerville, che se bazzicate nel mondo del gioco da tavolo è anche co-autore di Vast: the cristal cavern! Buona parte di quello che troverete all'interno del gioco è intelligibile fin dal titolo in copertina: un setting sci-fi, situazioni epiche e rischiose in cui qualcosa potrebbe andare terribilmente storto e personaggi carismatici. Ve lo presentiamo in quanto prossima uscita per Play 2020 dalle scuderie Dreamlord games, con la collaborazione di NessunDove, che ci porta un tassello interessante nel panorama del mercato italiano per quanto riguarda il Gdr sci-fi.
Posso avere un baby Yoda come famiglio?
Vestirete i panni di sorprendenti, irriverenti e coraggiose canaglie spaziali di tutta la galassia, rischiando un po’ tutto per ottenere ciò è veramente importante. Con la diminuzione sempre più rilevante, delle vostre chance di riuscita non vi rimarrà, come giocatori, che gioire di tutto ciò che avete perso, c’est la vie.
Se vi piacciono personaggi come Han Solo, Starbuck, Mal Raynolds e il Mandaloriano, insomma, siete nel posto giusto. Costruirete il vostro alter-ego sulla base di alcuni elementi, partendo da un Concetto (la tagline del suo poster da ricercato, qualora lo diventasse), una Specie (Inventata o scelta tra le 6 disponibili: Human, cyborg, robot, android, sentient animal, alien) e un Specialità (a scelta tra le 12 disponibili: bounty hunter, brawler, burglar, drifter, gambler, gunslinger, hacker, heartbraker, impostor, peculiar, smuggler, swindler). Definirete, poi, non cosa sanno fare ma gli elementi fondamentali della loro identità/vita inventando (o scegliendo dalle opzioni offerte) alcuni tratti per diverse categorie (beliefs, physiques, possessions, relationships, reputations, resources) e dividendoli su tre livelli d’importanza (basso, medio, alto).
Il Robot, una delle Specie interpretabili nel gioco
Le sfide che questi personaggi affronteranno sono legate ai momenti in cui correranno un rischio e, analogamente ai livelli dei tratti, avranno tre livelli di rischio valutati di volta in volta dal master (basso, medio, alto). Indipendentemente dal livello della sfida la risoluzione avverrà sempre allo stesso modo, con la scelta di uno dei tratti da parte del giocatore coinvolto, il tiro di un singolo dado a 6 facce (o di una moneta) e la narrazione conseguente. A seconda del risultato del dado e del rapporto tra il tratto e la sfida (valutata dal master) e del risultato del dado si otterrà un esito diverso per il successo e il fallimento. Un risultato pari (in inglese Even) le cose andranno per il verso giusto qualsiasi sia il livello del tratto utilizzato, fermo restando che utilizzare un tratto di livello inferiore al rischio lo metterà in pericolo, mentre un risultato dispari (in inglese Odds) complicherà le cose, portando al successo e messa in pericolo del tratto soltanto se di livello superiore al rischio, negli altri due casi fallimento.
Nel peggiore dei casi, quando non vorrete assolutamente mollare la presa ma non avete alternativa, potrete mettere a rischio la vostra vita per superare una sfida. Qualora il tiro di dado vada male, anche in questo caso, potreste perderla in un ultimo atto eroico.
Sebbene si parli di dadi all'interno del manuale non possiamo consigliare abbastanza di giocare con MONETE. Solo allora potrete godere a pieno di questo sistema di gioco.
Il manuale riporta poi una ventina di pagine di descrizione di potenziali fazioni da includere nelle vostre partite e parecchie tabelle di spunti di ogni tipo: persone da incontrare, luoghi da visitare, lavori che potrebbero esservi affidati, etc...
Purtroppo non possiamo ignorare la mancanza di direttive che aiuterebbero a dare il massimo attraverso il gioco, come ad esempio una spiegazione di come trarre il massimo dai fallimenti nelle sfide (fail forward) o come creare relazioni e sinergie interessanti tra i personaggi (triangolazione o altro). In generale, però, se già avete esperienza con altri gdr saprete come muovervi.
