Ciao a tutti! Ancora una volta vi parlo dal mio antro italico di un argomento a me molto caro: il design dei giochi e, in particolare, il momento del playtest. Tutti sappiamo quanto sia delicato questo processo quindi, in occasione della PlaytestCon 2018 che è attualmente in corso (termina il 30 Settembre), ho pensato di mettere nero su bianco qualche consiglio visto che sono un usufruitore di playtest di livello hardcore. L’articolo è stato ideato per essere letto da creatori di giochi, ma dopo averlo scritto credo che sia utilissimo anche per i playtester – benché sia forse più utile in questo senso l’articolo dell’amico Francesco Zani.
Cos’è un playtest?
Partiamo dalle basi! Un playtest è una sessione organizzata di un gioco non ancora pubblicato che viene usata per ottenere feedback da giocatori al fine di comprendere meglio la qualità del nostro lavoro – ovvero trovare ciò che funziona e ciò che non funziona. Avete infatti bisogno che qualcuno di esterno al vostro lavoro lo valuti, perché il vostro punto di vista potrebbe essere troppo morbido o severe circa le meccaniche e i contenuti in generale del gioco.
Un Playtest è anche un ottimo modo per valutare il proprio modo di spiegare il gioco. Il mondo dei GDR è molto legato al testo nel senso di «oggetto concreto di una comunicazione» (Ugo Volli, Manuale di Semiotica, p. 60), quindi anche il discorso che prepariamo è fondamentale perché sarà anche il modo con cui altri giocatori spiegheranno il vostro gioco. A volte una critica dura portata dai giocatori non viene considerata perché c’è stato un errore di comunicazione nella presentazione del gioco: una regola spiegata male o in modo incompleto può generare così un feedback fallace.
1) Il playtest richiede proattività
L’atteggiamento ideale per il playtest si riassume in soldoni con due accorgimenti che riassumerei con essere proattivi, ovvero (a mio parere) l’insieme di tre atteggiamenti:
- essere propositivi, e chiedere anche ai giocatori di esserlo. Avvisate i vostri playtester a quale versione state giocando, date loro i giusti dati per le critiche che avranno – soppesandole, tuttavia, senza mai dare per scontato che siano ragionevoli. Ciò che cercate dal playtest sono spunti di riflessione: non trattare stroncature e incoraggiamenti per quello che contengono, ma per come vengono proposti.
- Essere pazienti. Ricordatevi che che si possono bilanciare le cose e che è anzi un momento fondamentale del gioco (detto anche rifinizione). Non è detto che una determinata parte del gioco che non funziona sia da buttare completamente: anzi, spesso basta fare un passo indietro e riguardare le informazioni che si hanno per trovare un modo di riprovare la meccanica. Questo non significa tenere a forza qualcosa che non funziona, ma c’è una certa differenza dal buttare al primo utilizzo e all’ennesimo. Datevi tempo di riprovare le regole così da essere certi della loro fallacia.
- Arrivare con un programma su cosa testare e un obiettivo. Ricordatevi che un playtest spesso è formato da una singola sessione, quindi potete evitare di concentrarvi su sistemi e regole che funzionano su molteplici sessioni – a meno che non siano parte focale del tema del gioco. Piuttosto, concentratevi sulla parte di testo che i giocatori dovranno leggere per risolvere incomprensioni delle meccaniche dovute ad oscurità della scrittura.
Prima e durante il playtest
2) Quando si è pronti per un playtest?
Mai.
O meglio, per voi sarà così. Avrete voglia di portare il vostro “bimbo” tra le fauci dei playtester solo quando tutte le regole sono a posto, ogni valore è bilanciato, i documenti sono impaginati bene… ci sarà sempre qualcosa che per voi è così fuori posto da impedirvi di testare il gioco! Combattete questa sensazione, non è mai troppo presto per playtestare! 😀
D’altro canto, è essenziale arrivare al playtest con un programma e un certo livello di giocabilità, il quale è difficile da definire in maniera generica. Ogni gioco, ogni designer, ha esigenze e metodologie diverse, ma in generale indicherei almeno quattro elementi necessari per un playtest, ispirati dai sistemi presentati da SocratesRPG:
- il sistema di gioco base;
- le dinamiche tra ruoli dei giocatori (personaggi o meno) e gioco stesso, inclusa la struttura delle autorità di gioco, ovvero “chi può dire cosa e quando”;
- il sistema di risoluzione delle azioni;
- una base solida, ma ristretta, del setting.
Cercate, se possibile, di arrivare con tutto il materiale pronto. Se il vostro gioco ha dei personaggi da creare al momento, siete avvantaggiati; altrimenti, se il gioco prevede personaggi pregenerati, dovrete crearli stando attenti a coprire tutti i ruoli principali che il gioco permette di ricoprire – quindi, se avete tempo, preparate personaggi in numero maggiore rispetto ai giocatori, così che essi possano capire il ventaglio di opzioni che più o meno avete in mente.