A livello di contenuti dobbiamo invece lodare l’impianto grafico/estetico che è davvero piacevole agli occhi e ben costruito: buona parte delle illustrazioni sono davvero belle e ben pensate anche a livello tematico, il layout è pulito e ordinato, insomma una lettura che volerà.
con immagini così vien facile immaginare gli orribili modi in cui potrebbe finire la vostra storia...
Never Tell Me The Odds è un Gdr semplice, veloce, asciutto che non richiede preparazione. Vi basterà stampare le schede, compilarle e gettarvi nell'avventura alla velocità della luce. A fronte di una leggera mancanza, a nostro parere, di direttive a supporto dei giocatori neofiti, si presenta comunque come un altro di quei titoli da oneshot che può tranquillamente entrare nella vostra bandoliera di giochi organizzabili al volo: magari non il vostro preferito, ma sicuramente l’unico che copra questo tipo di fiction.
Dalla mente poliedrica del buon Grant Howitt ecco un altro OnePage alla portata di tutti, con cui riempire serate e serate di birrette e roleplay. Parliamo di We what remain, GDR survival horror in salsa zombie splatter per 3-5 giocatori ed un GM.
Per l'edizione italiana di We what remain dobbiamo ringraziare l'altrettanto poliedrico Totterico Fotti (al secolo Federico Totti), il quale ha curato interamente traduzione e grafica lasciando a noi solo la leggera incombenza di una revisione e la successiva "pubblicazione" del gioco.
Dobbiamo anche ringraziare anche Fumble GDR e Sidequest che proprio oggi hanno pubblicato una partita a questo gioco sul loro podcast.
Tutto comincia con la Loro irruzione nel luogo sicuro in cui vi eravate rintanati, questa è una storia di insicurezza e paura, non c’è tempo per luoghi sicuri e piani ben calcolati. I conflitti saranno risolti attraverso l’utilizzo di carte, con un semplicissimo meccanismo “pesca sopra il grado del conflitto”. In aggiunta a questo, però, i giocatori avranno a disposizione 5 carte che potranno utilizzare per modificare il risultato: una carta posizionata scoperta davanti a sé sarà un vantaggio, e potrà sostituire la carta pescata per la risoluzione se hanno lo stesso seme, mentre una carta tenuta in mano sarà un segreto, potrà essere giocata in ogni conflitto indipendentemente dal seme ma porterà alla rivelazione di qualcosa che il personaggio in questione avrebbe preferito rimanesse segreto.
Utilizzare un vantaggio lo farà girare a faccia in giù, in attesa che il giocatore utilizzi un segreto per recuperarlo, fallire (e quindi subire ferite) obbligherà invece a scartare un vantaggio. Trovare nuove risorse, nella forma di qualcosa o qualcuno che torni utile, farà si che otteniate delle carte da poter dividere tra il gruppo e utilizzare come nuovi segreti e vantaggi. Persi tutti i vantaggi i personaggi tenderanno a morire. Finito il mazzo il gioco si conclude.
We what remain si presta a partite veloci e dinamiche, senza troppo spazio per divagazioni e sbrodolamenti, andate dritti al punto e raccontate storie di zombie (e altri orrori pop splatter) che sappiano darvi una botta d’adrenalina e farvi sperare nella prossima maledetta carta!
Buon Gioco
Francesco
«L'uomo in nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì. Il deserto era l'apoteosi di tutti i deserti, sconfinato, vasto fino a traboccare nel cielo per quella che sembrava un'eternità in tutte le direzioni.»
The Dark Tower I: The Gunslinger di Stephen King
Grazie a una copia stampa fornitaci direttamente dall’autore, possiamo oggi parlarvi di 42 Guns, gioco Powered by the Apocalypse in uscita a Lucca sul mercato italiano per l’editore Space Orange 42.