3) Evita la Crisi delle Basi
Prima di giocare, ripassate le regole da testare e ricordatevi le modalità con cui le avete fatte funzionare. Utilizzate lo stesso metodo per presentare il gioco e siate sicuri delle procedure, perché spesso capita alla prima giocata di attraversare quella che chiamo la Crisi delle Basi.
Questa sensazione può presentarsi in realtà tutte le volte che definite in modo irrevocabile qualcosa del vostro gioco: la nostra mente può portarci a dubitare che quanto scritto sia effettivamente giocabile. Iniziamo ad avere dubbi sulla originalità del nostro prodotto, sulle funzionalità delle meccaniche, sull’apprezzabilità dell’atmosfera… insomma, su tutto ciò che è base del nostro prodotto.
Abbiamo dubbi perché teniamo davvero all’impressione che il gioco darà di noi. Come se il gioco fossimo… noi.
Spesso la Crisi delle Basi è generata da una istantanea risposta dei giocatori ad una meccanica del gioco: questo può creare una situazione di panico immotivato semplicemente perché non ci aspettavamo tale reazione. Per questo motivo, chiedete di rimandare ogni osservazione sul gioco alla fine. Fornite ai vostri playtester un foglietto su cui appuntarsi osservazioni e critiche per dopo e, mentre sondate il tipo di divertimento provato al tavolo (vedi i prossimi consigli), i giocatori potranno rivelarvi meglio cosa ne pensano senza ostacolarvi e costruendo magari un discorso più coerente e di maggiore utilità. Rimandare le osservazioni serve anche per visionare bene il flusso di gioco: se ogni scena vi fermate a criticare, infatti, diventerà difficile comprendere se l’incastro tra le varie meccaniche e il ritmo di gioco è quello che volevate.
Dopo il playtest
In generale, consiglio a tutti di fornire appena finito il playtest un documento di feedback. Noi di Storie di Ruolo ne abbiamo creato uno per le fiere, se volete potete usarlo e vi forniremo i dati ottimizzati per un futuro utilizzo.
4) Interpreta al meglio i feedback
Leggere i feedback può generare non solo una Crisi delle Basi, ma anche un vero e proprio rifiuto per il gioco. Spesso, critiche severe portano una persona ad abbandonare un progetto – e spesso è l’autore del gioco a definire in modo soggettivo se una critica è per lui severa o meno.
Quando arrivi al tavolo dei feedback, ricordati dunque di non perderti d’animo e di non buttare via tutto il lavoro che hai fatto. Le critiche servono per crescere e anche se una sessione di playtest è andata male, è comunque un passo in più verso l’obiettivo di un gioco funzionale. In altre parole, quello che (soggettivamente o oggettivamente) è visto come un passo falso, è in realtà una normale fase del processo di creazione.
L’importante è che tu riesca a interpretare i feedback in modo neutro (a questo serve un singolo documento di feedback da sottoporre alla fine) e con una certa arguzia. Considera ogni aspetto del feedback: l’ordine con cui si presentano le informazioni, quante parole vengono usate, su cosa si focalizzano maggiormente, eccetera. Cerca di tradurre anche eventuali soluzioni proposte in coordinate per individuare cosa non funziona: infatti, sei tu che devi decidere come risolvere, non loro.
5) Abbraccia il fallimento
Considera che puoi fallire. Il tuo playtest può risultare in un totale Fiasco fallimento, ma anche questa… è una vittoria! È difficile considerare una sessione in cui ogni meccanica non si è incastrata a dovere come un passo verso il successo, ma è così: fa parte del processo intuire cosa non funziona nel gioco e risolvere il problema. E se il problema è il 60%+ del gioco, poco male! Avrai sicuramente più chiare le idee su come approcciare i problemi dopo il playtest rispetto a prima.
Però, attenzione: abbraccia il fallimento che esiste, non quello che credi che esista. Soppesa bene le critiche al tuo gioco, specialmente ripensando a cosa è successo durante la sessione. Potresti scoprire che una certa regola ha “fallito” solo perché spiegata male o non supportata dalle altre, quindi quella regola non è da togliere. Al contempo, ci sono meccaniche a cui sarai affezionato che dovrai, purtroppo, accettare di rimuovere dal gioco…
6) Non essere troppo protettivo
…e per questo non devi essere troppo protettivo. In particolare, evita di mostrarti come una muraglia inespugnabile – al di là del fatto che tu sia incline ad accettare o meno una critica. Infatti, quando reagiamo in modo un po’ stizzito e protettivo nei confronti del nostro gioco, i playtester potrebbero interpretare la reazione in modo risentito e questo porterebbe a due gravi inconvenienti.