42 Guns fonde ispirazioni western, il fantastico della saga della Torre Nera e l’epica cavalleresca del ciclo arturiano. I pistoleri, protagonisti delle vicende, sono un’antica compagnia di "cavalieri" di nobile lignaggio e Cydonia l’ultimo brandello del regno che fu. Cydonia è appesa ad un filo sull’orlo del baratro e, con l’ordine in pezzi, i pistoleri stanno intraprendendo una Cerca (come quella del Graal) che potrebbe riportare nel regno la gloria di un tempo passato. Il mondo è ricco di tecnologie straordinarie dei tempi antichi, ormai corrotte e malfunzionanti, uomini mutati e mostruosità. Le stesse armi del titolo (le GUNS) sono nient’altro che le antiche spade dei cavalieri, riforgiate come pistole magiche e/o ipertecnologiche.
I giocatori interpretano i Pistoleri, appunto, e tenteranno di completare la Cerca, di diffondere la speranza della Vergine Celeste (che siede sul trono di Cydonia) e di difendere l’integrità di Cydonia muovendosi come un’unica Compagnia. Un giocatore svolge il ruolo di GM, seguendo una lista di prìncipi in classico stile Powered by the Apocalypse, che comprendono il fare domande e costruire sulle risposte, l’impostazione e chiusura delle scene con tutti i dettagli relativi al mondo e alle situazioni, la presentazione di ostacoli ed antagonisti, l’interpretazione dei PNG, e assicurarsi che il gioco si concluda in circa 4 ore (proprio così, è un PbtA monosessione).
A qualcuno 42 Guns potrebbe risultare familiare: è infatti sequel spirituale/riedizione di 21 Guns, progetto autopubblicato di Iacopo Frigerio tramite l’editore indipendente Coyote Press. Riappare in questa nuova edizione, rinnovato e potenziato, per rivolgersi ad un pubblico internazionale.
L’intero manuale del gioco è stampato su uno schermo del master, come da tradizione della collana Screenshot di Space Orange 42 – collana che per l’occasione acquista un nuovo nome e logo diventando Panopticon. Se già avete avuto occasione di provare e toccare con mano Fleshscape e Golconda, precedenti giochi della medesima collana, siete perfettamente consapevoli della qualità di produzione che potete aspettarvi da 42 Guns: si tratta di schermi del master ben realizzati, in solido cartone ed eccellenti finiture. Il testo è esposto nelle 3 ante A4 interne, come da tradizione della collana, andando ad ampliare e a riordinare leggermente quanto presente in 21 Guns. Le nuove sezioni inserite e le spiegazioni approfondite sono fondamentali e utilissime a rendere il gioco più approcciabile per chi lo provasse per la prima volta. Si confermano, infine, praticamente tutte le scelte meccaniche presenti nel vecchio gioco e la presentazione degli aspetti di ambientazione.
I precedenti titoli della collana, Fleshscape di Emanuele Galletto e Golconda di Alberto Tronchi e Daniel Comerci
La filosofia del gioco è chiara. Con le stesse parole dell’autore:
“Fornire solo uno scheletro basilare che dia una struttura fissa solo per le parti più sensibili e funzionali all’esperienza di gioco. Il gioco ha un forte spirito democratico, al tavolo ci deve essere fiducia e rispetto al tavolo e, pur nei rispettivi ruoli, tutti DEVONO contribuire e HANNO DIRITTO di contribuire. Tutti devono mettere i propri interessi e le proprie necessità nel gioco, tutti devono avere la possibilità di far succedere nella storia cose per loro interessanti da giocare, questo NON spetta al solo GM. Ognuno ha diritto che il proprio Personaggio sia tutelato e nessuno può far dire o far fare al Personaggio cose che il giocatore non vuole (a sua volta nei rispetti e limiti dei risultati del Conflitto).”
Insomma, non dovrebbe stupirvi il fatto di trovare un sistema asciutto e diretto.