Un playtester che vi vede iper-protettivi smetterà di fornirvi feedback. Noi vogliamo che loro ci parlino, ma quando le loro obiezioni vengono puntualmente rimandate al mittente senza alcuna spiegazione o ragionamento, la buona volontà dei giocatori si perde. Piuttosto cercate modi morbidi per chiudere la faccenda, basta un “ok, me lo sono segnato, vedremo come risolverlo“.
In secondo luogo, è possibile che reagire in maniera dura ad una critica generi pregiudizi. Questo perché il playtester non sa se noi andremo davvero a modificare il gioco o meno su una data regola che non gli garba, andando così a generare un ciclo di supposizioni tale per cui il vostro gioco verrà visto in modo negativo per la presenza di quella regola. Non importa se poi, giorni dopo, l’abbiamo sistemata sulla scorta di un ripensamento dei feedback: fare muro trasmette l’idea che quell’elemento non verrà modificato e, quindi, che il gioco sarà disfunzionale proprio a causa di questo.
7) Specifica il divertimento
Questo punto è fondamentale. Le persone che si siedono a giocare ad un playtest non vogliono spesso qualcosa di diverso rispetto ad una sessione standard: vogliono divertirsi. Il problema, come ho segnalato in altri post, è che questa parola per noi designer è totalmente inutile. Uno giocatore può essersi divertito per le battute di un compagno, perché le meccaniche hanno girato bene, perché il PG era fico, perché i dadi hanno creato scene comiche… e noi potremmo non sapere mai tale motivazione.
Non fate l’errore di accontentarvi di questo generico “divertimento” e a fine sessione chiedete specifiche direttamente. Non aspettate il modulo feedback, perché quello tende a fornirvi dati freddi e giustamente atti a fare dei calcoli statistici. Io vi consiglio di usare la teoria dei Piaceri (o dei Type of Fun, a seconda del testo che usate) di Marc LeBlanc e di chiedere ai giocatori di specificare sempre cosa intendono con “divertimento”.
Questo ci permetterà di inserire il gioco in uno degli otto tipi di LeBlanc, fornendoci così molti più dati utili: sapere che un giocatore si è divertito perché ha apprezzato le sfide e il sistema della difficoltà del gioco è ovviamente oro colato per noi che dobbiamo playtestare!
8) Non puoi accontentare tutti
A volte, i giocatori ti forniranno critiche di questo tipo: “ah, senza questa meccanica il gioco non funzionerà mai” o “se non metti questa regola qui il gioco è rotto“. In questi casi, valuta sempre se la critica in questione non nasconde il desiderio di un fan di un altro gioco perché può essere che egli stia proiettando sul tuo progetto quello che gli piace di più di un altro prodotto. E tu non puoi accontentare i fan di altri prodotti.
Diffida anche dalla tendenza di incorporare in maniera istintiva non solo nuove meccaniche proposte dai giocatori che riscontrano il tuo piacere, ma anche regole adattate da altri giochi. A volte, il playtest si trasforma in una gara volta a soddisfare il palato di tutti… ma questo è impossibile! Nessun gioco può accontentare tutti i tipi di giocatori e tutti i fan di ogni gioco. Anzi, questa direzione è quella perfetta per la distruzione del tuo progetto.
Devi valutare quindi i feedback che ti propongono aggiunte o rimozioni sulla base della loro funzionalità rispetto al gioco che hai proposto – e solo rispetto a questo. Se dovessimo implementare ogni idea interessante o meccanica geniale che vediamo nel nostro prossimo gioco, non concluderemo mai nulla. La tendenza sarebbe quella di inglobare costantemente senza però terminare i contenuti reali del gioco.
9) Tu hai l’ultima parola sul gioco
Infine, l’ultimo consiglio spassionato. Qualsiasi siano le critiche e i feedback che ti forniscono, tu sei il lead designer del tuo gioco. Con tutti i diritti di modifica e le responsabilità che incombono insieme a questo ruolo, ovviamente. Sei tu che devi avere l’ultima parola sul gioco, il che non significa che tu debba avere l’ultima parola del dialogo dopo il playtest. Significa che valutare i feedback e decidere come agire sta a te (o a voi, se siete più autori), nella tua stanzetta delle meraviglie, nel tuo studio, nel tuo ufficio.
Cerca di separare la fase della risoluzione dei feedback da quella della raccolta, perché spesso tendiamo a cercare di giustificarci coi playtester e inconsciamente stiamo già sistemando il gioco. Sarebbe anche cosa buona e giusta lasciar decantare un po’ le informazioni ottenute: una bella dormita o un breve periodo di distanza dal mondo del game design (30-60m) aiuta molto a districarsi tra tutti i feedback. E nel farlo, lì di fronte a loro, tendiamo a sembrare chi ha l’ultima parola. Cosa veritiera – ma loro non lo devono sapere.
Buon playtest a tutti!
Daniele