Dal punto di vista meccanico 42 Guns è basato, come accennavamo, sul sistema PbtA, che continua a offrire nuovi titoli al mercato italiano (da ultimo parlavamo solo qualche giorno fa di Worlds in Peril). 42 Guns innova diversi elementi del genere: l’elemento aleatorio del tiro di dadi è sostituito dall’allocazione di risorse, non ci sono libretti e le mosse sono rielaborate negli “elementi”. L’infrastruttura meccanica gira quasi totalmente attorno al conflitto, che si attiva in alcune specifiche situazioni (ottenere un effetto, ottenere un obiettivo, agire sotto pressione, subire danni e rischiare la corruzione) e viene risolto tramite l’apposita plancia dei risultati. La tabella rappresenta i 7 elementi che potrebbero entrare in ogni conflitto e di cui i pistoleri dovranno tenere conto contemporaneamente (Cerca, Danno, Rivelare il proprio lignaggio nobile, Leggere una persona, Tecnologia antica, Obiettivo, Sedurre/manipolare). Spendendo i loro colpi, ovvero la loro opportunità di agire, i pistoleri sceglieranno per ogni elemento se intendono acquistare un risultato o passare oltre, valutando cosa desiderano ottenere: un risultato Alpha è spesso nettamente positivo, un risultato Beta lascerà scoperti alcuni aspetti o avrà qualche conseguenza avversa, e infine un risultato Gamma (che equivale al mancato intervento dei pistoleri a proposito di quell’elemento) causerà sofferenza o avvicinerà il Pistolero alla Corruzione e quindi al tradimento dei suoi compagni. La tabella impone, quindi, uno stile di gioco basato sui compromessi: a quali Elementi presteranno attenzione i Pistoleri e su quali sceglieranno di non intervenire, consapevoli delle conseguenze?
La scheda del Pistolero, che vi accompagnerà durante il gioco
Il gioco si propone come titolo da one-shot e termina con la risoluzione della Cerca o la caduta nella Corruzione dei Pistoleri, rappresentate su un unico tracciato che va da un estremo all’altro. Come intuibile, infatti, soltanto un cavaliere privo di Corruzione può risolvere la Cerca e, all’opposto, un cavaliere del tutto Corrotto la abbandonerà totalmente.
In generale l’esposizione è eccellente e presenta tutti i concetti importanti, forte anche dell’esperienza accumulata nel tempo dai vari titoli della famiglia PbtA, ma il gioco potrebbe risultare ostico per qualcuno che non avesse mai affrontato alcun titolo del filone. In particolar modo per quanto riguarda alcuni risultati della plancia e i princìpi di gioco, le limitazioni di spazio di 42 Guns potrebbero lasciare qualche dubbio, ma chi ha già un’infarinatura PbtA li saprà risolvere con agio. Per chi come il sottoscritto è fan del vecchio 21 Guns, buona parte dei contenuti saranno familiari e calzeranno a pennello: l’upgrade di produzione, art direction e illustrazione nient’altro che un piacevole nuovo volto per un vecchio compagno di Cerca.
Il gioco farà il suo esordio ad Essen 2019 il lingua italiana, inglese e tedesca al prezzo di 19,90€ e sarà reperibile a Lucca Comics and Games 2019 in quanto novità presso lo stand Space Orange 42.
Lasciate che vi racconti una storia. Parrà una baggianata, buttata qua per alzare i toni e fare un po’ di clamore, ma vi assicuro, lo scopo è ben altro. Questa storia riguarda la cultura del gioco di ruolo ed è rilevante per tutti coloro che abitano i social network e le community italiane in quanto, sono abbastanza sicuro, sentiranno ancora parlare di questi argomenti.
Un pomeriggio di fine agosto mi arriva un messaggio. “Hey, Francesco, tu che hai studiato psicologia, hai sentito di questa storia dei GDR finti?” “I cosa?” “I GDR finti: c’è questo signore che parla di gdr-non giochi che in realtà nascondono delle tecniche psicologiche e che sono dannosi per le persone. Non sono psicologo e non riesco a capire se e quanto la spari grossa quindi volevo capire un po' meglio la questione”. Il mio amico fa riferimento ad un gruppo su Facebook appena aperto, la cui descrizione recita testualmente:
“Questo gruppo nasce con l’obbiettivo di informare I fruitori dello straordinario mondo del Gioco di
Ruolo affinchè siano in grado di riconoscere I gdr veri da quelli finti e possano scegliere con una
consapevolezza in più cosa giocare. Esistono giochi di ruolo finti basati su esercizi di pricoterapia
anzichè su meccaniche ludiche. Questi prodotti anzichè essere in mano a professionisti del settore,
vengono spacciati come attività ricreative senza che I giocatori siano informati del fatto che stanno
facendo un esercizio psicologico in pubblico e in ambiente non protetto. Hai dei dubbi su un gioco in
particolare? Questo è il posto giusto per scoprire se quel gioco nasconde qualcosa!”
Dopo aver letto la descrizione ho già molte domande e dubbi, ma procedo, perché anche il primo post del gruppo contiene altre interessanti informazioni:
“Sapevate che sotto questi giochi si nascondono le seguenti tecniche? La sposa di barbablù → Voice Dialogue Dubbio → Psicodramma di coppia La creatura → Counseling narrativo a tema sessualità Revenant → Elaborazione del lutto Shidee → Calibrazione delle dinamiche di coppia 180km/h → Gioco proiettivo e libere associazioni Bedlam Hall → Elaborazione del trauma. Avete avuto prolemi o disagi dopo averli giocati? Se avete altri giochi di cui volete essere sicuri, scrivete i titoli nei commenti!”
In seguito alla lettura di questo post comincio a cogliere alcuni pattern.
Da un lato, gli avvenimenti che portano all’apertura di questo gruppo hanno un che di interessante: tutto inizia a PLAY Modena 2019, in quell’occasione Stefano Burchi, Francesco Rugerfred Sedda ed il sottoscritto, moderati dalla preziosissima Giulia Cursi, abbiamo tenuto una breve talk introduttiva al concetto di bleed, con esempi di giochi che lo possono suscitare e letteratura peer reviewed a supporto delle nostre affermazioni. Nei mesi che vanno da sabato 6 aprile a fine agosto abbiamo ricevuto commenti entusiasti da molti/e e qualche giusta critica da altri/e. Il creatore del gruppo “GDR finti” ha criticato aspramente la sopracitata talk e leggendo i titoli che cita è facile intuire che la sua argomentazione abbia origine proprio a PLAY 2019, in cui sono stati pubblicati o discussi molti di quei giochi.
In secondo luogo non vengono mai menzionate fonti o bibliografia per le tesi proposte: le affermazioni appaiono e vengono proposte in quanto tali, come fossero rischi riconosciuti da tutti i professionisti (che perlomeno dovrebbero essere psicoterapeuti registrati all’albo degli psicologi) e come se ci fosse una volontà chiara e diretta di alcuni editori e designer nel fare del male alle persone. È chiaro che l’onere della prova è tanto di chi propone una tesi tanto quanto di chi intende confutarlo, ma ammettere che vengano fatte affermazioni come quelle sopra riportate senza l’appropriata metodologia equivale a creare il degno successore del “satanic panic” degli anni ‘80.
Dopo aver letto i due post decido di commentare, voglio qualche informazione in più: ci sono molti buchi e si tratta di un argomento molto complesso e tecnico. Riporto in seguito, tramite gli screenshot, la conversazione per intero: se avete piacere di leggere tutto quanto ne avete la possibilità. In caso contrario vi basti sapere che dopo un paio di giorni di botta e risposta il mio interlocutore si dilegua, perlomeno in quel contesto, salvo poi tornare con gli stessi argomenti in una chat territoriale e in alcuni gruppi Facebook. Prima di riuscire ad ottenere qualunque prova delle sue affermazioni mi ritrovo bloccato, il gruppo Facebook in questione viene chiuso insieme alla pagina dell’attività di counseling collegata e il nome dell’interlocutore su Facebook viene cambiato.
La storia si conclude qua, per il sottoscritto, tagliato fuori dalla discussione tramite i potenti mezzi dei social network, ma la storia dei GDR finti no. Come già anticipato gli argomenti, soprattutto quelli allarmisti, viaggiano veloci e quindi appaiono in post e discussioni come quella del 18 settembre scorso su Gioco di ruolo Italia e diverse altre.
Ma quindi, i GDR, sono pericolosi?
Per rispondere alla domanda sulla sicurezza, o meno, del gioco di ruolo, è necessario prima di tutto domandarsi quali potrebbero essere gli elementi di rischio. Ne esistono, è quasi scontato, altrimenti non esisterebbero tecniche di sicurezza e strutture sociali apposite per trattare giochi e tematiche che ne necessitano. Attenzione, però, perché non è il gioco ad essere sicuro o non sicuro ma il contesto sociale nel quale viene giocato. Ciò che richiede la nostra attenzione sono le persone e la cultura.
Il gioco di ruolo è un’attività sociale umana, un’esperienza mediata da regole, e in quanto tale i comportamenti e le interazioni tra i partecipanti, oltre che con il medium, sono potenzialmente rischiosi: tutte le attività, giochi compresi, possono innescare processi psicologici complessi. Chi progetta giochi è spesso consapevole di questo e promuove, pertanto, una cultura ludica “della sicurezza”: una forma mentis che pone il rispetto e la sicurezza del giocatore prima del gioco. Il gioco in sé è “solo” un prodotto culturale, invece le persone che lo utilizzano meritano di giocare con consapevolezza e di tutelare il proprio benessere emotivo.
Questa cultura ludica è stata elaborata e diffusa, innanzitutto, nel contesto del Nordic Larp e simili, e un’abbondante letteratura scientifica ha studiato il valore dei meccanismi di sicurezza. Al contrario, nonostante una lunga ricerca, non abbiamo reperito letteratura scientifica che riporti una coincidenza tra giochi di ruolo e tecniche psicoterapeutiche, come quella evidenziata dal gruppo e dall’argomento del nostro interlocutore.
Ora, di sicuro non basta prendere una X-Card e metterla sul tavolo perché quel tavolo sia sicuro. Non basta dire che esistono le safe word per rendere sicuro un larp. Si deve capire perché quegli strumenti sono utili e, in alcuni casi, necessari. Il gioco che ne fa uso, in genere, spiega perché ne fa uso. E sì, certe tecniche e meta-tecniche assomigliano a tecniche utilizzate in terapia. Ma l’uso di queste tecniche o meta-tecniche non rende la sessione una forma di terapia impropria, né fa dei facilitatori dei terapeuti, tanto quanto giocare seguendo i princìpi e le tecniche dell'improvvisazione non rende il gioco una sessione di imprò o i giocatori attori. Il roleplay usato in psichiatria e psicologia è diverso perché nasce in un contesto diverso; è operato diversamente; e non c’entra niente con i GDR che usano tecniche mirate al coinvolgimento emotivo e alla catarsi. Parlare di questi giochi, e delle tecniche e meta-tecniche che usano, senza fare riferimento alla cultura e al contesto da cui provengono, significa raccontare solo una parte della storia e diffamare chi li gioca, chi li scrive e chi li propone.
Conclusioni
Qui di seguito trovate riportate le conversazioni avute durante la breve vita del gruppo sui GDR finti. È un montaggio degli screenshot fatti a scopo di documentazione, chiaramente, e nessuno può, ne potrà mai, darvi prove inconfutabili di quanto viene riportato. Lo scopo, più che di prova, è quello di darvi la possibilità di leggere le argomentazioni che abbiamo utilizzato, che riteniamo ricche d'informazioni tanto quanto l'articolo che avete appena letto.